Urban planning. La costruzione partecipata delle città.
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Paesaggio territorio e ambiente
Le esperienze di costruzione o rigenerazione partecipata della città e più specificatamente di sue parti, sono da lungo tempo terreno di sfida di amministratori pubblici, progettisti e pianificatori, particolarmente sensibili alle istanze di "cittadinanza attiva".
Dopo le sporadiche e pionieristiche iniziative condotte in Europa e in Italia nei decenni scorsi, soprattutto nell’ultimo, si è fatta più estesa e persistente la ricerca, ad un tempo, di una più elevata qualità dell’ambiente urbano e del rafforzamento della coesione sociale nelle comunità locali.
La partecipazione diretta dei cittadini nel processo decisionale è stata assunta in modo crescente, come una delle leve attraverso le quali raggiungere un più alto grado di qualità ambientale e sociale del progetto urbano.
In occidente le città hanno dovuto affrontare la crisi del modello economico-industriale dominante, le profonde lacerazioni sociali prodottesi e gli effetti della riconversione, di cui le stesse strutture urbane sono state protagoniste. L’avvento delle nuove tecnologie telematiche contribuiva a delineare un futuro decentrato del lavoro, delle relazioni sociali, dell’economia e della cultura. In alcune situazioni questo ha prodotto fenomeni di "abbandono della città", soprattutto da parte di componenti dei ceti medio-alti, spingendo qualcuno a ipotizzare inarrestabili declini.
La partecipazione diretta dei cittadini nel processo decisionale è stata assunta in modo crescente, come una delle leve attraverso le quali raggiungere un più alto grado di qualità ambientale e sociale del progetto urbano.
In occidente le città hanno dovuto affrontare la crisi del modello economico-industriale dominante, le profonde lacerazioni sociali prodottesi e gli effetti della riconversione, di cui le stesse strutture urbane sono state protagoniste. L’avvento delle nuove tecnologie telematiche contribuiva a delineare un futuro decentrato del lavoro, delle relazioni sociali, dell’economia e della cultura. In alcune situazioni questo ha prodotto fenomeni di "abbandono della città", soprattutto da parte di componenti dei ceti medio-alti, spingendo qualcuno a ipotizzare inarrestabili declini.
In un modo o in un altro, in termini qualitativamente e dimensionalmente assai diversi, la città è invece tornata al centro dei processi produttivi, sociali e culturali planetari, motore in molti casi dei nuovi assetti economici globali, con nuove più aspre contraddizioni sociali ed ambientali.
L’organizzazione dello spazio urbano, in questo mondo di città, che è sempre più organizzazione del tempo delle persone e dei settori socio-economici, diventa snodo essenziale nell’integrazione, nella tenuta della frammentazione sociale e nella nuova economia dei servizi. E’ questo che in realtà determina l’enfasi del nuovo urbanesimo nell’occidente sviluppato e nei paesi emergenti. Nel modello fondato sulla produzione di beni l’industria può essere dislocata ovunque e i prodotti trasportati nei luoghi decentrati del consumo. Nell’economia dei servizi, soprattutto di quelli alla persona, per la mobilità di persone e merci e ad alto contenuto relazionale, luogo di produzione e di consumo coincidono e questo luogo è la città. La finanziarizzazione mobiliare e immobiliare dell’economia concorre a consolidare tale processo. Poderosi investimenti vengono attratti dai territori metropolitani e i progetti occupano grandi superfici, muovono poteri estesi e forti, ben oltre i confini amministrativi della municipalità.
In Europa e in Italia le attività di urban planning e di urban design stanno avendo, in molte città, una forte accelerazione. Straordinari processi di riconversione delle aree industriali dismesse e l’espansione delle aree di nuova urbanizzazione sono spinti dalla domanda di nuove funzioni produttive terziarie e residenziali, decisamente sostenuta da pressioni speculative sui patrimoni immobiliari, su cui si fonda una parte della nuova economia globale. Siamo certamente di fronte ad una nuova domanda di città: forse anche di una domanda di una nuova città, le cui ragioni e leve reali sono talvolta ancora poco indagate. Tuttavia, tali processi, descritti da urbanisti, sociologi e antropologi urbani, possono essere opportunità formidabili, per un miglioramento profondo della qualità dell’ecosistema urbano e del tessuto sociale della città, ma possono anche essere e spesso sono, il cimitero di occasioni, per questo, mancate.
L’offerta di città sembra infatti seguire ancora prevalentemente altre strade da tempo note: espansione quantitativa con sensibili incrementi dell’inquinamento e riduzione degli spazi agricoli, gestione della rendita fondiaria, sostegno alle attività economiche attraverso l’uso del suolo urbano, risposta in termini di dotazioni standard per servizi e infrastrutture, organizzazione del mercato immobiliare per residenza e attività produttive. Accanto al persistere di gravi fenomeni di abusivismo e di speculazione, che danneggiano, spesso irreparabilmente, l’ambiente e compromettono i contesti sociali c’è una azione di governo del territorio destinato agli insediamenti, che cerca di conciliare al meglio i rilevanti interessi economici presenti nelle attività di trasformazione urbana, con quelli espressi da comunità sempre più attente alla qualità ambientale e sociale dei contesti urbani ed ai suoi costi.
Parlare di partecipazione alle scelte urbanistiche sostenibili e tentare di praticarla a livello locale, significa avere piena consapevolezza di tale contesto, che in diversa misura riguarda, nel nostro Paese, città grandi, medie e piccole. Una situazione che pone problemi molto complessi, circa le scelte strategiche da compiere, che raramente sono poste davanti ai cittadini.
Le città sono sempre state costruite da pochi per molti e ancora è così in gran parte del mondo e del nostro Paese, anche nelle realtà più avanzate. L’urbanistica "ben temperata" ha infine prodotto periferie; migliori, ma pur sempre periferie.
Le città sono sempre state costruite da pochi per molti e ancora è così in gran parte del mondo e del nostro Paese, anche nelle realtà più avanzate. L’urbanistica "ben temperata" ha infine prodotto periferie; migliori, ma pur sempre periferie.
La partecipazione dei cittadini nella definizione dei programmi e dei progetti urbanistici è pertanto una delle leve, affinché questi assumano, con la sostenibilità, un nuovo tratto qualificante. Il suolo è un bene finito e vanno con coerenza e prioritariamente perseguite tutte le azioni volte alla riqualificazione e al recupero degli spazi urbanizzati esistenti, limitando il più possibile lo sfruttamento di nuovo territorio.
Soprattutto il progetto deve assumere la sfida della qualità ambientale e sociale, della innovazione in termini di bilancio energetico, ovvero di efficienza dell’insediamento o dell’intervento, per fare di più con meno.
Deve affrontare il tema cruciale delle sicurezze sociali e ambientali, anche proponendo una adeguata qualità architettonica e tipologica dell’edificato. Infine, l’organizzazione dello spazio urbano è sempre più in realtà organizzazione del tempo sociale della città e quindi dei suoi abitanti, incidendo anche per questa via sulla loro vita. Anche in questo la partecipazione dei cittadini trova ragioni della sua diffusione.
E’ in questo quadro, sommariamente delineato, che si inseriscono la crescente attenzione dell’Unione Europea per la qualità dell’ambiente urbano e le scelte volontarie dei network di città. Basti ricordare la recente Risoluzione del Parlamento Europeo in relazione alla seconda comunicazione della Commissione sulla "Strategia tematica sull’ambiente urbano", con la quale l’organo dell’Unione richiama con forza l’urgenza di provvedimenti comunitari vincolanti per gli stati membri, circa l’organizzazione urbanistica finalizzata al miglioramento dell’efficienza e della qualità della vita delle città. Oltre al ribadito impegno delle Agende 21 locali, sancito con il 5° Aalborg commitment.
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