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giovedì 30 agosto 2007

Il commento lusinghiero

In molti avranno già avuto modo di leggerlo, ma il commento che un frequentatore del nostro blog ha lasciato al post “Demagogia e dissenso” merita sicuramente di essere ripreso.


Il testo del commento è il seguente:

"Al di là delle opinioni sui contenuti (spesso, tra l'altro, in accordo con voi), non posso fare a meno di esprimere i miei complimenti per l'impegno, la dedizione, la chiarezza espositiva dei vostri contributi che manifestano un approccio profondo, mai banale alle questioni. Il lavoro alacre che fate sollecita il confronto, anche in una comunità - spesso troppo apatica - come quella di Passirano. Deformazione professionale mi costringe, inoltre, a complimenti di natura prettamente estetica sull'uso scorrevole, pregnante, mai noioso della lingua".


Siamo del parere che questo commento inviti a riflettere sull'opportunità, o forse meglio la necessità, di mettere in circolo informazioni ed opinioni che possano servire come spunti di riflessione, di confronto e di discussione su temi sicuramente importanti.

I primi riscontri sono incoraggianti, e fa solo piacere che – dopo il sito di Comunità Solidale e il nostro blog - a Passirano siano sorti in brevissimo tempo altri 2 blog che si occupano (anche) di politica locale. Ben venga, finalmente, un confronto aperto e partecipato.

Tenendo presente che quando tutti la pensano allo stesso modo, è molto probabile che siano troppo pochi quelli che pensano a sufficienza.



L'impatto paesistico è il risultato di sensibilità del sito e incidenza del progetto.

Il Piano Territoriale Paesistico della Regione Lombardia (approvato nel marzo 2001) presenta delle linee guida per l’esame dell’impatto paesistico dei progetti (D.G.R. n. 7/11045 dell’8 novembre 2002), che forniscono tutta una serie di indicazioni dettagliate su come valutare l’impatto che un’opera avrà sul paesaggio.


La procedura di valutazione elaborata interessa quindi essenzialmente l’impatto che determinate opere avranno sul paesaggio, più che il paesaggio in senso stretto; essa si basa su due elementi principali: la sensibilità del sito e l’incidenza del progetto, ovvero il grado di perturbazione creato dal progetto nel contesto in cui si inserisce.


La sensibilità di un contesto è definita attraverso tre indicatori principali:

1. grado di trasformazione recente: quanto più un paesaggio conserva tracce della sua identità originaria e della sua leggibilità come facente parte di un sistema strutturale caratteristico, tanto più è sensibile ai mutamenti;

2. aspetto vedutistico: sono le condizioni di visibilità del sito e la sua co-visibilità rispetto all’intorno e al panorama;

3. aspetto simbolico: ruolo soggettivo attribuito a quel luogo dalla comunità che lo vive.


Dalla valutazione di questi tre indicatori si arriva ad un giudizio sintetico della sensibilità che varia da molto alta, a molto bassa. I livelli previsti sono 5, e cioè: 1 molto bassa, 2 bassa, 3 media, 4 alta, 5 molto alta.



La valutazione del grado di incidenza del progetto invece si basa su cinque criteri:

1. incidenza morfologica: viene considerato non solo quanto si aggiunge al paesaggio originario, ma anche quanto si toglie, in altri termini tutto ciò che fa perdere la riconoscibilità di un luogo;

2. incidenza linguistica: assonanza o discordanza di un intervento con il contesto di riferimento;

3. incidenza visiva: riduzione della percezione panoramica o presenza di elementi estranei in un contesto panoramico;

4. incidenza ambientale: compromissione della fruizione paesistica di un luogo, dovuta a rumori, odori ecc.;

5. incidenza simbolica: rapporto tra progetto e valori simbolici e di immagine che la comunità locale, o più ampia, assegna a quel luogo.


Anche in questo caso si arriva ad un giudizio sintetico che definisce 5 livelli di incidenza. A questo punto la valutazione dell’impatto paesaggistico di un’opera o di un intervento è una funzione numerica data dal prodotto dei due elementi sensibilità e incidenza:


impatto paesistico = sensibilità del contesto x incidenza del progetto


Si ottengono così dei valori numerici che definiscono il valore dell’impatto, che vanno da 1 a 25. Tanto più elevato è il risultato del prodotto "sensibilità x incidenza", tanto maggiore sarà l'impatto paesistico di quell'opera.





mercoledì 29 agosto 2007

Il paesaggio come bene comune

Di seguito uno stralcio della relazione in tema di Paesaggio contenuta nei "Quaderni del Dipartimento di Geografia" dell'Università di Padova, a cura della dr.ssa Nadia Carestiato. Anno 2007.

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Con l’accezione di "beni comuni" si indicano oggi tutti quei beni e risorse che ogni individuo condivide e sfrutta insieme ad altri esseri umani, dai beni più tradizionali che una determinata comunità gode per diritto consuetudinario (prati, pascoli, boschi, aree di pesca ecc.), fino ai cosiddetti nuovi beni collettivi (new commons) come i parcheggi in città, le autostrade, la rete Internet e, a livello globale, risorse quali acqua ed atmosfera.


In Europa la discussione sul futuro della proprietà collettiva e dei beni comuni è di grande attualità, e va a toccare nodi fondamentali che riguardano la gestione delle risorse - scarsità, inquinamento, diritti d’uso, conflitti di interesse tra pubblico e privato o tra comunità - ed aspetti politico-istituzionali, dalla conoscenza dell’attuale consistenza di questi beni fino all’analisi dei modelli politici relativi alla loro gestione (importante momento di dibattito sulla questione dei beni comuni in Europa, e sul loro futuro, è stata la prima conferenza europea dell’International Association for the Study of Common Property (IASCP), tenutasi a Brescia nel marzo 2006, dal titolo "Building the European Commons: from open fields to open source").


Rispetto al paesaggio, gli studi sui beni comuni sono più che altro di carattere storico o ambientale, concentrandosi in particolare sulla valutazione delle trasformazioni del paesaggio attraverso i cambiamenti degli assetti proprietari. Queste ricerche dimostrano il peso storico e culturale di questo tipo di proprietà nella costruzione del paesaggio - un bene comune, frutto dell’interazione dell’uomo con l’ambiente - ma anche di una gestione sostenibile del territorio.


Il legame tra beni comuni e paesaggio viene sancito anche dalla Convenzione Europea sul Paesaggio: nel suo preambolo, infatti, si riconosce che "… la qualità e la diversità dei paesaggi europei costituiscono una risorsa comune…", quindi un bene comune. Più in particolare, l’articolo 5 della Convenzione definisce il paesaggio come una "… componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità".


L’idea del paesaggio sentito come bene della comunità ed espressione del lavoro continuo dell’uomo, è stata in qualche modo anticipata dallo storico Fernand Braudel che, nel definire l’accezione moderna della parola "civiltà" come quel complesso di beni collettivi di cui beneficiano tutte le popolazioni, individua, tra questi, gli elementi che formano il paesaggio indicandoli come "beni collettivi della civiltà".


Ritornando, per finire, alla Convenzione Europea sul Paesaggio e all’affermazione del valore del paesaggio quale bene comune, ci si può porre una domanda piuttosto importante: ma il paesaggio che si vuole tutelare, è un bene comune desiderato da tutti?




martedì 28 agosto 2007

Demagogia e dissenso

Dicembre 2006. Il volantino della lista “Insieme per Passirano” – guidata dall’attuale Sindaco di Passirano – prodotto in risposta alle critiche piovute da più parti sulla gestione delle strutture scolastiche, affermava che: “Il tema della scuola, in questa fase di riqualificazione delle strutture, è al centro dell’attenzione della comunità. Un uso strumentale, demagogico e populista della questione (magari per evidenti fini partitici) di certo non aiuta a risolvere le problematiche; al contrario, il confronto e la critica possono aiutare nelle scelte concrete da prendere”.


Giornale di Brescia del 7.7.2007 - Stralcio della lettera al Direttore inviata dal Sindaco di Passirano
"... infine esprimo il mio rammarico, poiché risulta alquanto difficoltoso interloquire con un Comitato che non ha mai comunicato la sua costituzione ed il nome di un suo referente. Ciò consentirebbe uno scambio di opinioni costruttivo, un confronto aperto, non dettato od indotto esclusivamente da personalismi o rivalse".


Giornale di Brescia del 15.8.2007 - Stralcio della lettera al Direttore inviata dal Vicesindaco di Passirano.
"... oggi si constata la nascita di gruppi d’interesse (i più inediti e singolari), lo svilupparsi di modalità di partecipazione civica, in netta rottura con quanto visto fino ad oggi, caratterizzate talvolta dal prevalere della demagogia, del particolarismo e un venir meno della capacità di dialogo e confronto".

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Anche se rilasciate in epoche diverse, e su temi diversi, c’è qualche elemento che accomuna le 3 affermazioni. Nelle citazioni indicate ritroviamo infatti "l’incapacità di confronto e di dialogo" - che secondo i nostri Amministratori è da imputare, ovviamente, sempre e solo a chi esprime il dissenso – e, elemento molto più preoccupante, l’oscura presenza di "forze demagogiche e populiste", intente ad intricare ed avviluppare le strutture democratiche del comune.

In realtà, c'è da chiedersi cosa si nasconda dietro questa fuga nell’irrazionale (le presunte trame demagogico-populiste) di Amministratori che - chiamati a governare una comunità di 7.000 persone – dovrebbero stare con i piedi ben piantati per terra e saper guardare in faccia la realtà.

L'elemento più vistoso è certamente la loro incapacità di misurarsi e di confrontarsi serenamente con la critica e con il dissenso che, a sua volta, è il risultato di una politica verticistica, elitaria, dirigenziale ed autoreferenziale, teorizzata e perseguita da molti anni.

Il lato meno nobile di questa politica esclusiva - nel senso che ... esclude - è però l’idea, anche questa più volte ribadita dai nostri Amministratori, che Passirano sia pieno di gente disposta a credere agli “inganni di massa” propinati da qualche demagogo-populista. E questo, abbiamo già avuto modo di dirlo, non è un complimento per tutti quei cittadini che, consapevoli del loro sacrosanto diritto di critica, decidono di manifestare - liberamente ed apertamente - il loro dissenso.





lunedì 27 agosto 2007

Il processo di partecipazione nella Valutazione Ambientale Strategica

A proposito del mancato coinvolgimento dei cittadini nella Valutazione Ambientale Strategica, "rispolveriamo" un post del luglio scorso che tratta degli "Indirizzi generali per la VAS" della Regione Lombardia. Il nocciolo della questione sta in questo passaggio contenuto nel testo degli "Indirizzi generali per la VAS": " ... in realtà la diversità dei metodi di partecipazione non è regolata, così che la loro applicazione dipende dalla volontà politica dell'organismo che sviluppa i Piani e i Programmi".

In sintesi, se non c'è la volonta politica, addio partecipazione!


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Di seguito riportiamo uno stralcio tratto dagli "Indirizzi generali per la Valutazione Ambientale di Piani e Programmi" della Regione Lombardia.
(a pagina 11)

6.0 Il processo di partecipazione integrato nel piano o programma
6.1 La Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998 ratificata con legge 108/2001, la direttiva 2003/4/CE, il d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195 (Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale) e la direttiva 2003/35/CE mettono in risalto la necessità della partecipazione del pubblico e, in modo più specifico, il Protocollo UNECE sulla Valutazione Ambientale Strategica prevede l'allargamento della partecipazione del pubblico a tutto il processo di pianificazione / programmazione.


Attualmente la partecipazione del pubblico nella pianificazione / programmazione tende a essere concentrata unicamente nella fase di consultazione su Piani e Programmi, con scarse possibilità di interazione. In realtà la diversità dei metodi di partecipazione non è regolata, così che la loro applicazione dipende dalla volontà politica dell'organismo che sviluppa i Piani e i Programmi.


6.2 Perché i processi di partecipazione nell'ambito della VAS abbiano successo e producano risultati significativi, il pubblico, non solo i singoli cittadini ma anche associazioni e categorie di settore, è opportuno sia coinvolto in corrispondenza di diversi momenti del processo, ciascuno con una propria finalità. Tali momenti devono essere ben programmati lungo tutte le fasi, utilizzando gli strumenti più efficaci e devono disporre delle risorse economiche e organizzative necessarie.


6.3 Gli strumenti da utilizzare nella partecipazione devono garantire l'informazione minima a tutti i soggetti coinvolti, che devono essere messi in grado di esprimere pareri su ciascuna fase e di conoscere tutte le opinioni e i pareri espressi e la relativa documentazione. Gli strumenti di informazione sono essenziali per garantire trasparenza e ripercorribilità al processo.

A tale fine possono essere impiegati strumenti di tipo informatico e possono essere attivati forum on line su siti web. I risultati della partecipazione è opportuno vengano resi pubblici al pari di quelli dei processi di negoziazione / concertazione e di consultazione. E’ inoltre opportuno che essi divengano parte integrante del percorso di VAS, incidendo sulla elaborazione dei Piani e dei Programmi.





domenica 26 agosto 2007

La partecipazione dei cittadini al PGT? Solo a parole. Come sempre.

Da alcuni giorni nel comune di Passirano è stato affisso un manifesto murale con il quale si avvisa che l'Amministrazione comunale - nell'ambito della predisposizione del nuovo Piano di Governo del Territorio - "intende attivare il processo integrato di Piano e di Valutazione Ambientale Strategica". Il manifesto avvisa che "tutti coloro che hanno interesse possono presentare, fin d’ora, istanze, suggerimenti e proposte" entro 30 giorni dalla data di pubblicazione (il testo dell'avviso è riportato nel post Ecco il testo dell'avviso del Comune di Passirano affisso nei giorni scorsi ).


Premesso che il manifesto murale avvisa che "... l’avvio del procedimento relativo alla formazione degli atti del Piano di Governo del Territorio" risale al 22.12.2005, a fine luglio 2007 - quindi 20 mesi dopo - i cittadini di Passirano hanno finalmente avuto modo di decifrare il misterioso acronimo (PGT), quando sul periodico di informazione dell'Amministrazione comunale, "Passirano Notizie", è comparso un articolo firmato dall'Assessore all'Urbanistica sul Piano di Governo del Territorio (PGT, appunto).


Quell'articolo, tra l'altro, assicurava i cittadini che "... non mancherà una specifica sezione volta a chiarire le caratteristiche della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) - che, ricordiamolo, è esattamente l'oggetto del manifesto apparso in questi giorni - ed il ruolo che la stessa assumerà all'interno del Piano di Governo del Territorio".

L'Assessore proseguiva scrivendo che "... si pone l'esigenza di condividere in modo allargato e condiviso tutte le informazioni che riguardano la fase ricognitiva preliminare alla redazione del Piano con chi vive quotidianamente il paese".


Si garantiva, inoltre, che "... l'informazione dovrà passare per canali differenziati e plurimi, in modo tale da coivolgere e raggiungere semplicemente il maggior numero di cittadini, e consentendo a chiunque di formulare ipotesi e/o critiche consapevoli nel merito dei problemi".





Alcune domande.

1)i nostri Amministratori pensano davvero che, come scrive lo stesso Assessore su "Passirano Notizie", i cittadini si trovino nelle migliori condizioni per poter "formulare ipotesi e/o critiche consapevoli nel merito del problema", in questo caso sulla Valutazione Ambientale Strategica?


2)perchè questa Amministrazione - da quando è stata avviata la procedura per la definizione del Piano di Governo del Territorio (dicembre 2005) ad oggi - non ha ancora trovato il modo di organizzare una qualsiasi iniziativa per coinvolgere la cittadinanza su problemi quali ambiente, sostenibilità, paesaggio, territorio, urbanisitica?



3)senza aver avuto nessun tipo di informazione da chi istituzionalmente sarebbe tenuto a fornirla, i cittadini possono essere in grado " ... di presentare, fin d’ora, istanze, suggerimenti e proposte, entro il 20 di settembre prossimo" su una questione rilevante come la Valutazione Ambientale Strategica?



Nel nostro post del 12 agosto scorso Gli "ingredienti" della partecipazione: trasparenza, informazione ed accesso si riportava un contributo del dr. Brugaletta, Magistrato del TAR di Catania, nel quale si affermava che " ... la società dell'informazione per definizione ha bisogno di un sistema fondato su trasparenza, informazione ed accesso; in quanto soltanto una completa e corretta informazione può stimolare e consentire l'effettiva attività propositiva, partecipativa e di controllo realizzando, in definitiva, la par condicio tra Pubblica Amministrazione e cittadino e, quindi, una effettiva democrazia".


I nostri Amministratori, evidentemente, non la pensano così. Il loro concetto di "attività partecipativa" deve essere profondamente diverso. E, infatti, hanno liquidato la questione della Valutazione Ambientale Strategica con ... un manifesto murale!




sabato 25 agosto 2007

Ecco il testo dell'avviso del Comune di Passirano affisso nei giorni scorsi

Comune di Passirano




Piano di Governo del Territorio


Avviso concernente il procedimento di Valutazione Ambientale ai sensi dell’art. 4 della L.R. 11/3/2005 n° 12 previsto nell’ambito della fase di elaborazione ed approvazione dei Piani e Programmi di cui alla direttiva 2001/42 CEE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27/6/2001.


Il Responsabile dell’Area Tecnica


- Visto l’avvio del procedimento relativo alla formazione degli atti del Piano di Governo del Territorio (PGT) pubblicato in data 22.12.2005;

- Visto l’art. 4 della Legge Regionale 11/3/2005 n° 12;

- Visti gli “Indirizzi per la Valutazione Ambientale di Piani e Programmi” approvati dal Consiglio Regionale in data 13.3.2007;

- Vista la direttiva 2001/42/CEE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27/6/2001



rende noto


che l’Amministrazione Comunale, in qualità di proponente e autorità procedente, intende attivare il processo integrato di Piano e di Valutazione Ambientale, secondo quanto disposto dall’art. 4 della L.R. 11/3/2005 , n° 12 e dalla direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27/6/2001.

I soggetti competenti in materia ambientale, gli Enti territorialmente interessati, e gli altri Enti/autorità con specifiche competenze, funzionalmente interessati, saranno successivamente invitati a partecipare alle diverse fasi del progetto integrato di piano e di Valutazione Ambientale e, a tal fine, con separati atti a cura del Servizio Urbanistica, saranno attivate le fasi procedurali previste dalla normativa vigente.

Chiunque abbia interesse può presentare, fin d’ora, istanze, suggerimenti e proposte, entro 30 (trenta) giorni dalla data di pubblicazione del presente avviso prevista all’Albo Pretorio, sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, su un quotidiano a diffusione locale e sul sito Internet del Comune di Passirano, pubblicazione resa nota su tutto il territorio comunale mediante l’affissione di manifesti murali.

Le istanze, i suggerimenti e le proposte dovranno essere redatte in tre copie in carta semplice e protocollate presso l’Ufficio protocollo, Palazzo Comunale, Piazza Europa 16, entro le ore 12 del 22.9.2007.
I grafici eventualmente prodotti dovranno essere allegati a tutte le copie.

Lì, 22/8/2007.

(L'avviso è firmato dal Dirigente dell’Area Tecnica)


Quante visite ha ricevuto il nostro blog?


Clicca sull'immagine per ingrandirla.





Alcuni nostri frequentatori ci hanno chiesto: ma quante persone visitano mediamente il blog del comitato?



L'immagine allegata è la videata al 25 agosto 2007 di Google Analytics, software che monitora quotidianamente l'andamento degli accessi al nostro blog.

Tra le tante informazioni possibili, vogliamo sottolinearne alcune in particolare:


1)le visite complessive al blog, nel periodo dal 15 giugno al 24 agosto 2007, sono state ben 1.109;


2)poichè il numero delle visite, da solo, non sarebbe particolarmente significativo (in teoria un solo visitatore potrebbe aver visitato il blog più di 1.000 volte!), importante è conoscere anche quanti sono i visitatori, che il software definisce "visitatori unici assoluti". Nel periodo indicato i "visitatori unici assoluti" al blog del comitato sono stati ben 449;


3)il totale delle pagine del blog visualizzate è di 5.112;


4)altro dato molto interessante: il tempo medio sul sito, cioè quanto mediamente si "fermano" sul blog i visitatori, è di quasi 11 minuti.


Un risultato che dimostra come, al contrario di quanto si crede, ci sia molta gente che si interessa, in maniera non sporadica, dei temi della politica, sia pure di carattere locale. E che, detto senza alcuna enfasi, nel blog del comitato sembra trovare informazioni e spunti interessanti.


Cogliamo l'occasione per ringraziare tutti i visitatori del blog del comitato di Monterotondo e quanti lo visiteranno in futuro.




venerdì 24 agosto 2007

Quando l'area per l'Edilizia Popolare diventa parcheggio. A spese dei cittadini.

Di seguito si riporta uno stralcio del verbale della Delibera n° 11 del Consiglio Comunale del 22 marzo 2007, avente per oggetto "Verifica della quantità e qualità delle aree da destinarsi a residenza, nonché alle attività produttive e terziarie". La parte più interessante viene dopo la lettura delle delibera vera e propria ...


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Il Consiglio Comunale udita la relazione introduttiva dell’Assessore Mario Bani, che ricorda i valori delle aree comprese in Programmi di Edilizia Economica Popolare sia urbanizzate che non urbanizzate (Area Passirano urbanizzata € /mq 84,47 - Area non urbanizzata €/mq 48,18; (omissis...)


L'Assessore ai Lavori Pubblici anticipa che l’Amministrazione Comunale sta valutando l’opportunità di trasformare l’area compresa in Programmi di Edilizia Economico Popolare disponibile in parcheggio e questa scelta, già ponderata, è supportata in tal senso anche da una raccolta di firme da parte dei cittadini; (omissis...)


Considerato che la situazione delle aree comprese (omissis...) è la seguente:
aree per Insediamenti Produttivi P.I.P.: attualmente nel territorio del Comune di Passirano non ci sono aree disponibili per gli Insediamenti Produttivi. Aree comprese in Programmi di Edilizia Economico Popolare (P.E.E.P.): attualmente l’area disponibile è compresa in ambito di Programmi di Edilizia Economico Popolare P.E.E.P. situata in Via Rondinella risulta avere una superficie di mq 600,00; (omissis...)

Il Consiglio Comunale delibera
1)di approvare la verifica della quantità e qualità delle aree da destinarsi alla residenza, alle attività produttive e terziarie, come in premessa indicato; (omissis...)

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Quale è il significato di questa delibera del Consiglio Comunale, e quali considerazioni trarne? Vediamo di fare il punto della situazione. Salvo errori, la legge prevede che i Comuni, una volta all'anno, debbano verificare ufficialmente la quantità e la qualità delle aree destinate a Programmi di Edilizia Economico Popolare PEEP (oltre che di quelle per attività produttive, zone dette Insediamenti Produttivi), e il loro prezzo di mercato.

La delibera di Consiglio Comunale di cui stiamo parlando, quindi, è un atto dovuto che viene richiesto per stabilire se, in questo caso il Comune di Passirano, sia proprietario di aree destinate a Edilizia Economico Popolare. Ma, anche se all'interno di un atto dovuto, questa delibera ha un contenuto politico rilevantissimo.


Vediamo perchè. Dovendo relazionare il Consiglio Comunale sulla situazione della aree, l'Assessore ai Lavori Pubblici, oltre a quanto già sinteticamente riportato nel verbale di quella delibera - ha dichiarato:
"Si tratta di un ultimo lotto di area di circa 600 metri quadrati di proprietà comunale ad Edilizia Economico Popolare situata in località Rondinella, a Passirano. Il prezzo di mercato dell'area, valutato con riferimento ICI, è di 84 euro al metro quadrato per l'edilizia già urbanizzata e 48 euro al metro quadrato per l'edilizia non urbanizzata.

Qui però -
prosegue l'Assessore - vale la pena di fare un altro discorso che è più importante: l'Amministrazione sta valutando di trasformare quell'area in parcheggio, perchè per il numero di case che si sono insediate, oltre a quelle che si stanno ultimando, la zona necessita di posti macchina. C'è stata anche una raccolta di firme - conclude l'Assessore - ma devo dire che l'Amministrazione aveva già maturato questa idea. Bisogna dire che il parcheggio non è fattibile subito perchè prima bisognerà trovare le risorse necessarie. La spesa prevista per il parcheggio, vista l'area del lotto (circa 600 metri quadrati), e la realizzazione dell'illuminazione sarà di circa 50-60.000 euro".




Salvo errori, pare di capire che invece di costruire appartamenti a prezzi calmierati di tipo economico popolare, questa area verrà utilizzata dal Comune di Passirano, cioè a nostre spese, per fare dei parcheggi. Perchè? Come abbiamo visto, lo spiega nella sua relazione l’Assessore ai Lavori Pubblici: “… perché per il numero di case che si sono insediate, oltre a quelle che si stanno ultimando, la zona necessita di posti macchina”.

Se non abbiamo capito male, un'area di 600 metri quadrati - a suo tempo destinata a Edilizia Economico Popolare - in un futuro prossimo (quando ci saranno le risorse...) diventerà parcheggio. Ma, se tutto questo è vero, il cittadino contribuente di Passirano si starà chiedendo:

1)da quando in qua le case si insediano da sole? A Passirano non si costruisce solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione dal Comune?

2)come mai i parcheggi ad uso pubblico non sono stati richiesti come condizione inderogabile a coloro che hanno edificato (massicciamente...) in questi anni in zona Rondinella a Passirano?

3)come mai il permesso di costruire rilasciato per la realizzazione di un complesso immobiliare sorto in zona Rondinella sembra sia stato concesso solo 4 giorni prima dell’entrata in vigore della norma deliberata dal Consiglio Comunale il 27.4.2004? Ricordiamo che quella norma introdotta con il Consiglio Comunale del 27.4.2004 prevede che “…in aggiunta ai posti auto previsti dalla normativa vigente, negli interventi edilizi di nuova costruzione che comportino la realizzazione di oltre due unità abitative si dovrà obbligatoriamente realizzare un posto auto per ogni unità abitativa da reperirsi all’interno dell’area oggetto dell’intervento e non nell’interrato” .

4)perché i residenti in zona Rondinella a Passirano hanno promosso una raccolta di firme per protestare contro la gestione urbanistica di questa Amministrazione?

5)perché anche i cittadini di via Galliano e di via Cadorna a Monterotondo si trovano nella stessa situazione, ed hanno raccolto firme contro questa Amministrazione? Salvo errori, infatti, anche a Monterotondo sarebbero stati rilasciati permessi di costruire solo 3-4 giorni prima dell’entrata in vigore della norma che, però, avrebbe obbligato i costruttori a realizzare dei posti auto all’interno della loro area privata.

6)perché i cittadini contribuenti del Comune di Passirano dovranno sobbarcarsi 50-60.000 euro per realizzare i parcheggi in zona Rondinella che, molto probabilmente, altri avrebbero potuto fare?

7)In sostanza, perchè i cittadini di Passirano, oltre ai probabili danni, devono subire anche la beffa?

8)chi devono ringraziare?




giovedì 23 agosto 2007

Etica e civilizzazione

Di seguito uno stralcio del discorso tenuto da Leoluca Orlando – Presidente della Commissione Parlamentare per le questioni regionali - in occasione di un incontro tenutosi a Marina di Massa il 20 luglio 2007 sul tema “Politica e antipolitica”.

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Come sarebbe bello se potessimo dire che l’antipolitica esprime un disagio di cittadini che si riconoscono solo in una determinata parte dello schieramento politico italiano. Quindi un problema che riguarda solo il centrodestra, o, al contrario, solo lo schieramento del centrosinistra.

E invece, secondo me, siamo in presenza di un rischio di cortocircuito istituzionale perché probabilmente questa è una crisi di sistema. Dopo la caduta del muro di Berlino, dopo il venir meno dei recinti ideologici che hanno caratterizzato la politica del nostro paese negli anni della guerra fredda, non siamo ancora riusciti a costruire un alfabeto politico comune.

Quale è il fondamento vero di questa crisi di “alfabetizzazione politica”? Il problema rilevante è che nel nostro paese non siamo ancora riusciti ad affrontare e a risolvere la questione più importante: quella dell’etica.

Una questione etica, non una questione morale, una questione etica e non una questione legale. Cerco di spiegare cosa intendo dire. La morale è per definizione una questione individuale: Kant ci ricorda che “la legge morale è dentro di me, il cielo stellato è sopra di me”, questo per ribadire che la morale è un “sentire” di tipo individuale.

La questione legale è rimessa al rispetto delle leggi, cioè rimessa sostanzialmente al rispetto di norme che sono fondate sulla sovranità dello Stato.

Ma nei paesi civilizzati, accanto alla questione morale e a quella legale esiste la questione etica. Questo nei paesi civilizzati. L’Italia è certamente un paese civile (non per merito nostro), ma credo però che gli italiani non siano civilizzati. Perché questa affermazione?

Nei paesi civilizzati ci sono alcune regole che vengono rispettate anche se non previste da una legge penale. I politici si danno alcune regole che seguono rigorosamente anche se il mancato rispetto di quelle regole non possa definirsi assolutamente un reato. Per fare un esempio concreto di cosa intendo dire, ricordiamo che il presidente degli Stati Uniti, Bush, aveva indicato come possibile Ministro del Lavoro una persona sicuramente esperta in quella materia. Ma il Senato Federale – quindi, democratici e repubblicani insieme – ha negato il nulla osta alla nomina di questo Ministro perché questo signore, qualche anno prima, aveva pagato in ritardo i contributi previdenziali alla sua collaboratrice familiare.

Questo ritardo nel pagamento per le leggi statunitensi non comporta alcun tipo di reato, ma è stato motivo sufficiente per negare il nulla osta alla nomina di un Ministro. A questo signore è stato poi spiegato che avrebbe potuto fare il Ministro di tutto, ma negli Stati Uniti una persona che paga in ritardo i contributi previdenziali alla propria collaboratrice familiare, semplicemente non può fare il Ministro del Lavoro.

Il vero, gravissimo limite che c’è nel nostro paese è questo: la mancata applicazione da parte dei politici di regole etiche.




La dispersione abitativa? E' il risultato dell'errata pianificazione urbanistica.

Di seguito un intervento della dr.ssa Maria Cristina Gibelli, del Politecnico di Milano, sui guasti prodotti dalla dispersione abitativa.
Ricordiamo che con "dispersione abitativa" si intende la tendenza a concedere premessi di costruire in zone molto decentrate, poco servite dalle reti infrastrutturali che, quindi, causano costi ingenti per la comunità. A questo proposito, vedi anche il post Via Castello, ovvero i costi della dispersione edilizia


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Premessa
La dispersione insediativa (o sprawl urbanisitico) costituisce una tipologia di occupazione del territorio periurbano connotata da alcune specifiche “patologie”: discontinuità dell’urbanizzato accoppiata a crescente segregazione funzionale e sociale; riduzione nell’intensità d’uso delle risorse territoriali non giustificata dalle dinamiche di crescita demografica ed occupazionale; perdita di habitat naturali e di biodiversità; incessante incremento della mobilità su gomma, con effetti di sovraconsumo di energia, di congestione delle infrastrutture stradali e di elevato inquinamento ambientale; maggiori oneri nella distribuzione dei servizi; banalizzazione e omologazione dei territori di frangia sfigurati e colonizzati da “non luoghi”; indebolimento dei legami cui è affidata la coesione sociale.



Le cause della dispersione insediativa
La letteratura sulle cause dello sprawl è ormai cospicua ed ha evidenziato la rilevanza di alcuni fattori che costituiscono l’elemento connota le dinamiche della “città dispersa”.



Per quanto riguarda le preferenze residenziali, si sono evidenziati gli elementi di crescente individualismo e personalizzazione che connotano gli stili abitativi e di consumo della popolazione, le opportunità di mobilità individuale offerte dall’automobile che diventa la modalità predominante (e in continuo aumento) attraverso la quale si effettuano gli spostamenti quotidiani, l’aspirazione ad abitare a contatto con la natura.

Pper quanto riguarda le attività economiche, appaiono determinanti la riduzione dei costi di localizzazione per le funzioni che non richiedono diretta accessibilità al centro (ad esempio, tutte le attività di back-office); la ridotta accessibilità su gomma delle localizzazioni centrali; lo sviluppo di nuovi modelli di offerta commerciale, basati sull’uso dell’automobile; la diffusione delle residenze e dunque di parte del mercato dei beni e del lavoro.



Tra i principali fattori di espulsione dalla città al primo posto si colloca l’incessante incremento dei valori fondiari e immobiliari nella “città densa”, aumento che ha accelerato ed accentuato il processo di decentramento selettivo di residenze ed attività economiche; la caduta della qualità della vita per effetto di congestione, inquinamento, aumento dell’insicurezza; il pessimo rapporto qualità/costo dell’offerta di edilizia condominiale speculativa.


La dispersione periurbana appare - purtroppo - strettamente correlata alla deregolamentazione pianificatoria: al “bricolage” della pianificazione urbanistica comunale quando quest’ultima proceda per minima resistenza nei confronti delle tendenze del mercato, per incrementalismo, in assenza di quadri di coerenza territoriale elaborati alla scala pertinente.


Cosa fare
Se dunque il contributo delle politiche pubbliche nell’orientare le tendenze insediative costituisce una variabile esplicativa rilevante dei fenomeni di dispersione periurbana, è necessario riconsiderare criticamente gli approcci che interpretano tali fenomeni come eminentemente spontanei, guidati dal mercato, e pertanto non governabili attraverso l’azione pubblica di pianificazione; ed è altresì necessario ripensare e riformare gli strumenti di pianificazione per renderli più efficaci nel governo dell’ “insostenibile dispersione periurbana”.



mercoledì 22 agosto 2007

Il consiglio ai politici

Fermamente intenzionati ad evitare ogni presa di posizione su questioni politiche di carattere nazionale, riportiamo solo la parte della lettera - inviata da Fabio Faustini, del Direttivo del circolo Alleanza nazionale di Passirano, al Direttore del Giornale di Brescia - che tratta della situazione politica di Passirano.

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Prendiamo spunto dalla lettera al Giornale di Brescia del vicesindaco di Passirano Domenico Bani per fare alcune puntualizzazioni (omissis....)


... Arriviamo adesso alla discussione riguardante la realtà locale passiranese; ritengo di poter affermare che la situazione riguarda solo il centrosinistra ed è un fenomeno generatosi dalla loro cattiva amministrazione.
I rappresentanti «della politica sul territorio» sono coloro che dovrebbero essere in grado di comunicare con la popolazione e capirne le esigenze, facendo sì che la popolazione apprezzi la politica sin dall’anello più basso delle rappresentanze.


Il centrosinistra passiranese riveste il ruolo di amministratore da molti anni, ritengo che in quest’oligarchia si sia generata una presunzione di onnipotenza che li spinge ad ignorare le osservazioni dei singoli cittadini e dei numerosi comitati che continuamente nascono sul territorio.


I valori e gli ideali persi, citati dal vicesindaco, riguardano solo la componente politica a cui lui appartiene; lo dimostrano le numerose difficoltà della sinistra di coinvolgere i giovani alla politica passiranese. Onestamente vedendo la situazione del mio partito sul territorio, con un aumento esponenziale dei tesserati e la stima dataci dai cittadini credo che questa crisi, almeno a livello locale, non tocchi i partiti di destra.


Se questo è il cambiamento che lei vicesindaco ci chiede, siamo orgogliosi di non volerne far parte e per questo speriamo che tutte le realtà presenti nel nostro comune dalle imprese fino ai semplici cittadini capiscano che è ora di cambiare registro e vi sollevino dall’angoscia di dovervi confrontare con chi come dice lei «fa prevalere la demagogia facendo venire meno la capacità di dialogo e confronto» anche perché la stessa capacità di dialogo e confronto è venuta meno da molto tempo nella vostra Amministrazione.



Politica e antipolitica: sostenere che costa troppo e rende poco è qualunquista?

Di seguito alcuni passaggi dell'intervista al giornalista del Corriere della Sera, Gian Antonio Stella, rilasciata durante un incontro svoltosi a Cortina d'Ampezzo il 18 agosto scorso.


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In Italia sta crescendo sempre di più la consapevolezza che abbiamo un problema: siamo alle prese con una politica che è ingorda, esagerata, una politica che si è mangiata pezzi interi della società, che è entrata dappertutto, partendo dalle società miste per arrivare alle …. bocciofile.

Questa è un’impressione sempre più netta, che ricavo dopo aver incontrato diverse migliaia di persone in occasione della presentazione del libro “La Casta”. Direi che questa situazione è piuttosto interessante.

A parte il fastidio mio e del collega Sergio Rizzo quando ci sentiamo dire che con questo libro abbiamo voluto fare del qualunquismo - argomentazione che abbiamo respinto da subito, fin dalla dedica del libro – mi sembra di poter sostenere che per i politici questa è un accusa assolutamente autolesionistica.


Sbagliano quindi tutti coloro che immaginano che questa sia un’ondata antipolitica tout court: c’è invece un aspetto molto più interessante che chi fa politica dovrebbe cogliere, e cioè il fatto che gli italiani hanno voglia di “più politica”, ma di una politica che decida, che sappia programmare, progettare, rispondere ai bisogni dei cittadini.

C’è un aspetto particolare che vorrei sottolineare, ovvero la necessità che la politica mostri di avere un’idea precisa di cosa significhi “bene comune”, perché purtroppo i cittadini hanno l’impressione che i politici non si curino sufficientemente di operare per garantire la corretta gestione della “cosa pubblica”.


martedì 21 agosto 2007

Il discredito della politica? E' colpa dei politici.

Alcune considerazioni sulla lettera inviata dal Vicesindaco di Passirano al Direttore del Giornale di Brescia.


Il discredito della politica

Nell’articolo titolato “La sindrome del Palazzo”, pubblicato da Repubblica il 22 maggio 2007, Stefano Rodotà sostiene che c’è “un discredito che avvolge la politica”.

Sempre in un articolo del 22 maggio 2007 dal titolo “Perché a volte il potere degenera”, Carlo Galli scrive “… la lontananza della politica dalla società implica e rivela il rischio del suo fallimento sul piano della legittimità”.

L’autore, inoltre, afferma che “… il venir meno della trasparenza democratica, dell’ideologia del potere sempre visibile perché non ha nulla da nascondere non sono quasi più percepiti come fenomeni dal significato politico. Verso i politici non c’è, nell’opinione pubblica, una vera ribellione politica, ma il fastidio, il rancore che si prova verso privati cittadini che si sono infiltrati nel palazzo”.


Filippo Ceccarelli nel suo articolo “Il Palazzo senza umiltà” scrive che “… l’umiltà non è certo una categoria della politica, ma un classico tema da moralisti. O peggio ancora, da predicatori. Eppure l’impressione è che nell’universo non solo simbolico del potere in Italia, la superbia abbia preso il sopravvento definitivo”.



Secondo l’autore “… si tratta di un passaggio mentale che può anche prescindere dalle singole volontà. E’ una metamorfosi collettiva, di status e di rango, e dunque anche in questo, parecchio politica”.


Sempre a proposito del discredito che avvolge la politica: nella Carta dei Valori dell’imminente Partito Democratico si legge che “… per noi, i democratici, la politica è prima di tutto un servizio, è una nobile forma d’amore per il prossimo e per il nostro Paese. Per questo vogliamo riscattarne il valore, difendendo la politica dalle degenerazioni affaristiche e dalle manipolazioni delle procedura democratiche…”.

Interpretando il “sentire” dei troppi cittadini insoddisfatti e delusi dai politici, sempre nell'articolo “Il Palazzo senza umiltà”, commentando questo documento Ceccarelli scrive che “….l’intera formulazione suona al tempo stesso amara e ridicola nella sua impotenza”. L’autore dell’articolo ricorda che “… certe cose si praticano, e non si proclamano al vento”.


La critica non è un’usurpazione

Barbara Spinelli nel suo articolo dal titolo “Il suicidio della politica” pubblicato su “La Stampa” del 27 maggio 2007 scrive che “… quando il politico si chiude alla critica e la considera addirittura un’usurpazione non riscatta la politica, ma conferma semplicemente le accuse che gli vengono rivolte. Se è veramente forte, il politico non si indigna se criticato. Se ha ambizione e anche attitudine a guidare con autorevolezza il proprio campo e il proprio territorio, accoglie tutti i consigli che possono irrobustire questa autorevolezza. Se si chiude vuol dire che ha paura, che non si ritiene all’altezza.”

Barbara Spinelli prosegue così: “… i politici usano difendersi nascondendosi dietro la complessità della società e del loro compito. Ma la complessità è una via di fuga, è una terribile tentazione di cui urge liberarsi. Chi dice che tutto è molto più complicato si è già arreso”.




Se vince la voglia di antipolitica la responsabilità è del politico

Ilvo Diamanti il 20 maggio 2007 scrive che “… i cittadini, disincantati dalla politica, sono però pronti a farsi coinvolgere quando, e se, ne è data loro la possibilità, e quando vengono offerte loro opportunità concrete di partecipazione”. Ma, purtroppo, la cosa sembra non interessare troppo i politici.

Ragione per la quale si perpetua una situazione, molto pericolosa, in cui la partecipazione è totalmente negata, e le decisioni sono prerogativa esclusiva delle “minoranze dominanti” (la definizione è dello stesso Diamanti).



Sempre nel suo articolo “Perché a volte il potere degenera”, Galli scrive che “… il rischio davvero incombente è che lo sdegno di oggi verso i politici si risolva nel trattarli come comuni marioli: il che implicherebbe non tanto che sia una “casta” a non esser presa sul serio, quanto che lo sia la stessa politica”.



L’articolo si chiude così: “Avere generato negli italiani l’illusoria convinzione che la politica sia irrilevante e che la sua fine vada salutata con favore sarebbe la responsabilità più grave degli abitatori del Palazzo, ben più grave delle loro arroganze”.




Chi spreca non merita rispetto

Sul Messaggero del 12 giugno 2007, in un articolo dal titolo “I bramini del Palazzo”, Roberto Gervaso scrive che in Italia esiste “una classe politica … senza classe”.

Richiamandosi al libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo "La Casta" afferma inoltre che “.. le caste sono sempre detestabili, ma la nostra ha pure alcune aggravanti che esentano i cittadini non solo dal criticarla, ma anche dal rispettarla. E questo perché non merita rispetto chi sciala e dissipa alle spalle e sulla testa di chi l’ha voluto nelle “stanze dei bottoni”, che sono diventate troppo spesso stanze della vergogna”.



La sintesi

Ai politici spetta il compito di garantire a chi li ha eletti una politica trasparente, sempre lontana dalle “degenerazioni affaristiche” che troppo spesso trovano il loro habitat naturale proprio all’interno delle esclusive “minoranze dominanti”. Loro è anche il compito di dimostrare che “non si è sprecato e non si è dissipato sulla testa dei cittadini”.

Dai politici ci si attente la capacità di estendere alle comunità la voglia di “fare politica” per scacciare “l’illusoria idea che la politica sia irrilevante”. Con l’invito a ricordare che, in ogni caso, non si risolve il problema del “discredito della politica” nascondendosi dietro le difficoltà di interpretare e governare “le complessità della società”.

D'accordo, quindi, con quanto scrive il Vicesindaco di Passirano (a nome dell'intera Amministrazione?) nella sua lettera al Giornale di Brescia, ovvero che "serve un decisivo contributo della politica" (vedi post Serve un decisivo contributo della politica).

Attenzione, però. Come abbiamo visto i semplici proclami dei politici non aiutano a colmare il "baratro" che li separa dai cittadini. Serve ben altro, e il più in fretta possibile. Perchè dopo le accuse ampiamente documentate della lontananza dei politici dalla società, gli eletti non dovrebbero scegliere la (comoda) via della deresponsabilizzazione e convivere spensieratamente con l'idea che, dopo tutto, "la politica ci mostra i difetti della società". Perchè pare abbastanza assodato che il discredito della politica è una colpa che i politici devono assumersi in prima persona.



Serve un decisivo contributo della politica


Di seguito riportiamo il testo della lettera inviata al Direttore del Giornale di Brescia dal Vicesindaco di Passirano, dr. Domenico Bani, pubblicata sul numero del 15 agosto scorso.


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Malessere in Italia, «serve un decisivo contributo della politica».


La crisi di rappresentanza della politica e delle istituzioni è oggi più che mai al centro del dibattito politico. Si sente parlare di «baratro» tra cittadini e partiti e si propongono le più diverse soluzioni per il recupero della credibilità perduta.


Avendo poco meno di quarant’anni sono politicamente figlio della così detta «seconda repubblica» e ho potuto costatare che, in questi quindici anni, la politica non è riuscita ad abbandonare «il banco degli imputati» e recuperare un rapporto di fiducia con i cittadini. Per cui oggi sentiamo parlare di «degenerazione della politica e dei partiti» e di accuse di «autoreferenzialità», ci si prepara ad una neo-crociata contro i costi (troppo alti) della politica.

Le cose stanno veramente così? È un tema certamente non nuovo, ma che non può lasciare indifferente l’ampia comunità dei rappresentanti dalla «politica del territorio» (mi passi l’espressione). Alludo ai tanti amministratori comunali, ai rappresentanti dei partiti che, nelle numerose realtà comunali, rappresentano l’ultimo anello della catena del sistema politico e delle istituzioni rappresentative.


Quindi, con quale intensità e in che modo, il tema della crisi della rappresentanza investe questo mondo e di conseguenza le nostre comunità? La riforma, che nei primi anni Novanta ha introdotto l’elezione diretta del sindaco, ha dato un contributo formidabile alla stabilizzazione delle amministrazioni, inoltre ha permesso ai cittadini di scegliere il capo dell’amministrazione. Ricordiamoci che, nel sistema precedente, la scelta era nelle mani di pochi eletti e con metodi poco trasparenti.


Negli stessi anni, le amministrazioni comunali ed i cittadini beneficiarono d’ulteriori passaggi legislativi fondamentali (si pensi alla legge 241) e furono al centro di una profonda trasformazione organizzativa, con l’introduzione di una più netta distinzione tra la funzione politica e quella tecnica. Ancora, come non costatare il profondo cambiamento del panorama politico locale, rappresentato dalle innumerevoli liste civiche, che hanno, di fatto, segnato un rimescolamento d’esperienze e una contaminazione tra le generazioni.

Ho citato solo alcuni temi. Credo che non si possa quindi parlare di un ceto politico in via di «degenerazione», soprattutto se si vuole farlo marcando una differenza rispetto al bel tempo andato, nel quale contavano i valori e gli ideali, mentre oggi la politica, secondo l’opinione comune, risponderebbe solo a se stessa e, solo nei suoi confini, troverebbe le ragioni e la forza per sopravvivere.

Quindi la tanto denunciata «distanza fra cittadini e istituzioni» è una pura invenzione? Certamente no, tuttavia la questione va ben indagata e compresa. In questi anni abbiamo assistito a profondi stravolgimenti e gli effetti oggi si percepiscono nelle modalità di convivenza delle nostre piccole o grandi comunità, con le tante diversità in termini di problemi irrisolti, emergenze, ansie, domande.


Le pagine del suo giornale, ed in particolare le lettere che i lettori le inviano quotidianamente, sono un formidabile riscontro del cambiamento in atto. Oggi si constata la nascita di gruppi d’interesse (i più inediti e singolari), lo svilupparsi di modalità di partecipazione civica, in netta rottura con quanto visto fino ad oggi, caratterizzate talvolta dal prevalere della demagogia, del particolarismo e un venir meno della capacità di dialogo e confronto.


Dunque, se è vero che ciò che ci circonda sta vivendo una profonda trasformazione, mi chiedo chi oggi possa dirsi preparato ai cambiamenti e ai nuovi problemi; partiti, istituzioni, corpi intermedi, associazionismo: chi può dire con tranquillità di aver fatto quanto necessario? Il sindacato per esempio? Non credo. Le imprese e la loro realtà associativa? Pensiamo allo scarso contributo che esse danno in favore del governo di un tema cruciale, qual’è quello dell’immigrazione.


Si pensi al tema dell’ambiente e allo straordinario contributo che ciascuno di noi può dare. Oggi è del tutto inutile l’esercizio, attualmente in corso, dello scaricare a questo o a quel ceto politico le responsabilità della paralisi istituzionale, sociale ed economica del paese, perché essa va ricercata in una vasta platea, senza distinzione di colore politico, «di classe» o altro.

Quindi, anche la «politica territoriale», che mi riguarda più direttamente, oggi è certamente in crisi e mostra numerose difficoltà, ma non possiamo far altro che ammettere che essa ci mostra i difetti della società, dei nostri piccoli borghi, di cui essa stessa è espressione.


Qualche esempio? L’incapacità di dialogo, di lettura delle dinamiche sociali, la poca propensione all’innovazione. Sacrosante sono le parole di questi giorni del ministro Padoa Schioppa: «Dubito si possa veramente dire che il mondo della politica in Italia versi in condizioni peggiori di altri, come l’economia, la cultura, il sindacato, la magistratura, la comunicazione. Mondi nei quali si annidano le tenaci resistenze al cambiamento e i privilegi contro cui si rimprovera alla politica di non agire con sufficiente determinazione».


Insomma, se «sul banco degli imputati» la compagnia è piuttosto eterogenea e numerosa rimane la convinzione che «senza un decisivo contributo della politica l’Italia non uscirà dal malessere in cui si dibatte...» e potrà farlo soltanto lavorando «ma nel nome di una migliore politica e nell’impegno per essa, non cadendo nella pericolosa disperazione dell’antipolitica».



Il rapporto tra etica e politica

Di seguito uno stralcio dell'intervista rilasciata a Roberto Festa da Michael Walzer, filosofo, direttore di Dissent e da anni all’Institute for Advanced Study di Princeton.


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Il rapporto tra etica e politica funziona a cicli: periodi di corruzione, richieste di legalità, nuovo inesorabile declino morale e ripresa del potere dei soldi. Michael Walzer non pare troppo sorpreso dalla ripresa di polemiche e dibattiti sulla “questione morale”.


Se in Italia domina il tema dell’equilibrio tra politica e affari, negli Stati Uniti si commenta la vicenda giudiziaria di Jack Abramoff, il lobbysta che distribuiva migliaia di dollari, cene, viaggi all’estero e regali costosi al sottobosco politico di Washington. Per Walzer, quella che è nuova oggi è soltanto “l’arroganza” con cui gli interessi particolari danno l’assalto a chi fa le leggi.




Domanda: Michael Walzer, si fa sempre più tenue il rapporto tra etica e politica?


Risposta: E’ da sempre un rapporto tenue e intermittente. La politica è periodicamente soggetta a una correzione di carattere etico. Accade quando il sistema corruttivo si fa troppo brutale e invasivo, tale da bloccare il funzionamento del sistema stesso. A quel punto il denaro, che prima serviva per rendere più veloci i meccanismi decisionali, diventa un ostacolo. E’ allora che nascono movimenti di riforma guidati da una forte motivazione etica. Scoppia lo scandalo, la classe dirigente viene in parte epurata, pare che la coscienza morale dei cittadini abbia finalmente un ruolo. Ma quasi sempre si tratta di una fase passeggera. Per darle carattere definitivo ci vorrebbe una società civile perennemente vigile, in grado di condizionare partiti e movimenti.



Domanda: Il denaro corrompe una politica fondata sui valori, o è la mancanza di valori a dare libero corso agli affari?


Risposta: Mettiamola così. I sistemi politici occidentali sono sempre meno governati da partiti con una seria base ideologica. I partiti formavano la classe dirigente e stabilivano regole all’agire politico. Quel ruolo di educazione alla democrazia oggi non esiste più.



domenica 19 agosto 2007

Via Castello, ovvero i costi della dispersione edilizia

Lo potevano immaginare anche i non addetti ai lavori. Ma una ricerca svolta in Svizzera dall'Ufficio Federale dello Sviluppo Territoriale - del 1996 - lo conferma senza ombra di dubbio: "... la dispersione delle costruzioni causa costi ingenti per la comunità, in particolare per quanto riguarda la realizzazione, lo sfruttamento e la manutenzione delle infrastrutture pubbliche".

Le tendenze all'espansione disordinata degli insediamenti nel territorio portano ad un aumento insostenibile dei costi pubblici.

L'espansione centrifuga degli insediamenti causa un moltiplicarsi dei costi delle infrastrutture rispetto a quelli generati dallo sviluppo degli insediamenti più centripeto, e dunque maggiormente orientato alla densificazione e al riempimento.

Lo sprawl (ovvero, il decentramento abitativo) può persino triplicare i costi pro-capite nei settori infrastrutturali del settore idrico, dello smaltimento delle acque, del sistema fognario e dell'erogazione dell'energia elettrica.


Se qualcuno, però, ha dei dubbi sull'attendibilità dei risultati della ricerca dell'Ufficio Federale svizzero del 1996, può sempre rileggersi pagina 3 del periodico di informazione dell'Amministrazione comunale "Passirano Notizie" del giugno 2007 (ovvero, di 11 anni dopo).


L'Assessore ai Lavori Pubblici, infatti, scrive testualmente che "Con la realizzazione dei nuovi insediamenti in fase di costruzione in via Castello (stiamo parlando di nuovi cantieri sorti ai confini con Bornato!), la tubazione esistente risulta essere sottodimensionata in relazione alle necessità delle utenze della via". La spesa prevista per l'intervento - che, salvo errori, è a carico della comunità - sarà di ben 200.000 euro (una minima percentuale dell'importo si riferisce alla sostituzione di parte della tubazione di via Roma).


Che dire? Che i risultati della ricerca svizzera sono, purtroppo, corretti e che i cittadini di Passirano devono prendere atto dell'ennesimo esempio di come le (scarse) risorse pubbliche siano gestite con troppa superficialità.

Che senso ha concedere permessi di costruire nuove unità locali in una zona che si trova ai confini con un altro Comune? Perchè continuare con la dissennata politica dell'espansione abitativa dispersa sul territorio, e non orientare la densificazione e la concentrazione edilizia?


Può darsi, però, che i nostri Amministratori non immaginassero che, come conferma la ricerca del 1996, " ... la dispersione delle costruzioni causa costi ingenti per la comunità, in particolare per quanto riguarda la realizzazione, lo sfruttamento e la manutenzione delle infrastrutture pubbliche".


E', comunque, un peccato. Soprattutto per i contribuenti e per le casse del nostro comune...


venerdì 17 agosto 2007

Il Bilancio Partecipativo

L'idea di costruire un bilancio sociale, come lo ha definito il Sole-24ore, dedicandogli di recente un interessante articolo, sta offrendo vasti campi di sperimentazione anche nel nostro Paese.

Un numero sempre maggiore di Enti locali vede il Bilancio Partecipativo come lo strumento in grado di valorizzare al meglio il contenuto delle scelte politiche e di rendere più comprensibili ai cittadini le logiche e le modalità con le quali si va a costruire il bilancio.

Non solo dunque un documento contabile che espone un rendiconto, ma la verifica di un lavoro di ascolto, di coinvolgimento della città che è avvenuto nei mesi che precedono la programmazione e trovano puntuale riscontro nei risultati di gestione.

Nei Comuni che "costruiscono" il Bilancio Partecipativo si ridefinisce la rappresentanza cittadina, favorendo la crescita di delegazioni miste, sociali e istituzionali, dando vita a forum sociali tematici (anziani, disabili, ambiente), entrando in rapporto con comitati di cittadini che si occupano di vari problemi.

Lo stesso deve avvenire con le associazioni culturali, sociali, di volontariato, che con spirito combattivo, sanno imporsi, in termini positivi, sull'amministrazione per negoziare e progettare interventi che allargano la pratica democratica.

Una delega specifica per il Bilancio Partecipato può (deve...) essere assegnata dal Sindaco a un assessore, proprio per marcare un percorso che si renderà maggiormente visibile e concreto con il bilancio da realizzare.

Percentuali significative di bilancio verranno riservate a decisioni della base, attraverso il coinvolgimento dei Consigli di quartiere e delle realtà organizzate. Ci dovranno essere assemblee pubbliche e dibattiti.

Ma va anche ricordato che si sta parlando di un percorso non semplice, né scontato. Anzi, faticoso e che non sempre produrrà risultati positivi. Rimane in agguato l'idea della imposizione di parte, delle logiche corporative, incapaci di una visione d'insieme. Ma proprio qui sta il ruolo dell'Amministrazione comunale, delle persone che, attraverso assemblee, usando le tecniche della soluzione dei conflitti e del dialogoper "contaminare" la macchina comunale con le spinte della partecipazione della società civile.

Il Bilancio Partecipato può essere una occasione favorevole per rimotivare la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica su un progetto di città più ricca di legami sociali e culturali, una città più democratica perché più partecipata, più sostenibile perché fondata su uno sviluppo economico "costruito" coinvolgendo la cittadinanza.

Il Bilancio Partecipativo. Per realizzare la partecipazione diretta, superando le "consulte".

Cos’è un Bilancio Partecipativo?

Non esiste, probabilmente, un modo univoco per descrivere il Bilancio Partecipativo. Anche perché non esistono modelli replicabili, ma solo famiglie diverse di sperimentazioni. La stessa denominazione non è un fattore indispensabile: possono, infatti, essere presenti i principi strutturanti che accomunano tra loro le centinaia di esperienze internazionali di Bilancio Partecipativo senza che il nome sia necessariamente utilizzato.

Anzi, in molti paesi nell’Occidente settentrionale, l’utilizzo del nome è mal recepito, e viene usato per confinare le sperimentazioni in un ambito ‘esotico’, negando così validità ai principi universali che ne sostanziano le forme storicamente assunte, spesso molto diverse tra loro nei differentii contesti geografici e sociali.

Forse, per cercare di dare una connotazione unitaria alle diverse esperienze oggi messe in opera alle più varie latitudini (dal Brasile alla Nuova Zelanda, dal Camerun all’India fino alle recenti sperimentazioni europee, ecc.) è possibile ricorrere a due definizioni: una che si configura come massimo comun denominatore e una come minimo comune multiplo.

1)Il primo cerca solo di identificare i tratti che accomunano le tante esperienze diverse. E potrebbe essere così definito: si può parlare di Bilancio Partecipativo quando su un territorio viene praticato un percorso di dialogo sociale che tocca il ‘cuore’ economico/finanziario dell’amministrazione, puntando a costruire forti legami ‘verticali’ tra istituzioni ed abitanti, e contemporaneamente solidi legami ‘orizzontali’ tra i cittadini e le loro organizzazioni sociali.

2)Il minimo comune multiplo, paradossalmente, è più facile da definire proprio in quanto è una misura ‘inclusiva’. Esso, infatti, prende in esame tutti gli elementi virtuosi dedotti dall’eterogeneità delle esperienze esistenti e le associa. Traccia così una sorta di ‘orizzonte futuro’ che potrebbe accomunare i tanti percorsi diversi, qualora in ognuno di essi si arrivasse a superare i suoi limiti di contesto e bilanciare l’attenzione per le riforme di natura politico-sociale con le trasformazioni tecniche dell’apparato burocratico e delle procedure amministrative.

In tale ottica si potrebbe dire che un Bilancio Partecipativo è strumento privilegiato per favorire una reale apertura della macchina istituzionale alla partecipazione diretta ed effettiva della popolazione nell’assunzione di decisioni sugli obiettivi e la distribuzione degli investimenti pubblici, superando le tradizionali forme solo ‘consultive’ e creando un ponte tra la democrazia diretta e quella rappresentativa.

È quindi un ‘luogo’ dove si deve poter ricostruire nel tempo e in maniera collettiva il concetto di ‘bene comune’ (o meglio: di ‘beni comuni’), trasformando le tensioni sociali in ‘progetto condiviso’ all’interno di spazi autogestiti dalla società civile, ma marcati da una forte interazione dialogica con le istituzioni.

domenica 12 agosto 2007

Gli "ingredienti" della partecipazione: trasparenza, informazione ed accesso

Intervento del Dr. Francesco Brugaletta, Magistrato del T.A.R. Sicilia, sezione di Catania.

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La trasparenza, il diritto alle informazioni ed alla partecipazione

La società dell'informazione per definizione ha bisogno di un sistema fondato su trasparenza, informazione ed accesso; in quanto soltanto una completa e corretta informazione può stimolare e consentire l'effettiva attività propositiva, partecipativa e di controllo realizzando, in definitiva, la par condicio tra Pubblica Amministrazione e cittadino e, quindi, una effettiva democrazia.

Si può affermare infatti che il tasso di democrazia di un sistema, che a ben ragione si definisce “società dell'informazione”, non può che essere determinato in base alla quota di informazioni rilevanti che circolano liberamente al suo interno. Giustamente Al Gore al G7 del 25-26 febbraio 1995 ha affermato che la democrazia del prossimo secolo sarà materia e competenza della telematica.

Il principio della trasparenza, vale a dire la visibilità, la conoscibilità della politica e della amministrazione e quindi in generale del potere, si afferma oggi come un valore particolarmente importante per caratterizzare l'era post tangentopoli, post mafia e post corruzione.

Fanno capo alla trasparenza tutte quelle norme che danno attuazione agli artt. 97 e 98 della Costituzione e che applicano i principi dell'efficienza e dell'imparzialità, ma in modo particolare vi rientrano quelle in materia di pubblicità, diritto alla informazione ed all'accesso.

L'affermazione della trasparenza e del diritto all'informazione peraltro si rende a indispensabile per consentire la reale partecipazione dei cittadini. Significativamente lo Statuto del comune di Bologna all'art. 8 così recita: "Il Comune di Bologna riconosce nell'informazione la condizione essenziale per assicurare la partecipazione dei cittadini alla vita sociale e politica ".



I mezzi di attuazione


La nostra Pubblica Amministrazione di certo non pecca per eccesso di informazioni nei confronti dei privati. Il sistema di pubblicità tradizionalmente è stato assicurato con alcuni mezzi tecnici, ad esempio l'albo pretorio e la gazzetta ufficiale su supporto cartaceo, oramai obsoleti.


Ai tempi dei romani l'album si riferiva alle porzioni di muro o alle tavolette sulle quali si scriveva tutto ciò che si voleva far conoscere al pubblico. Si pubblicavano nell'albo gli editti e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria, le liste dei proscritti, i programmi dei giudici, degli spettacoli e gli avvisi particolari di ogni specie.

Tra i vari albi vi era l'album praetoris; il Pretore appena eletto emanava un editto nel quale esponeva pubblicamente i principi secondo i quali avrebbe apprezzato e risolto i casi che gli sarebbero stati sottoposti.


Non c'è dubbio che nella realtà odierna la funzione a suo tempo svolta dall'albo viene svolta dai media, mentre la funzione svolta dai supporti cartacei viene assolta, con sempre maggiore frequenza, dai supporti informatici. Da ciò si evince che è nei fatti la necessità di un aggiornamento dei mezzi di pubblicità.



Ma mentre i sistemi tradizionali per dare pubblicità a leggi, processi, sentenze e ad atti amministrativi sono certamente superati, molti dei nuovi strumenti non riescono a superare positivamente la prova della applicazione pratica.


Lo stesso problema si pone anche per la partecipazione. Sul piano della effettività sembra ancora oggi carente la partecipazione del cittadino alla funzione amministrativa e ciò nonostante sia stata approvata dopo anni di attesa la citata legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo. Ad anni di distanza dalla sua approvazione è comune il giudizio sulla modestia dei risultati ottenuti e ciò sia per i tempi previsti per la conclusione dei procedimenti sia per le difficoltà frapposte all'esercizio del diritto di accesso e di partecipazione al procedimento sia infine per la non attuazione degli accordi di cui all'art.11 della legge.

E la cosa non è di poca importanza; si tenga conto infatti che le norme in discorso rappresentato un diritto amministrativo "nuovo" che dovrebbe caratterizzare il funzionamento della amministrazione del futuro.


Conclusioni

L'utilizzazione della tecnologia informatica e telematica può trasformare i poteri tradizionali innanzitutto rendendone più semplice l'organizzazione, abbattendo le barriere delle distanze, risparmiando denaro e aumentando la produttività, e, infine, consentendo il contatto con il popolo senza necessita di mediazioni.

Certo non sarà la tecnologia da sola a rendere più libera la società occidentale ed a fare della partecipazione una promessa finalmente realizzata. Prova ne è che nelle amministrazioni non hanno proceduto ad un profondo riesame dei propri schemi operativi, l'inserimento delle nuove tecnologie si è rivelato disfunzionale.


Non è importante inventare strumenti tecnologici, ma anche formare individui per una capillare utilizzazione di tali strumenti. Tocca pertanto alla società vivere la tecnologia in modo utile, moderato e diffuso, ed ai pubblici poteri utilizzarla per accorciare la distanza con i cittadini orientando strategie e comportamenti verso la soddisfazione dei bisogni di questi ultimi.
In questo senso si può ritenere che riflettere oggi su tecnologia e democrazia significa affrontare i nodi veri del processo democratico nel suo divenire a fronte della sfida che viene lanciata dalla innovazione tecnologica.


giovedì 9 agosto 2007

415 volte ... grazie!

Il Piano Paesistico Comunale proposto da questa Amministrazione è stato fortemente contestato dai cittadini della comunità di Monterotondo, ma anche da residenti a Passirano e Camignone.



La protesta contro il Piano Paesistico si è concretizzata in una prima raccolta di firme (maggio 2007), alla quale hanno aderito 345 persone. Come tutti ricorderanno - però - l’iniziativa dei cittadini è stata completamente ignorata in Consiglio Comunale.



Per risolvere "alla radice" le difficoltà tecnico-burocratiche che, secondo il Sindaco e la Giunta, impedivano di poter accogliere la prima mozione presentata a maggio 2007, ed estremamente convinti a ribadire la contrarietà verso il Piano Paesistico frettolosamente adottato in Consiglio Comunale,
a luglio 415 cittadini hanno firmato un documento che, come il precedente, richiede la modifica delle classi di sensibilità paesistica proposte dal Sindaco e dalla Giunta.



Sperando che la massiccia mobilitazione della cittadinanza di Passirano convinca finalmente questa Amministrazione a rivedere le proprie posizioni sul Piano Paesistico Comunale, si ringraziano tutti coloro che hanno condiviso le due iniziative, promosse per la tutela e la salvaguardia del nostro territorio.



Come vengono divulgate le informazioni relative ai bilanci del Comune di Passirano?

Premessa - Le fonti normative in tema di partecipazione popolare e pubblicità dei bilanci degli Enti Locali



a)Il diritto alla partecipazione secondo il Testo Unico degli Enti Locali
La partecipazione popolare è materia trattata nel Decreto legislativo n° 267 del 18 agosto 2000, noto anche come “Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali”.

In sintesi, il Testo Unico prevede che:
articolo 6, comma 2: “Lo Statuto comunale deve stabilire i criteri generali della partecipazione popolare“;
articolo 8, comma 1: “I Comuni, anche su base di quartiere o Frazione, promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale”;
articolo 8, comma 3: ”Nello Statuto comunale devono essere previste procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati”.

L’articolo 162 dello stesso Testo Unico prevede che:
“Gli Enti assicurano ai cittadini e agli organismi di partecipazione, di cui all’articolo 8, la conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale e dei suoi allegati, con le modalità previste dallo Statuto e dai Regolamenti comunali”.





b)La divulgazione dei contenuti del bilancio degli enti pubblici secondo l’Osservatorio per la Finanza e la Contabilità degli Enti Locali
L’Osservatorio, organo del Ministero dell’Interno, nella premessa al testo approvato il 18 ottobre 2006, riferendosi al Testo Unico degli Enti Locali, ricorda che:
“L’articolo 162, comma 7 del Testo Unico n° 267 del 18 agosto 2000 impone agli enti locali di precisare nello Statuto e nei regolamenti le modalità con le quali assicurare ai cittadini e agli organismi di partecipazione la conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale”.

Le disposizioni dell’Osservatorio prevedono, inoltre, che:
“Il rispetto del principio della pubblicità presuppone un ruolo attivo dell’ente nella divulgazione delle risultanze dei documenti revisionali e consuntivi, che comporti la fruibilità delle informazioni. Il solo rispetto del diritto di accesso agli atti, esercitato su istanza del singolo cittadino, non soddisfa il principio della pubbilicità”.





c)La partecipazione e la divulgazione dei dati di bilancio secondo lo Statuto del Comune di Passirano
L’articolo 51 dello Statuto comunale di Passirano si occupa della partecipazione popolare. Il comma 1 dell’articolo citato prevede che:
“Il Comune garantisce e promuove la partecipazione dei cittadini…. “.

L’articolo 51, comma 5, dello Statuto comunale – l’unico che si occupi della divulgazione delle evidenze contabili del Comune - prevede che:
“L’Amministrazione è tenuta a convocare almeno una assemblea dislocata in una delle frazioni o nel capoluogo, in occasione della predisposizione del bilancio preventivo, per raccogliere eventuali proposte”.

L’articolo 53, comma 3, dello Statuto del Comune di Passirano, che si occupa delle istanze promosse dai cittadini, stabilisce che:
“Le modalità di interrogazione sono indicate nel regolamento della partecipazione…”.





d)Il Regolamento sulla Partecipazione del Comune di Passirano
Questo regolamento non esiste, anche se – come abbiamo visto – è espressamente previsto dall’articolo 53, comma 3, dello Statuto comunale di Passirano. Fino ad oggi, nessuna delle Amministrazioni che hanno governato Passirano lo ha adottato. Non se ne conoscono le ragioni, ma questa è la prova "provata" del totale disinteresse di questa Amministrazione, e delle precedenti, in materia di partecipazione popolare.






e)Il Regolamento di contabilità del Comune di Passirano
Questo regolamento non sembra di grande aiuto per comprendere “le modalità con le quali assicurare ai cittadini e agli organismi di partecipazione la conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale”.
Infatti, l’articolo 11 del Regolamento di contabilità del Comune di Passirano – che si occupa della pubblicità dei bilanci comunali – liquida l’argomento in poche righe, ricordando che “Il bilancio e i suoi allegati sono resi noti alla comunità nelle forme che il Comune ritiene più opportune, ai sensi dell’articolo 162, comma 7, del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali”.



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Analizzate le “fonti del diritto”, cerchiamo di riassumere brevemente la situazione.

1)Il Testo Unico degli Enti Locali impone ai Comuni “di precisare nello Statuto e nei regolamenti le modalità con le quali assicurare ai cittadini e agli organismi di partecipazione la conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale”.

2)Il Ministero dell’Interno, attraverso il suo Osservatorio per la Finanza e la Contabilità degli Enti Locali, ricorda che “il rispetto del principio della pubblicità presuppone un ruolo attivo dell’ente nella divulgazione delle risultanze dei documenti revisionali e consuntivi, che comporti la fruibilità delle informazioni”.

3)L’articolo 51, comma 5, dello Statuto comunale – che, per quanto ci risulta, è l’unico riferimento normativo che si occupi della divulgazione delle evidenze contabili del Comune di Passirano – stabilisce soltanto che “L’Amministrazione è tenuta a convocare almeno una assemblea dislocata in una delle frazioni o nel capoluogo, in occasione della predisposizione del bilancio preventivo, per raccogliere eventuali proposte”.
Sembra davvero un po’ poco, visto che - salvo errori - nè lo Statuto nè nessun altro regolamento specificano le modalità di divulgazione ai cittadini delle informazioni relative ai bilanci consuntivi.
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Conclusioni


Abbiamo visto che, molto probabilmente, l’Amministrazione Comunale di Passirano non dovrebbe aver precisato “le modalità con le quali assicurare ai cittadini e agli organismi di partecipazione la conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale”, così come non sembrerebbe rispettato “… il principio della pubblicità dei bilanci, che presuppone un ruolo attivo dell’ente nella divulgazione delle risultanze dei documenti revisionali e consuntivi, e che comporta la fruibilità delle informazioni”.

In ogni caso, di sicuro, rimane senza risposta il diffuso bisogno di informazione e di trasparenza, due elementi indispensabili per poter "mettere in relazione continua l'attività politica con la comunità dei cittadini" (vedi pagina 8 di "Passirano Notizie" di giugno 2007).

mercoledì 8 agosto 2007

Tra consulte ed osservatori. In attesa della partecipazione effettiva.

A pagina 8 di “Passirano Notizie” di giugno 2007, l’Assessore alle Politiche Sociali scrive che “nel corso degli ultimi 10 anni di attività amministrativa è possibile rintracciare un importante progetto politico che ha preso le mosse dalla necessità di mettere in relazione continua l’attività politica delle Giunta con la comunità dei cittadini”.

L'Assessore, però, segnala “la scarsa partecipazione dei cittadini di Passirano all’attività amministrativa”, che riscontra peraltro anche in occasione di incontri pubblici su temi rilevanti. Quasi a giustificare questo stato di cose, l’Assessore sostiene che il cittadino “non risponde quasi mai per interesse generale, ma sempre per interessi particolari e diretti”. Il cittadino, inoltre, preferisce inserirsi “nei comitati locali” piuttosto che aprirsi al confronto diretto con l’Amministrazione comunale.
Come prova definitiva della fondatezza di questa sua tesi, l’Assessore fa presente che i cittadini non partecipano alla vita politica “neppure in occasione della presentazione del bilancio comunale”.

Quale la terapia proposta dall’Assessore per coinvolgere maggiormente i cittadini e promuovere la partecipazione? Una in particolare che prevede di istituzionalizzare “momenti di intensa partecipazione”, che tuttavia “non coinvolgono la generalità dei cittadini, ma solo una qualificata presenza di corpi intermedi”.
Si tratta di un’iniziativa che, francamente, non pare molto coerente con le finalità per le quali è stata concepita, ma tant’è.


Va detto che nel suo intervento su “Passirano Notizie”, l’Assessore - però - ignora la questione vera e fondamentale. Limitandosi a citare “l’importante progetto politico”, evita di doversi occupare degli scarsi risultati prodotti da quel modello partecipativo, costruito esclusivamente su "Consulte & Osservatori". Modello rivelatosi non coerente con gli obiettivi prefissati se è vero che l’esperienza prosegue uguale a se stessa da 10 anni, e che nonostante tutto - come sostiene lo stesso Assessore - “non si è riusciti a coinvolgere i cittadini nella vita politica di Passirano”.

Preso atto dell’inconsistenza dei risultati conseguiti dal modello partecipativo “Consulte & Osservatori”, il cittadino si poteva attendere un drastico cambio di strategia in materia di partecipazione. E, invece, attraverso “Passirano Notizie”, viene informato della costituzione dell’ennesima consulta, quella delle Politiche Culturali, organismo del quale l’Assessore “da tempo sentiva il bisogno”….