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mercoledì 30 gennaio 2008

Gli architetti e la democrazia urbana

Gli architetti lanciano la «democrazia urbana» - Articolo de Il Sole 24 Ore 29/01/2008


Nell`Italia dell`abusivismo e dei controlli solo formali gli architetti provano a cambiare registro e da Palermo rilanciano il sogno della «democrazia urbana». Un passaggio essenziale - per Raffaele Sirica, presidente delConsiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori - «per superare sia l`urbanistica del dopoguerra, dominata dai vincoli e tutta quantitativa, che ha prodotto anche il disastro dei condoni, sia l`attuale iperliberismo senza regole, diffuso in alcune realtà, dove quasi tutto si affida ai privati, con possibili preoccupanti ricadute sulla collettività». «Democrazia urbana» - ricorda Sirica - è il principio che ha guidato l`ex ministro francese della Cultura, Catherine Tascache per coniugare architettura e urbanistica, coinvolgendole comunità e governando le trasformazioni.

L`ambizione di Sirica è rendere questo principio una consuetudineanche in Italia, dando forza a ciò che, peraltro, la riforma degli appalti in qualche modo prevede, anche se da noi tutto viene interpretato in chiave burocratica. «Nella legge italiana afferma Sirica - si parla di programma di progetto, che equivale a ciò che all`estero chiamano master plan. Significa che quando si progetta un`opera pubblica si deve verificare l`impatto: spaziale, sociale, sul traffico e così via e in questo processo va garantita la partecipazione delle comunità interessate. Gli amministratori e i funzionari pubblici devono imparare a gestire la programmazione e la condivisione degli obiettivi». Passa da questa modalità - e il Consiglio nazionale si è fatto promotore di un manuale di buone pratiche indirizzato in particolare agli amministratori - la chance di riqualificazione urbana e ambientale. [...]

martedì 29 gennaio 2008

Il diritto allo sviluppo sostenibile

Di seguito uno stralcio della lettera al Direttore pubblicato su BresciaOggi di mercoledì 16 gennaio 2008



Spett. Direttore
vorremmo portare a conoscenza dei lettori le posizioni della minoranza consiliare “Salòinsieme“ del Comune di Salò rispetto a un argomento importante per la nostra città quale la delocalizzazione dello stabilimento Fonte Tavina. [...]

Ricordiamo che l’attuale stabilimento occupa un’area urbanistica strategica per la nostra città, un’area che per la vicinanza del lago e per la presenza delle fonti di acqua è stata da tutti e da sempre (anche dagli strumenti urbanistici che si sono susseguiti) considerata, una volta trasferita l’attività industriale, un polo in cui dovevano trovare collocazione strutture turistico ricettive di qualità (basta pensare ai vari ragionamenti sul complesso termale), strutture di interesse pubblico ,che ampliando il ruolo turistico e comprensoriale della nostra città ne favoriscano lo sviluppo economico ed occupazionale.


Ora, con il progetto presentato e fatto proprio dalla giunta Cipani, questa immensa volumetria (120.000 mc) verrà occupata per 84% da residenziale, in una città con una popolazione (10.000 abitanti) stabile da diversi anni. Una città con un numero di seconde case o case vuote già troppo alto (23% nel 2001 dati censimento), a cui si devono aggiungere, non previsti dal Prg, 30-35.000 mc di residenziale dovuti alle diverse varianti urbanistiche messe in campo dall’attuale amministrazione negli ultimi anni.


Seconde case che non portano vantaggi alla nostra città, nessun contributo stabile e duraturo all’economia ma solo necessità di ulteriori servizi e idonea viabilità, oltre che a degradazioni sociali. Con una scelta di questo tenore, si perde un’occasione per la città, compromettendo le potenzialità di sviluppo per Salò. Ancora: l’attuale fabbrica viene trasferita in un contesto molto delicato (ai margini della collina morenica) dal punto di vista paesaggistico e geologico, con un progetto urbanistico architettonico che non tiene conto dell’impatto in termini ambientali, paesaggistici e viabilistici a cui darà luogo.


Ancora una volta si considera Villa-Cunettone la periferia della città, senza pensare che è ormai una città nella città (2.000 residenti) senza un futuro urbanistico definito. Si accetta la delocalizzazione nel suo complesso perché attraverso i contributi dovuti l’amministrazione comunale incamererà 13 milioni di euro da destinarsi ad alcune opere pubbliche, in primo luogo il restauro del teatro comunale.


C’è da chiedersi se questa contropartita compensa la perdita di territorio e la perdita di potenzialità di sviluppo per Salò. Noi crediamo di no. Salò ha diritto ad uno sviluppo sostenibile con le sue vocazioni ambientali e paesaggistiche, uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future a soddisfare i propri.
Cinzia Goffi - Capogruppo Salòinsieme

sabato 26 gennaio 2008

Il simbolo di un Paese allo sbando

Di seguito un articolo pubblicato il 22 gennaio 2008 sul quotidiano Libero dal titolo "Gli indecorosi cannoli di Cuffaro, simbolo di un Paese allo sbando".



venerdì 25 gennaio 2008

Nuovo articolo di BresciaOggi sull'ex casa del fascio

Di seguito riportiamo l'articolo pubblicato venerdì 25 gennaio 2008 sul quotidiano BresciaOggi.


Ex casa del fascio: La riqualificazione diventa un caso. I lavori proseguono da 5 anni.


A Passirano la vicenda dell’ex casa del fascio è un caso che rischia di scoppiare nelle mani della Giunta Gerardini. «Come scritto recentemente al sindaco - spiega Amilcare Barucco, capogruppo della civica di minoranza Comunità solidale - c’è da chiedersi come sia possibile che una serie infinita di disgrazie si concentrino tutte nella ristrutturazione di quell’edificio come se fossero solo dovute al caso. Parti sostanziali del progetto completamente errate visto che, per esempio, si è dovuto sostituire l’impianto di riscaldamento e condizionamento con ulteriore spesa di 59.000 euro; l’appalto affidato ad una ditta che non è in grado di mantenere la qualità e la quantità del lavoro da svolgere (lavori non eseguiti a regola d’arte e chiusura del cantiere con mesi di ritardo); una cessione del credito, da parte della ditta incaricata di eseguire i lavori, ad una finanziaria; uno o più dipendenti che sbagliano il pagamento del quinto stato di avanzamento lavori (oltre 89.000 euro) accreditandolo sulla banca della ditta invece che alla finanziaria e per ultimo il fallimento della ditta incaricata dei lavori che lascia un sostanzioso debito nei confronti del Comune di Passirano».

Avvenimenti che secondo Barucco hanno fatto in modo che l’opera di ristrutturazione non sia ancora finita dopo cinque anni dall’inizio dei lavori. «Inoltre - aggiunge Barucco - il costo della ristrutturazione rischia di lievitare a 800.000 euro per un edificio che ha sì un certo valore storico, ma non è certo di grandi proporzioni. Per dare una quantificazione unitaria si rischia di arrivare a oltre 1.700 euro al metro quadro per una ristrutturazione. A questo punto è indispensabile la formazione di una commissione consiliare composta da Consiglieri di maggioranza e di opposizione che verifichi tutti gli aspetti della vicenda e relazioni al Consiglio comunale. Visto che la maggioranza afferma la più completa trasparenza sull’argomento mi sembra il caso di esplicitarla anche in questa maniera»

giovedì 24 gennaio 2008

I cittadini per il futuro dell'urbanistica

Stralcio di un articolo di Fabio Alfano sulla realtà urbanistica di Palermo, pubblicato su Repubblica il 17 gennaio 2008. A nostro avviso alcuni passaggio sono particolarmente interessanti.



[...] Si assiste attoniti alla pubblicazione, silenziosa e solo per circa venti giorni, del bando per i consulenti del nuovo piano particolareggiato del delicatissimo centro storico, alla divulgazione dei loro nomi prima del suo espletamento, alla clamorosa assenza, tra essi, di almeno un architetto progettista, al disaccordo su tutto ciò da parte del sindaco non in nome di una maggiore qualità ma per altre idee, mai rese note ai suoi cittadini e neanche, sembra, ai suoi assessori. E si potrebbero fare altri esempi. In tutti c´è una chiara indicazione: in atto non c´è alcuna pianificazione, intesa, coordinamento, convergenza di intenti per la gestione e lo sviluppo della città; ci sono invece autoreferenzialità, velleità che non si sposano affatto con l´interesse collettivo. E così Palermo non si trasforma, ma si disgrega sempre più, giorno dopo giorno. Cosa stiamo ad aspettare, allora? Un po´ di pragmatismo ci suggerisce che alla critica, utile se non fine a se stessa, dovremmo far seguire, una azione propositiva. «Ognuno di noi», fu saggiamente detto, «faccia la sua parte», e in questo momento, aggiungerei, anche quella degli altri.

E da fare ce n´è moltissimo, cominciando col ristabilire un principio che sembra essere non più scontato: gli amministratori dei beni e delle risorse comuni sono coloro che hanno l´onere e l´onore (e vengono pagati per questo) di essere a servizio delle esigenze di una comunità. È ormai prassi diffusa che il più delle volte invece si servano, anche in buona fede o inconsapevolmente, di ciò che dovrebbero servire. E questo ovviamente non funziona. Servire veramente una città significa monitorare con fatica e cercare di dare risposte adatte alle esigenze delle diverse categorie di cittadini presenti e dei loro spazi. Altrimenti è una grande illusione. Ma nessuno oggi, per la gravità della situazione, può più tollerare risposte aleatorie, pertanto o si risolvono veramente i problemi o non si può che andare a casa. Non è possibile fare sconti a nessuno, questo dovrebbe essere chiaro a chiunque, al di là del colore, schieramento o altra appartenenza.

Bisogna essere però numerosi, compatti e responsabili. E in una città di circa 700.000 abitanti non è possibile credere che non ce ne siano abbastanza che, superando paure e pessimismo, possano avviare un processo di trasformazione della coscienza collettiva, sia per quanto riguarda gli amministratori che gli amministrati. Ce ne sono, eccome, però disgregati. Coordiniamoci, allora, per esercitare una pressione decisa e costante affinché l´amministrazione non si sottragga ad un suo preciso dovere: attivare una pubblica raccolta di esigenze, problemi e questioni e poi di idee, soluzioni, progetti, a vari livelli, per definire un efficace piano generale di interventi, con relative priorità. Che questo avvenga, attraverso la costituzione di un ufficio pubblico, che si incarichi di organizzare i vari materiali in mappe, disegni, plastici, fotomontaggi, video, relazioni, ecc., affinché chiunque possa rendersi conto e intervenire criticamente. Solo una programmazione che abbia chiaro dove vuole arrivare e come arrivarci può dare senso, misura ed efficacia a qualsiasi azioni si compia quale, per esempio, la revisione, o la creazione ex novo, dei necessari strumenti attuativi, come i piani regolatori, particolareggiati o altro.

Ognuno può contribuire a questo. L´Università, per esempio, invii pubblicamente all´amministrazione (o la inviti formalmente ad andarli a visionare) l´enorme quantità di studi e progetti prodotti negli ultimi decenni, che hanno cercato soluzioni, quasi mai utilizzate, per ogni angolo di Palermo. Spinga con tutti i mezzi e l´autorevolezza che le compete, affinché siano presi in considerazione almeno come premessa per progetti più specifici o attuali. I professionisti di buona volontà (tanti), individualmente o mediati dai loro ordini (potenzialmente i principali promotori delle preziose professionalità rappresentate) facciano circolare pubblicamente le loro idee al di là del fatto che ottengano incarichi o compensi.

Le associazioni cittadine, antiche e recenti, segnalino ancor di più le questioni primarie urbane, come è avvenuto per la chiusura contemporanea dei due principali musei cittadini. Tutte le istituzioni culturali, grandi e piccole, promuovano iniziative che possano fare intravedere ai palermitani la qualità culturale con cui può essere condotta questa trasformazione. La gente evidenzi, con telefonate, e-mail, lettere, proteste, denunce, comitati (quale quello dei residenti di viale Campania) ciò di cui necessita e di cui ha pieno diritto anche perché ben pagato in termini di tasse.

lunedì 21 gennaio 2008

Dove sono le opposizioni?

Com'era facilmente prevedibile, il post "Il teatrino della politica" che si occupa della vicenda dell'ex casa del fascio (per leggerlo clicca qui) è stato abbondantemente commentato. Molti degli interventi dei lettori mettono in risalto un aspetto che, più d'ogni altro, sembra averli colpiti: l'assenza delle opposizioni che, almeno fino ad oggi, non sono state in grado di "mettere alle strette" la maggioranza sull'errato pagamento, e non solo.


L'utimo commento in ordine di tempo - che riportiamo integralmente - ci chiama in causa direttamente. Ecco il testo: "Sono passati quasi 2 mesi dal consiglio comunale dove è saltato fuori la storia dei 90.000 euro. Le minoranze di Passirano hanno fatto finta di fare qualcosa, Sinistra Democratica ha confermato l'appoggio alla maggioranza, la maggioranza non ha fatto niente di niente. Il blog della Destra si sta occupando di tutt'altro, quello di Sinistra Democratica è fermo agli auguri di Natale, e anche voi del blog di Monterotondo non avete più scritto niente. Cosa devono fare i cittadini di Passirano se chi si occupa di politica lascia cadere la storia nel vuoto? Fate qualcosa e subito".


Nel ringraziare l'anonimo lettore per il suo contributo, vogliamo solo ricordare che - come ovvio - spetta a chi ci rappresenta in Consiglio Comunale occuparsi concretamente della questione. Ecco perchè, come abbiamo già avuto modo di dire nel nostro post "Il teatrino della politica", crediamo utile istituire una commissione consigliare che ricostruisca l'intera storia della ristrutturazione dell'ex casa del fascio. Ma le opposizioni vogliono davvero quella commissione, o invece si stanno muovendo su altri fronti? Non lo sappiamo, ma su un punto concordiamo con l'anonimo lettore del nostro blog: questa storia deve essere chiarita fin nei minimi particolari. E certamente nell'arco di poche settimane perchè, ricordiamolo, la delibera che dà il via al restauro conservativo dell'ex casa del fascio è del luglio 2001. Ed ora siamo a gennaio 2008.



domenica 20 gennaio 2008

Visitatori e visite al nostro blog

Aggiornamento al 19 gennaio 2008 dei visitatori e delle visite effettuate al nostro blog (fonte Google Analytics). Come si può vedere i visitatori unici assoluti da giugno 2007 ad oggi sono stati 1.580. Le visite sono invece 3.627 (con una media di oltre 16 al giorno).














Un grazie a tutti i nostri visitatori.

venerdì 18 gennaio 2008

Sacrifici per tutti tranne che per la casta

Articolo pubblicato su BresciaOggi di venerdì 18 gennaio 2008 - Sacrifici per tutti tranne che per la «casta»



Ci verrebbe di prenderle a sberle a una a una le facce di tolla dei nostri parlamentari, 953 stramusoni dispensati equamente tra deputati e senatori, compresi i sette senatori a vita per i quali, in ossequio alla veneranda età, ci si potrebbe limitare all’insulto libero, magari scatologico che è sempre efficace oltre che, mai come in questo caso, pertinente.
Dopo avere strombazzato ai quattro venti che si sarebbero ridotti gli stipendi del 10 per cento «in ossequio alla richiesta di sobrietà di tutte le istituzioni» e dopo aver mantenuto solo parzialmente la promessa in virtù di uno scaltro codicillo che gli garantiva uno sconto del 4 per cento, salvo compensare totalmente il «sacrificio» incamerando lo scatto biennale del 6, adesso i 630 deputati, con la furbizia del chierichetto che di nascosto tira dall’ampollina una boccata di vino e si asciuga furtivamente le labbra sulla manica della cotta, si sono ritoccati l’indennità di 200 euro lordi, 127 netti, che porteranno a 5.613,59 euro la consistenza della loro busta paga, più le ovvie laute maggiorazioni (quasi un altro stipendio) per le varie cariche e la carriolata di privilegi e benefit.

E i senatori? Il nobile «sacrificio» graverà allora solo sulle loro spalle di rappresentanti della Camera Alta, quella che insomma dovrebbe dare il buon esempio alla Bassa? Neanche per idea. Mica sono scemi. Si erano già cautelati opponendosi al congelamento degli scatti automatici e «obbligando» quindi, per una questione di equità, i colleghi deputati a colmare il dislivello retributivo che è appunto di 200 euro. Mentre la Nazione tira la cinghia, mentre milioni di famiglie vivono nell’angoscia di non potercela fare ad arrivare in fondo al mese (e molte non ce la fanno), flagellate, come sono, da carovita, tasse e bollette, loro - i nostri parlamentari - usano una parte dei soldi che ci vengono sottratti con l’aumento delle imposte per arrotondarsi disinvoltamente gli stipendi, che sono già schifosamente i più alti del mondo.

Mentre il governo ci salassa la tredicesima e lo stipendio di dicembre grazie al conguaglio dell’Irpef legato alle nuove aliquote fiscali elaborate da De Sade-Visco, loro, quelli che con i nostri voti abbiamo mandato in Parlamento, continuano a vivere il loro incosciente Bengodi, infischiandosene delle sofferenze e delle emergenze del Paese. Il loro motto trasversale (non è un luogo comune sostenere che quando sono là sono tutti uguali, a qualsiasi partito appartengano) è «Magna, beve e fottetenne», come dicono, e molti fanno, a cominciare dagli amministratori pubblici, a Napoli che il malgoverno, con la complicità di parlamentari e ministri, ha ridotto a un’immensa cloaca che sta sputtanando il nome dell’Italia nel mondo.

Cosa gliene frega a loro del popolo bue di cui non fanno più parte e non condividono più i problemi dal preciso momento in cui dal popolo bue sono stati eletti diventando membri della Casta edonista e spesso fannullona cui basta arrivare a sprofondare per qualche mese le posaderas nel velluto rosso di una poltrona di Montecitorio o di Palazzo Madama per aver diritto a una pensione da leccarsi i baffi, e non solo quelli, mentre i poveri cristi devono lavorare minimo trent’anni per conquistarsi un vitalizio spesso da fame?

Quanto poi i nostri disonorevoli siano vicini al Paese reale, lo dimostra la consistenza di quello che hanno versato al fondo istituito a favore delle famiglie delle vittime del rogo della Thyssenkrupp: 6 mila euro in tutto, 9 euro e mezzo a testa. Eppure li puoi insultare, li puoi mettere alla gogna in libri e libelli, li puoi odiare, ma niente li può smuovere, niente li può cambiare. La loro poltrona è più importante del nostro disprezzo. Che, sia ben chiaro, non è disprezzo per le istituzioni, ma per chi, senza averne le qualità morali, le occupa.



giovedì 17 gennaio 2008

L'amore per il territorio

Di seguito riportiamo uno stralcio della lettera al Direttore di Bresciaoggi pubblicata sul numero di lunedì 14 gennaio 2008.


Anno nuovo problemi vecchi. Per l’ambiente, s’intende. La conferenza organizzata dall’Onu a Bali in dicembre per difendere l’ambiente con la riduzione del gas-serra non ha prodotto risultati operativi. L’unico dato positivo il ritorno degli Stati Uniti al tavolo del negoziato per la definizione di un accordo dopo-Kyoto. Quanto alla difesa del paesaggio italiano, non mi sembra sia ancora all’orizzonte, in questo inizio di nuovo anno, il varo della norma che preveda il «reato di frode paesaggistica» annunciata dal ministro Rutelli. Anche se bisogna dare atto che un passo avanti è rappresentato dal «Fondo per il ripristino del paesaggio» istituito con la Finanziaria per tutelare i 41 siti italiani inseriti nella lista dell’Unesco come Patrimonio dell’Umanità.

Sul nostro Garda non solo si continua a costruire in modo sconsiderato e distruttivo per l’ambiente (anche sulla montagna di Gargnano), ma addirittura il groviglio delle norme urbanistiche impedisce di abbattere gli edifici abusivi e deturpanti a Tignale per i quali il sindaco aveva emesso ordinanza nel 1994 confermata dal Consiglio di Stato. Nel momento, infatti, in cui tutto era pronto per la demolizione, è giunto il blocco della sospensiva del Tar. [...]

Ma forse per un cambiamento di rotta e per bloccare l’espansione edilizia bisognerebbe avere l’amore per il territorio della popolazione di Saviore, in alta Valle Camonica. Gli abitanti del paese alpestre, infatti, hanno rinunciato a vendere alla Provincia di Trento antichi pascoli in disuso da quarant’anni. L’offerta era più che allettante: sei milioni di euro. «Investendo quel tesoretto - ha detto il sindaco Alberto Tosa - potremmo costruire una centrale idroelettrica che frutterebbe 550-600 mila euro l’anno. Per Saviore vorrebbe dire cancellare l’Ici e l’Irpef comunali».

Questo il commento di Claudio Del Frate, giornalista del «Corriere della Sera» che ha voluto verificare di persona l’incredibile rinuncia: «Chi è convinto di sapere già tutto sull’Italia, sulla globalizzazione che ogni cosa appiattisce, sulla dittatura del dio denaro, si faccia una gita fino a 1.210 metri d’altitudine di Saviore ai piedi dell’Adamello». E’ stato chiesto ai mille abitanti di vendere antichi alpeggi in cambio della riduzione delle tasse. Hanno risposto: «No, grazie!».


martedì 15 gennaio 2008

Il PGT di Iseo e gli utili idioti

Articolo di BresciaOggi pubblicato martedì 15 gennaio 2008.

Iseo. Piano di Governo del Territorio: il Comitato ha espresso i suoi timori nell’ultima assemblea. Il paese del futuro segna già il passo - di Giuseppe Zani



Riuscirà l'Amministrazione comunale di Iseo a portare a termine il Piano di governo del territorio entro la fine del suo mandato? Attorno a questa domanda ha alla fine ruotato il confronto promosso nei giorni scorsi al castello Oldofredi dal comitato «Per un Pgt partecipato».
Gli studi e le discussioni preliminari sul Pgt, infatti, durano dal gennaio 2006, ma il piano vero e proprio, con Valutazione ambientale strategica e documenti connessi, è ancora di là da venire. «I tempi per concludere il Pgt nella legislatura in corso ci sono- sostiene l'assessore all'Urbanistica, Paolo Brescianini-. Tutto sta a vedere se ci saranno la volontà e l'accordo necessari». Al presente i tecnici incaricati dalla Giunta municipale hanno ultimato la fotografia dell'esistente, aggiornandone i dati al 2007 e abbozzando le prime proposte. «Stiamo mettendo a punto una serie di ipotesi di lavoro che diano una risposta alle richieste formulate nel giugno scorso dai cosiddetti tavoli tematici- aggiunge Brescianini-. A ipotesi definite, convocheremo il forum cittadino che dovrebbe concludere il percorso partecipativo del Pgt».

Gli iscritti al tavolo «Qualità insediativa» avevano chiesto di «prevedere un'espansione non superiore ai 1.000 abitanti aggiuntivi», contro i 20 mila che sarebbero insediabili qualora fossero accolte tutte le domande pervenute di modificare la destinazione d'uso di aree private. E aveva fornito, lo stesso tavolo, una serie di indicazioni circa il recupero di alcune aree- Montecolino, castello del Carmagnola, piane di San Martino, Sassabanek- che sono percepite dagli iseani come i punti di forza di un possibile rilancio turistico. Si tratta di nodi intricati da sciogliere così come le proposte di istituire i tavoli «Mobilità», «Spazi aperti e reti ambientali» e «Dotazioni pubbliche». Ecco perchè il forum è slittato a data da destinarsi.

Palpabile in occasione dell’assemblea ospitata a Castello Oldofredi, la preoccupazione che il lavoro sin qui svolto dal comitato «Per un Pgt partecipato» si areni senza dare risultati. E che l’osservatorio cittadino sul nascente piano, così come prospettato dalla Giunta non sia un reale strumento di controllo, ma un «organismo di utili idioti».
«L’Amministrazione comunale ci deve dire - ha sintetizzato Luciano Pajola-: se vuole portare a termine il Pgt; che cosa intende realizzare alla Montecolino, al castello di Clusane, a San Martino e a Sassabanek; dove, come e quanta volumetria si prefigge di costruire».


lunedì 14 gennaio 2008

Cemento, i comitati alzano la guardia

Articolo di Enrcio Grazioli pubblicato su BresciaOggi di mercoledì 05 dicembre 2007.

San Felice. Un’assemblea in vista del nuovo Piano di governo del territorio. Cemento, i comitati alzano la guardia.


Evitare le speculazioni, puntare su interventi di qualità mirati, limitare le volumetrie di nuovi edifici alle reali esigenze del territorio e dei cittadini. Sono le parole d'ordine dell'associazione «L'ambiente e il territorio di San Felice, Portese e Cisano», che, presieduta da Vittorio Carbone, venerdì sera si è riunita all'ex Monte di Pietà.
Al momento il territorio sanfeliciano non vive una situazione di pericolo, ma è alta l'attenzione per il futuro. Tra poco in Comune arriverà il nuovo Piano di governo del territorio. Allora sarà importante il dialogo con l'amministrazione. «Non chiediamo di negare nuove costruzioni, ma devono essere interventi di qualità - spiega Carbone - La speculazione va cessata, bisogna guardare le esigenze del territorio, come abitazioni per i giovani che cercano casa e infrastrutture».
Sono temi molto sentiti. L'associazione è nata a luglio e in questi mesi ha quasi raddoppiato i propri iscritti, raggiungendo quota 96. Il 14 dicembre i consociati si riuniranno per gli auguri natalizi, poi si riuniranno nella sala dell'ex Monte di Pietà ogni ultimo venerdì del mese, per fare il punto sulla situazione.

Maria Bazzoli, delegata di Legambiente in Valtenesi presente venerdì, ha sottolineato che «ormai di ambiente ne parlano tutti, ma in pochi poi agiscono». E ha ricordato alcuni problemi. I vari Comuni della Valtenesi ricevono forti pressioni, i coltivatori stessi cercano di vendere i terreni agricoli: «I cittadini tampinano i sindaci affinché i propri terreni vengano inseriti come edificabili nel Pgt. Nel caso un agricoltore voglia acquistare un terreno, non riesce; i campi vengono venduti alle immobiliari, perché pagano più di chi voglia allargare i propri fondi».


Il nocciolo della questione - ha specificato Carbone - è che ormai da anni il Garda è la meta della spostamento dei capitali. L'importante, quindi, è fare battaglia su casi specifici. A San Felice adesso non ci sono fatti gravi, ma le mani vanno messe avanti. Molti comuni vicini sono stati devastati dall'edilizia, in vari casi alcune associazioni ne hanno denunciato gli scempi. Il paese ha di conseguenza preso valore e gode di migliore reputazione. Ma la guardia resta alta.

sabato 12 gennaio 2008

L'eco-urbanistica cementa i comuni

Articolo di BresciaOggi di venerdì 11 gennaio 2008.
ISEO. Un progetto della Fondazione Cogeme L’eco-urbanistica cementa i Comuni .


Un patto per promuovere uno sviluppo economico-edilizio comprensoriale ispirato alla tutela dell’ambiente della Franciacorta. Lo hanno sottoscritto sedici Comuni che hanno trovato una base comune grazie alla Fondazione Cogeme. Il cammino di concertazione, iniziato la scorsa estate, ha vissuto un passaggio fondamentale nelle scorse settimane. A Iseo è stato firmato il protocollo di intesa che affida il progetto alla fondazione. L’assessore provinciale all’Urbanistica Francesco Mazzoli ha tenuto a battesimo l’intesa rimarcando «come la scelta di un progetto condiviso valorizza l’autonomia dei Comuni e favorisce la difesa e la valorizzazione del territorio attraverso una sinergia significativa». L’assessore si è augurato che l’esempio possa convincere molte realtà locali ad imboccare una strada che alla tutela del territorio unisce il vantaggio di una ricerca urbanistica più approfondita.

Hanno aderito al patto Castegnato, Cazzago, Cellatica, Coccaglio, Cologne, Corte Franca, Erbusco, Gussago, Iseo, Monticelli, Ospitaletto, Paderno, Paratico, Passirano, Provaglio, Rodengo e Rovato. La Fondazione Cogeme, che offrirà il supporto scientifico, ha affidato il coordinamento del piano all’ingegner Maurizio Tira, docente di Pianificazione urbanistica dell’Università di Brescia. Il primo passo sarà fissare un set di indicatori condivisi per la redazione dei Piani di governo del territorio e della Valutazione d’impatto ambientale.


giovedì 10 gennaio 2008

Una sfida per la scienza e la società

Di seguito si riporta l'articolo di BresciaOggi del 10 gennaio 2008



Antonello Pasini, ricercatore del all’Istituto sull’inquinamento atmosferico, membro del comitato tecnico-scientifico del Dipartimento nazionale per i servizi per l’ambiente, per l’Agenzia nazionale del bacino dei fiumi nord-adriatici e per la Fondazione Mattei, nonchè presidente del Ceac, venerdì 11 gennaio sarà a Monticelli Brusati nella sala Comunità ex Pieve. Alle 20.45 parlerà di «I cambiamenti climatici: una sfida per la scienza e per la società», nell’ambito degli incontri invernali del venerdì promossi dalla Fondazione Gandovere, presieduta da Gianluigi Moniga, in collaborazione con i Comuni di Castegnato, Monticelli Brusati, Ome, Paderno Franciacorta, Passirano e Rodengo Saiano.

Il ciclo, curato da Carla Boroni e Carla Tonoli, si intitola «Ambiente: tra ecologia, giustizia e democrazia». "Gli ospiti che interverranno fino a questa primavera - spiega il presidente Moniga - ci diranno come, per raggiungere un obiettivo di vita, è imperativo che i popoli della Terra si assumano responsabilità nei confronti della comunità più grande, il mondo, per le generazioni future. I sistemi di produzione e consumo stanno causando devastazioni ambientali, impoverimento delle risorse, estinzioni di specie animali; i benefici dello sviluppo non sono equamente distribuiti e il divario tra ricchi e poveri diventa una grande sofferenza. La Fondazione vuole dare un minuscolo contributo per rendere chiaro che occorrono modifiche radicali anche nella nostra quotidianità, anche nelle istituzioni locali per salvaguardare il futuro di tutti".

Pasini è laureato in fisica, specializzato in fisica generale e in fisica dell’atmosfera e meteorologia, ha frequentato corsi sulla modellistica dinamica, l’uso avanzato dei calcolatori vettoriali e paralleli, sui sistemi non lineari e i cambiamenti climatici. Dal 1988 al 1999 ha lavorato come fisico meteorologo al servizio meteorologico dell’Aeronautica. Dal ’99 è ricercatore Cnr, membro del comitato sull’applicazione dell’intelligenza artificiale alle scienze ambientali dell’American meteorological society. Ha pubblicato diversi testi scientifici, un libro di divulgazione e analisi concettuale sul metodo modellistico nei sistemi meteo-climatici, ha curato per la Franco Angeli un libro divulgativo sul clima che analizza i cambiamenti climatici osservati nel passato e previsti per il futuro e i loro impatti sul territorio e gli ecosistemi.

martedì 8 gennaio 2008

Il teatrino della politica

1 - Premessa
Durante il Consiglio Comunale del 29 novembre 2007, tra i vari punti all'ODG, è stato trattato anche l'assestamento generale del bilancio comunale dell'anno appena trascorso. In realtà, più che dei dati dell'assestamento, si è discusso di quello che l'Assessore al Bilancio ha definito "un errato pagamento". Per chi non era presente al Consiglio Comunale, ricordiamo quanto potrebbe costare al Comune quell'"errato pagamento": 89.000 euro, importo che però potrebbe aumentare fino a 135.000 euro (vedremo poi il perchè).

Prima di iniziare segnaliamo che molti dei dati relativi alla lunga vicenda dell'ex casa del fascio sono tratti da "Note Informative" di febbraio (e di dicembre) 2007 della Lista Civica Comunità Solidale. La fonte dovrebbe essere piuttosto attendibile, visto che nel Consiglio Comunale del novembre 2007 lo stesso Assessore al Bilancio ha definito il contenuto di "Note Informative" di febbario 2007 "pregevole e preciso". Una certificazione di qualità che, quindi, rimuove buona parte dei dubbi sulla fondatezza dei dati che riprenderemo più avanti. Le altre informazioni sono state estratte dalle delibere di Giunta e di Consiglio Comunale pubblicate sul sito internet del Comune di Passirano. Particolarmente significative, a nostro avviso, la delibera di Giunta n° 115 del 12 dicembre 2007 e la delibera di Consiglio Comunale n° 43 del 29.11.2007 che invitiamo a consultare sul sito del Comune di Passirano.



2 - Il contesto dell'errato pagamento
Chiariamo fin da subito che l'operazione da 135.000 euro è collegata al fallimento della ditta che ha lavorato dal 2002 all'ex casa del fascio di Passirano. Per inciso è utile ricordare che il costo di quei lavori, che vanno avanti da oltre 2.100 giorni (tante sono le giornate trascorse da marzo 2002 a dicembre 2007), dovrebbe già essere arrivato a 670.000 euro, ma non è escluso che possa raggiungere gli 800.000 euro.

Considerato che la superficie dell'ex casa del fascio è di circa 450 metri quadrati (questa è la metratura riportata in un articolo di BresciaOggi del 18.12.2002, che si occupava del restauro dell'ex casa del fascio), ne consegue che la ristrutturazione potrebbe costare tra i 1.480 e i 1.750 euro al metro quadrato (cioè 2.800.000-3.400.000 di vecchie lire).

Come si arriva agli 800.000 euro? Sommando la spesa del progetto definitivo approvato dalla Giunta Zinelli nel 2001 di 1.150.000.000 di lire (600.000 euro), con le spese sostenute per la sostituzione dell'impianto di climatizzazione (60.000 euro) deliberata dalla Giunta Gerardini nel dicembre 2006, con i costi per l'intervento di sostituzione del parquet (14.000 euro) deliberata dalla Giunta Gerardini a ottobre 2007 e, infine, con i 130.000 euro già previsti nel 2008 dal Piano Triennale delle opere pubbliche, intervento deliberato il 10 ottobre 2007 dalla Giunta Gerardini.

Se invece l'intervento previsto nel 2008 non verrà realizzato, la spesa complessiva per la ristrutturazione dell'ex casa del fascio si fermerà, si fa per dire, a 670.000 euro.


Delineata la cornice in cui si svolge la vicenda dell'errato pagamento da 89.000 euro, cerchiamo ora di ricostruire le principali puntate della telenovela dell'ex casa del fascio.
a)Il progetto definitivo del restauro conservativo dell'ex casa del fascio viene approvato con delibera n° 79 del 5 luglio 2001 dalla Giunta Zinelli. La spesa prevista è di 1 miliardo e 150 milioni di lire;

b)come riporta il documento di febbraio 2007 di Comunità Solidale, i lavori iniziano a marzo del 2002 (quasi 6 anni fa), e il contratto stabilisce che dovranno essere terminati al massimo entro febbraio 2003 (dunque, quasi 5 anni fa);

c)alla scadenza prevista, però, i lavori sono tutt'altro che terminati. Il Comune di Passirano concede alla ditta appaltatrice una proroga di 60 giorni, spostando il termine della consegna da febbraio ad aprile 2003. Ma quella proroga è del tutto inutile, visto che
la ditta appaltatrice in realtà non dovrebbe aver mai terminato quei lavori;

d)a confermarlo dovrebbe essere una relazione della Direzione lavori (del 2004?) che, tra l'altro, rileva l'esistenza di infiltrazioni d'acqua dal tetto e dai serramenti che - già all'epoca della relazione - avevano rovinato e sollevato in più punti il parquet (appena posato) del cosiddetto "teatrino" dell'ex casa del fascio;

e)durante la seduta del Consiglio Comunale del 26.9.2003 - quindi più di 4 anni fa - uno dei consiglieri di minoranza, nel richiedere un aggiornamento sulla situazione dei lavori all'ex Casa del Fascio, dice di aver sentito che ".. la ditta appaltatrice si trova in stato di fallimento". L'allora Sindaco Zinelli risponde: "... per fortuna i lavori sono conclusi. Manca solo la sistemazione del giardino e della parte esterna".

f)le relazioni della Giunta Zinelli prima e della Giunta Gerardini poi, che vengono allegate ai Bilanci Consuntivi degli anni 2003 e 2004, confermano sostanzialmente la situazione riportata dal Sindaco nel Consiglio Comunale del settembre 2003, ovvero che "... i lavori all'ex casa del fascio sono conclusi. Sono stati riscontrati taluni vizi che sono stati contestati alla ditta esecutrice, e che saranno rimossi nei tempi tecnici strettamente necessari.";

g)le tranquillizzanti dichiarazioni rese in Consiglio Comunale nel settembre 2003, e di fatto ribadite da 2 diverse Giunte nelle relazioni ai Bilanci Consuntivi 2003 e 2004 - sembrano contrastare però con la delibera n° 62 della Giunta Gerardini che arriva 2 anni dopo, il 24 maggio 2005. Quella delibera, infatti, certifica definitivamente - ma perchè così in ritardo? - che i lavori all'ex casa del fascio non sono stati eseguiti come previsto nel contratto di appalto;

h)l'8 giugno 2005 il Tribunale di Brescia dichiara il fallimento della ditta appaltatrice che ha lavorato alla ristrutturazione dell'ex casa del fascio. Purtroppo, chi aveva riferito notizie di difficoltà finanziarie della ditta già nel 2003, e che aveva fatto presente la situazione in Consiglio Comunale, era stato buon profeta;

i)a seguito della dichiarazione di fallimento della ditta appaltatrice, con delibera n° 76 del 21.6.2005 la Giunta richiede al Tribunale di Brescia che il Comune di Passirano venga ammesso nell'elenco dei creditori del fallimento;

l)con delibera n° 123 del 5.12.2006 la Giunta di Passirano decide di installare un nuovo impianto di climatizzazione all'ex casa del fascio in sostituzione di quello installato nel 2002-2003, e forse mai utilizzato. La spesa sostenuta per il nuovo impianto di climatizzazione è di 60.000 euro (si possono vedere altre foto dei lavori di giugno 2007 cliccando
qui);










m)venendo a tempi più recenti, sul sito internet del Comune di Passirano viene pubblicata la delibera n° 96 del 3.10.2007, con la quale la Giunta Gerardini approva nuovi lavori di manutenzione straordinaria per l'ex casa del fascio. L'importo dei lavori appaltati non è noto, perchè il testo della delibera pubblicato sul sito internet del Comune a tutt'oggi non è ancora accessibile. In via ufficiosa, dovrebbe trattarsi di altri 14.000 euro spesi per la sostituzione del parquet, che era stato posato dalla ditta fallita;

n)con delibera n° 98 del 10.10.2007 la Giunta inserisce nel Piano Triennale delle opere pubbliche un nuovo intervento - previsto nel corso del 2008 - per la sistemazione esterna della ex casa del fascio. La spesa prevista è di altri 130.000 euro.



3 - L'errato pagamento di 89.000 euro
Veniamo ora all'errato pagamento effettuato dal Comune di Passirano, operazione che risale al settembre 2003, ma che viene affrontata per la prima volta in Consiglio Comunale a novembre 2007. Il 18 settembre 2003 - quindi, più di 4 anni fa - il Comune di Passirano effettua il pagamento di 89.603 euro quale 5° acconto dei lavori eseguiti all'ex casa del fascio dalla ditta appaltatrice. Come rileva la delibera di Giunta n° 115 del 12.12.2007, quel pagamento avviene in tempi brevissimi: il Comune di Passirano, infatti, provvede ad emettere il relativo mandato a distanza di 3 giorni dalla data di presentazione della fattura, avvenuta il 15 settembre 2003.


Ma quel pagamento è errato. E non andava fatto.



Perchè? Se ne occupa - anche se in maniera parziale, e a distanza di 2 anni - la delibera di Giunta n° 76 del 21 giugno 2005 che riporta: "... il Comune di Passirano risulta creditore nei confronti del Sig. T.S. [...] della somma di 89.603,23 euro a titolo di 5° Stato Avanzamento Lavori per la ristrutturazione dell'immobile denominato Ex-casa del Fascio che è stata liquidata, come da richiesta, formalmente indicata in fattura dal Sig. T.S., e pagata alla Banca Cassa Padana filiale di Castelletto di Leno anziché alla Fineco Factoring Spa, ora Capitalia L&F Spa, come da comunicazione prot. 4603 del 18/05/05".

Ma cosa è accaduto esattamente? Che il Comune, anzichè pagare 89.000 euro direttamente a favore della Fineco Factoring - unico ed effettivo creditore (vedremo poi il perchè) - ha versato 89.000 euro direttamente sul conto corrente della ditta appaltatrice (poi fallita), conto corrente in essere presso la Banca Cassa Padana.

Quali le conseguenze di questa operazione?
a)La ditta appaltatrice ha ricevuto un pagamento di 89.000 euro emesso dal Comune di Passirano, pagamento che però non doveva essere eseguito a suo favore, ma a favore della Fineco Factoring;

b)nonostante l'errore, il Comune di Passirano lascia trascorrere 14 mesi prima di richiedere alla ditta appaltatrice il riversamento a favore del Comune della somma indebitamente percepita (questo è quanto riporta la delibera di Giunta n° 115 del 12.12.2007) ;

c)non essendo mai rientrato in possesso della somma erroneamente pagata, il Comune di Passirano, dal lontano settembre 2003, vanta un credito di 89.000 euro nei confronti della ditta appaltatrice;

d)la ditta appaltatrice viene dichiarata fallita dal Tribunale di Brescia l'8 giugno del 2005;

e)a causa di quel fallimento, probabilmente il Comune di Passirano non riuscirà a recuperare gli 89.000 euro, tanto più che - salvo errori - il Comune dovrebbe essere stato inserito tra i creditori non privilegiati del fallimento;

f)la Fineco Factoring - ripetiamo, unico ed effettivo creditore - ad oggi non ha ancora incassato gli 89.000 euro dal Comune di Passirano. Come anticipato in premessa, però l'importo che ora Fineco esige dal Comune di Passirano è di 134.720 euro (ovvero 260 milioni delle vecchie lire), somma che riguarda sia il 5° (di 89.603 euro) che il 6° (di 45.117 euro) pagamento dei lavori di ristrutturazione dell'ex casa del fascio. A riferirlo è sempre la delibera di Giunta n° 155 del 12.12.2007.




4 - La cessione dei crediti
Cosa è la cessione dei crediti? Si tratta di un contratto bilaterale mediante il quale una banca, o una finanziaria, anticipa delle somme al proprio cliente a fronte della presentazione, da parte di quest'ultimo, di documenti che attestino l'esistenza di crediti verso terzi, presenti o futuri (ad esempio, fatture, contratti o altri documenti di credito). Con questa operazione, nella sostanza, la banca, o la finanziaria, anticipa i crediti che il proprio cliente vanta nei confronti di un terzo.

Ma cosa c'entra la cessione del credito in tutta questa vicenda? Se ne deve parlare perchè la ditta appaltatrice, che ha lavorato alla ristrutturazione dell'ex casa del fascio di Passirano, è ricorsa a questo tipo di finanziamento, che le è stato concesso da Fineco Factoring.

Ecco spiegato perchè, come già anticipato, Fineco Factoring è l'unico ed effettivo creditore del Comune di Passirano. Quale è la data in cui avviene la cessione del credito? Il 20 febbraio 2002, quindi prima che la ditta appaltatrice iniziasse i lavori di ristrutturazione dell'ex casa del fascio (cominciati, come abbiamo visto, a marzo 2002). L'atto notarile di cessione del credito - stipulato a Brescia, presso il notaio Biondi - viene registrato il 28 febbraio 2002.


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A questo punto apriamo una piccola parentesi per rilevare l'evidente contrasto tra l'atto notarile di cessione del credito del 2002 - atto la cui esistenza viene confermata dalla delibera di Giunta del Comune di Passirano n° 115 del 12.12.2007 - e quanto scritto nell'articolo del Giornale di Brescia del 20 dicembre 2007 (per leggerlo clicca qui), in cui si riportano le dichiarazioni del Sindaco e dell'Assessore al Bilancio di Passirano, rese a proposito dell'errato pagamento di 90.000 euro.

In quell'articolo, infatti, si scrive testualmente: "L'errore umano, la cui entità si aggira sui 90.000 euro, ha portato a versare il 5° stralcio dei pagamenti per i lavori effettuati alla banca d'appoggio indicata in fattura, e non alla finanziaria successivamente incaricata della riscossione dei crediti".

Proviamo a porci alcune domande:
a)
perchè in quell'articolo si scrive di finanziaria incaricata della riscossione dei crediti, e non di finanziaria alla quale è stato ceduto il credito?

b)perchè si sostiene che la finanziaria è stata incaricata successivamente, se la cessione del credito, atto pubblico che è stato redatto davanti a un notaio, precede di oltre 18 mesi l'errato pagamento da parte del Comune di Passirano?

c)perchè questa personalissima interpretazione dei fatti?

d)queste "mezze verità" sono da imputare al corrispondente del Giornale di Brescia che ha nuovamente frainteso - e sarebbe la seconda volta consecutiva - le dichiarazioni rese da Sindaco ed Assessore al Bilancio?


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Ritornando ora alla cessione notarile del febbraio 2002, va segnalato che quell'operazione ha immediatamente prodotto per il Comune di Passirano l'obbligo di effettuare tutti i pagamenti derivanti dalla ristrutturazione dell'ex casa del fascio solo e direttamente alla Fineco Factoring. In altri termini, la ditta appaltatrice - già dal febbraio 2002, una volta perfezionata l'operazione di cessione del credito con Fineco Factoring - non aveva più alcun diritto di richiedere al Comune di Passirano versamenti a proprio favore per i lavori da eseguire all'ex casa del fascio.

Ma se la cessione dei crediti - come abbiamo visto - è un contratto bilaterale che si conclude con il solo accordo tra cedente (ditta appaltatrice) e cessionario (Fineco Factoring), come poteva il Comune di Passirano essere a conoscenza di quell'operazione? Visto che il trasferimento del diritto di credito dalla ditta appaltatrice alla Fineco Factoring è stato stipulato con atto notarile, l'avvenuta cessione è stata sicuramente notificata al Comune di Passirano.

O, altra ipotesi, il Comune di Passirano potrebbe aver autorizzato la ditta appaltatrice a ricorrere alla cessione del credito (ritorneremo più avanti sul tema dell'autorizzazione).

Premesso che la delibera di Giunta n° 115 del 12 dicembre 2007 conferma che il Comune di Passirano ha effettuato i primi 4 acconti relativi ai lavori all'ex casa del fascio direttamente a Fineco Factoring, era del tutto ovvio attendersi che anche il beneficiario del pagamento del 5° acconto di 89.000 euro dovesse essere solo e soltanto la stessa Fineco Factoring. E questo indipendentemente da qualsiasi eventuale altra indicazione riportata nelle fatture emesse dalla ditta appaltatrice.

Ma se la nostra interpretazione è corretta, allora non si comprende appieno il senso della già citata delibera di Giunta n° 76 del 21 giugno 2005, che riportando "... la somma di 89.603,23 euro a titolo di 5° Stato Avanzamento Lavori per la ristrutturazione dell'immobile denominato Ex-casa del Fascio è stata liquidata, come da richiesta, formalmente indicata in fattura dal Sig. T.S., e pagata alla Banca Cassa Padana filiale di Castelletto di Leno anziché alla Fineco Factoring Spa, ora Capitalia L&F Spa, come da comunicazione prot. 4603 del 18/05/05", lascia intendere che il Comune di Passirano, in quell'occasione, non abbia fatto altro che operare secondo le disposizioni impartite dalla ditta appaltatrice.


5 - Clausola mancante, o autorizzazione concessa dal Comune?
A questo punto il (preoccupato?) contribuente di Passirano si starà chiedendo: il Comune di Passirano poteva evitare in qualche modo di ritrovarsi impelagato in un ginepraio fatto di cessioni a factor, atti notarili, notifiche di cessione, autorizzazioni alla cessione, fatture presentate con errate indicazioni, pagamenti non dovuti, dichiarazioni di fallimento, ricorso ad avvocati, richieste di insinuazioni nel passivo fallimentare, elemento quest'ultimo che potrebbe costare al Comune decine di migliaia di euro?

Per rispondere a questa legittima curiosità è interessante analizzare il contenuto dei capitolati d'appalto di alcuni enti locali (per chi lo volesse, i testi sono facilmente reperibili su internet), all'interno dei quali si trova frequentemente una dicitura uguale, o simile, alla seguente: "E' vietato cedere in tutto o in parte i crediti derivanti dall'avvenuta esecuzione dei servizi previsti in contratto, senza l'espressa autorizzazione preventiva dell'Amministrazione appaltante".

A conferma di quanto ora affermato, si deve tener presente che lo stesso articolo 6 del bando di gara del dicembre 2007 - che riguarda l'affidamento dei servizi di gestione globale della biblioteca, indetto proprio dal Comune di Passirano - prevede che "... non è ammessa la cessione del credito senza la preventiva autorizzazione di questa Amministrazione". Questo cosa significa? Semplicemente che il Comune di Passirano, in occasione del bando di gara del dicembre 2007, si è riservato la facoltà di concedere alla ditta appaltatrice la possibilità di cedere il credito derivante dall'appalto in oggetto.

Eccoci così arrivati al punto nodale della questione:
la cessione del credito è un evento che la pubblica amministrazione, se vuole, probabilmente può evitare. Abbiamo già visto come: inserendo nel contratto di appalto una clausola ad hoc.


Se così fosse, bisognerebbe prendere atto che, contrariamente a quanto avvenuto a dicembre 2007, nell'appalto del 2002 il Comune di Passirano o non ha inserito quella clausola, o se l'ha prevista, ha espressamente autorizzato la ditta appaltatrice a cedere il credito.

Tra le due ipotesi, la seconda sembra la più verosimile, visto che la delibera di Giunta n° 115 del 12 dicembre 2007 riporta quanto segue: " ... sussiste una responsabilità di tipo amministrativo-contabile di taluni soggetti [...] in quanto gli stessi, in considerazione della intervenuta ed autorizzata cessione del credito [...]". Cosa altro potrebbe significare quel termine "autorizzata", se non che il Comune di Passirano nel 2002 ha consentito che la ditta appaltatrice cedesse il credito derivante dai lavori all'ex casa del fascio a Fineco Factoring?




6 - Le domande
A questo punto alcune domande, partendo dalle più scontate:

a)perchè il capitolato d'appalto dell'ex casa del fascio del 2002 ha consentito che la ditta appaltatrice cedesse il credito senza essere preventivamente autorizzata dal Comune di Passirano?

b)se invece - come sembra - quella clausola fosse stata prevista anche nel capitolato del 2002, quali sono le motivazioni che hanno convinto il Comune di Passirano ad autorizzare la ditta appaltatrice alla cessione del credito, operazione di finanziamento che è stata richiesta addirittura prima di iniziare i lavori?

c)perchè a fronte di un errato pagamento di 90.000 euro, sia la Giunta Zinelli che la Giunta Gerardini non ritengono di dover informare dell'accaduto il Consiglio Comunale, ma confinano la notizia nel blindato perimetro del "palazzo" fino a novembre 2007, gestendola ed amministrandola nel frattempo come se si trattasse di una questione privata ed irrilevante?

d)perchè Sindaco e Giunta (attuali e precedenti) non hanno mai ravvisato la necessità di fornire ai cittadini e al Consiglio Comunale informazioni dettagliate su un'opera pubblica che potrebbe costare 700-800.000 euro (non esattamente un'inezia, quindi), e i cui lavori si stanno trascinando da quasi 6 anni?

e)cosa pensano i Revisori Contabili del Comune di Passirano di come è stata gestita la vicenda dell'errato pagamento di 90.000 euro?

f)i cittadini di Passirano devono essere particolarmente felici ed orgogliosi di come i loro Amministratori (ex ed attuali) hanno gestito e stanno gestendo le risorse finanziarie della loro comunità?

g)c'è qualcuno tra i nostri Amministratori (attuali o ex) che sente il dovere di assumersi la responsabilità politica di quanto è avvenuto?



7 - La proposta
Come abbiamo visto, la vicenda è abbastanza singolare e complicata. Il che giustifica l'ampio ricorso ai condizionali, precauzione dettata dalla consapevolezza che, nonostante l'attendibilità delle fonti, non è da escludersi che da parte nostra siano state mal interpretate alcune tessere che compongono l'articolato mosaico dell'ex casa del fascio.

Ma proprio a causa delle oggettive difficoltà di ricostruzione e di lettura della lunga vicenda dell'ex casa del fascio,
proponiamo ai nostri amministratori comunali di istituire immediatamente una commissione consigliare
- composta ovviamente anche da rappresentanti delle minoranze - che faccia luce sulle eventuali responsabilità dell'errato pagamento, ma soprattuttto sugli effettivi costi di quest'opera pubblica.

Commissione che poi, al massimo entro marzo 2008, riferirà i risultati dell'indagine durante un Consiglio Comunale aperto.


L'incubo sul Bel Paese

L’incubo dei capannoni incombe sul Bel Paese: ecco l’assalto dei veri “ecomostri" - Stralcio di un editoriale di Luca Bellincioni



Nel contesto di generale, repentino ed inarrestabile degrado del paesaggio rurale italiano, chiunque avrà notato come negli ultimi anni vi sia stata una proliferazione enorme di capannoni nelle campagne. Rigorosamente in cemento e quasi sempre bianchi, ad altissimo impatto ambientale, visibili sin da enormi distanze, i capannoni ormai spiccano non solo lungo le arterie principali, ma anche lungo le strade di campagna, in zone insospettabili, talvolta praticamente intatte. Tali mostruose costruzioni, contro le quali finora è stato detto troppo poco e fatto praticamente nulla, sorgono solitamente per ospitare attività artigianali, industriali e commerciali. Il problema è che stanno diffondendo senza alcun criterio e, a causa della loro scadente qualità estetico-architettonico, rischiano di compromettere quel che resta del nostro paesaggio agricolo e naturale.

Il problema ormai riguarda l’Italia intera, un’Italia involuta e culturalmente in declino, tornata a soggiacere ciecamente al miraggio di uno “sviluppo” indefinito ed indefinibile, da ottenersi ad ogni costo, a discapito di tutto e tutti; di uno “sviluppo” e di una “modernizzazione” che a livello politico nazionale paiono essere ormai soltanto un’improvvisazione, mentre a livello locale un semplice strumento per accontentare piccole o grandi lobbies edilizie e industriali e di conseguenza mantenere il potere amministrativo. Ma i capannoni che ormai falcidiamo ovunque il nostro territorio non sono figli solo di questa improvvisazione e di questo declino culturale, ma anche di precisi errori politici. [...]

Per quanto riguarda l’edificazione di strutture atte a contenere attività produttive, almeno nelle campagne non sarebbe così impensabile ed inconcepibile obbligare i costruttori e i committenti al rispetto di una certa tipologia di forme (o addirittura di materiali) il più possibile compatibile con le caratteristiche del paesaggio circostante, ad esempio provvedendo ad una copertura a capriate (con colori che si rifacciano a quelli delle strutture tradizionali) al posto del solito tetto piatto, assolutamente assurdo e spregevole dal punto di vista dell’estetica architettonica ad esempio nelle zone di montagna o di collina, o nelle campagne mosse e ondulate.

Sarebbe così impossibile cercare di adeguare queste nuove strutture (e comunque da edificarsi sempre e soltanto - per inciso - qualora esse rispondano realmente alle necessità di un’azienda e non a quelle della mera ed ignobile e squallida speculazione edilizia) all’estetica delle strutture produttive tradizionali, come ad esempio, per rimanere ai paesaggi di campagna, i casolari o le case coloniche? Sarebbe, insomma, così improponibile cercare di dare dignità estetica alle “strutture produttive” come accadeva del resto fino a non molti anni fa? In passato ciò avveniva normalmente, tant’è che in molti luoghi si possono osservare veri propri gioielli di “archeologia industriale” otto-novecentesca.

Tuttavia, da un lato c’è sicuramente la volontà di risparmiare, visto che i moderni capannoni (spesso si tratta di semi-prefabbricati) costano molto meno di una struttura adeguata a determinati canoni di forme, colori e materiali; dall’altro, però, c’è anche un eloquente declino culturale nel mondo dell’architettura contemporanea, soprattutto italiana, che non sa più dare risposte concrete alla necessità, ormai sempre più impellente e sentita da una grossa fetta della popolazione, di conservazione del paesaggio e dell’ambiente naturale e non sa più trovare – per la prima volta nella storia dell’umanità – espressioni che siano in qualche modo armoniche nei confronti della natura.

Accecati dal mito della “città infinita” e dell’”architettura spettacolo” [...] ormai gli architetti non sanno più produrre qualcosa che non sia o pavoneggiamento personale, o ecomostro o edilizia spazzatura. E’ questa ancora l’Italia dei benedettini e dei cistercensi, di Michelangelo, Giotto, Brunelleschi, Vignola, Bernini e Bramante? E’ ancora questa l’Italia culla della civiltà, del genio, della cultura e dell’arte? E cosa ne sarà del “Bel Paese”? [...]


Lo “urban sprawl”, il caos urbanistico di villettopoli, capannoni e periferie può davvero sostituire positivamente il nostro meraviglioso paesaggio agricolo (che ricordiamolo non è soltanto bello, ma produce i nostri beni di PRIMA NECESSITA’) e vieppiù il nostro ambiente naturale, cosa che – continuando così - nel giro di vent’anni potrebbe accadere? [...]

Del resto, se ogni comune pretende di costruirsi la propria area artigianale e industriale, o di dare avvio a lottizzazioni selvagge, come se il proprio territorio fosse un compartimento stagno (da sfruttare fino all’osso) e non parte di un insieme più grande cui esso è indissolubilmente legato, resterà assai poco dell’ambiente naturale e del paesaggio agricolo: altro che pianificazione territoriale…

Espressione del più basso livello mai raggiunto dall’architettura di ogni tempo, pura “edilizia-spazzatura”, ormai di capannoni se ne vedono praticamente ovunque, e non solo più nelle aree destinate ad attività produttive ma anche in piena campagna, e spesso in aree di grande pregio paesaggistico e ambientale. E ciò probabilmente non è un caso poiché tali interventi preludono a successive opere di urbanizzazioni e quasi sempre a successive concessioni edilizie di tipo residenziale. Sicché il consumo di suolo, territorio e paesaggio, che codeste installazioni producono, pare proprio concepito “ad arte” da “superiori" interessi speculativi al fine modificare i piani paesistici (laddove presenti) e di guadagnare nuove aree edificabili.[...]

domenica 6 gennaio 2008

Chi toglierà le castagne dal fuoco?

Articolo di BresciaOggi del 06 gennaio 2008.
Un Paese smarrito e l’incognita di uno scossone


Ad ogni fine d'anno tiriamo grandi somme, enunciamo grandi propositi e annunciamo grandi programmi. Il nuovo sarà diverso, e diversi, e migliori, saremo noi. Non commetteremo più tanti errori, o non quanti ne abbiamo commessi. Deporremo le ambizioni sbagliate e punteremo a traguardi più alti e nobili. I partiti di una coalizione s'impegneranno a esserle fedeli e sempre più schierati contro l'avversario politico e i suoi alleati. Il capo del governo, chiunque sia - di destra, di sinistra, di centro, di sopra, di sotto - proclamerà che l'emergenza ce la siamo lasciata alle spalle. I tempi nuovi saranno forieri di quelle riforme di struttura (espressione sempre di moda) che cambieranno il volto del Paese. Il capo dell'opposizione ripeterà quel che ha già detto e stradetto: che l'esecutivo in carica se ne deve andare prima che sia troppo tardi, prima che il Paese, già in crisi, vada in tocchi. La musica non sarà più la stessa.


Parole, parole, parole. Perché tutto resterà come prima e, forse, rebus sic stantibus, sarà peggio di prima.Non perdo occasioni di fare dichiarazioni d'amore all'Italia che, con le sue infinite magagne, sempre emendabili e mai emendate, non baratterei con nessun altro lido al mondo. È la mia terra, è la mia patria, ma questo non toglie che tante cose non funzionano. O non funzionano come dovrebbero. Non funzionano anche per colpa nostra, ma noi, noi cittadini, nel bene e nel male, abbiamo in mano una sola carta, possiamo esercitare un solo diritto: quello di voto.Mi direte che non è una carta da poco, che non è un diritto da sottovalutare. Ma se nelle urne abbiamo fatto una scelta sbagliata, quella opposta non lo sarebbe stata meno. Abbiamo votato per i partiti e le coalizioni in cui avevamo più fiducia: l'Unione progressista o la Casa delle libertà moderata. E' andata com'è andata. E com'è andata lo constatiamo de visu.


L'Italia che ci siamo appena lasciati alle spalle è stata peggiore della precedente. E tutto lascia supporre, e temere, che quella che si è appena inaugurata non sarà migliore.Io non amo dare consigli, come non amo riceverne. I consigli ognuno dovrebbe tenerli per sé. I consigli non servono. Servono solo gli esempi. Ma esempi non ne dà nessuno perché tutti si aspettano che gli altri facciano il loro dovere. E gli altri si aspettano che lo facciamo noi. Ed è una delusione per entrambi.Eppure in questo Stivale a brandelli, in questo Paese che vive alla giornata, non si può più stare con le mani in mano. Le castagne nel fuoco le abbiamo messe noi (e negli ultimi vent'anni, forse anche trenta, ne abbiamo messe tante, troppe). Ora tocca a noi, e a noi soltanto, tirarle fuori. Ma nessuno le vuole tirare fuori perché le castagne scottano.


Consigli non ne do, ma qualche considerazione lasciatemela fare. Perché viviamo un momento così difficile e amaro? Perché l'Italia di oggi è più ingovernabile di quella di ieri, e quella di domani, se la musica non cambia, ci farà rimpiangere l'attuale? Perché le chiacchiere - come dicono a Roma - stanno a zero. Qui non è più questione di idee o d'ideologie. Idee in giro ce ne sono poche e le ideologie, che saranno anche delle truffe, ma vincolano a una certa coerenza, sono morte e sepolte. E così ci troviamo senza punti di riferimento, senza paragoni, senza obiettivi da raggiungere. Non crediamo più in nulla perché abbiamo perso ogni fiducia. Quella in chi ci rappresenta e, ciò che più conta, ed è anche peggio, in noi stessi. Ci è venuta meno la forza di reagire. E, infatti, tiriamo a campare. Fino a quando, non lo so. Ci vorrebbe uno choc, un'emergenza che ci scuotesse dall'inerzia in cui siamo piombati, Staremo a vedere. Ma, forse, se qualcosa succederà, sarà meglio chiudere gli occhi.


sabato 5 gennaio 2008

Il paradosso del consumo di territorio

"I piani paesaggistici: il caso della Sardegna“. Stralcio dell’intervento al Convegno del Fai di Assisi di Gian Valerio Sanna - 18 dicembre 2007


Si sono succeduti nella cultura tecnica e anche istituzionale diverse generazioni concettuali del paesaggio ma oggi per la condizione del mondo, il paesaggio non è più, percezione, bellezza, estetica, ma è un insieme di valori che mettono in gioco direttamente la dimensione della vita degli uomini e la loro qualità di vita, e che solo per questo rappresentano la cornice di una visione economica ed economicistica dei modelli di sviluppo. […]

Nella legislazione dello Stato la pianificazione paesaggistica deve essere sovraordinata a qualunque altra disciplina, sia essa urbanistica sia essa ambientale, ed è un punto essenziale e strategico della programmazione dei modelli di sviluppo economico. Perché se non si fa questo, la debolezza nella quale si troveranno le Regioni, sarà tale che oggettivamente la globalizzazione, le dinamiche dei mercati, la modernizzazione, renderanno sempre più labili i livelli delle regole e delle discipline perché competizione e interessi sono assai più forti delle regole e invece bisogna saper serrare le fila di quei principi che sono parte integrante di un patrimonio culturale universale della nostra esperienza costituzionale.

Dal 2000 la convenzione europea del paesaggio ci dice la stessa cosa: il territorio va utilizzato non solo per la trasformazione al servizio del progresso economico, ma ci dice che qualunque cosa la puoi fare solo se è sostenibile, e ciò significa prima di tutto tenere conto che vi è la componente umana dentro questo gioco dell'economia e anche ciò che appartiene, o dovrebbe appartenere, alla cultura della politica e delle istituzioni, ovvero la capacità di contenere nelle proprie decisioni, ogni giorno, quel principio di lungimiranza che ci consente di assumere decisioni oggi nella prospettiva della tutela del domani, cosa che non avviene quasi mai. […]

Serve urgentemente costruire una unione operativa su base regionale, fra funzioni delle sovrintendenze e funzioni delle Regioni, perseguendo l'oggettività di una tutela che si basa appunto sull'analisi di un assetto ambientale, con tutti i suoi valori ambientali e naturalistici, un assetto storico culturale, che ha consentito per esempio alla Sardegna in questa prima fase di censire oltre 20.000 beni culturali, tra beni culturali che già conosceva lo Stato e altri beni identitari da noi identificati perché utili a integrare quel giacimento culturale che abbiamo voluto sottoporre ad una disciplina specifica.

Un altro aspetto dell’analisi è stato l'aspetto insediativo perché la pianificazione paesaggistica deve anche darsi ragione di quali sono le dinamiche demografiche registrate […] Abbiamo impedito con una regola precisa la costruzione delle residenze nella campagna, la residenza infatti nasce nella comunità che è il luogo delle relazioni di solidarietà, ed è lì che si deve risiedere e non disseminando la campagna di case, perché il paesaggio rurale, lo abbiamo riconosciuto: è un valore da tutelare finalizzato anche al suo utilizzo per l’agricoltura. […]

Abbiamo inciso sull’annoso problema dell’ICI, perché pensiamo che o tagliamo prima o poi il legame fra finanziamenti degli Enti locali e sistema immobiliare, o non usciamo da questo sistema in base al quale per fare cassa bisogna costruire, e allora mentre lo Stato fa la sua parte, noi abbiamo fatto la nostra e coerentemente con i nostri principi, abbiamo deciso di aumentare del 43 per cento i trasferimenti ordinari agli enti locali per il loro funzionamento, perché non debbano essere costretti a tassare o incentivare lottizzazioni e occupazione indebita del territorio per esercitare le loro funzioni. […]

Abbiamo chiesto a Rutelli di venire in Sardegna e siglare un'intesa, abbiamo dunque affermato un'intesa nella quale la Regione si impegna a proseguire il completamento della pianificazione paesaggistica seguendo il dettato del Codice Urbani e con la prescrizione che la Regione non potrà modificare il Piano paesaggistico se non attraverso il consenso e l’intesa del Governo e del Ministero ed è questo l'unico modo, ad oggi, per portare fuori dalle lotte politiche, dalla demagogia delle fazioni politiche uno strumento così importante.

Noi sappiamo che la tutela del paesaggio richiede una componente indispensabile, che è quella della partecipazione popolare dei cittadini alla tutela dei beni collettivi, e la vasta organizzazione sociale credo che possa dare l'esempio così come tante altre organizzazioni sensibili alle tematiche dell’ambiente e che qualche volta disperderanno le proprie energie in aspetti troppo settoriali, e che invece dovranno avere una visione più aperta intorno a questo problema. Il mondo ci chiede di guardare alle complessità e non alle questioni corporative. […]

La Sardegna deve prendere atto che nel 2005 registrava un prodotto interno lordo così conformato, il 3% all'agricoltura, il 7% al turismo e l'11% all'industria, grazie alla SARAS, tra l'altro tutto il resto era terziario però vi era una voce che primeggiava: l'edilizia il cui valore ammontava al 22% del Pil.

Quindi, lo strumento che deve implementare i settori primari dello sviluppo è al primo posto rispetto ai settori che sono gli obiettivi prioritari dello sviluppo.
Ecco il paradosso: la regola del consumo indiscriminato di territorio senza che questo realizzi prospettive di crescita!


giovedì 3 gennaio 2008

La casta

Articolo di BresciaOggi pubblicato mercoledì 02 gennaio 2008.

"Superato il milione di copie - La casta, il via ad un nuovo filone editoriale"


Ha ormai superato abbondantemente il milione di copie e in pratica ha inaugurato un nuovo filone editoriale: La casta (Rizzoli), firmato dai due giornalisti del Corriere della Sera Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, è stata la rivelazione dell’anno che si è appena chiuso. Un titolo geniale diventato un modo di definire una classe politica mai così lontana dai cittadini tanto da scatenare un movimento antipolitico di cui Beppe Grillo è diventato uno dei protagonisti.Una inchiesta da manuale sugli sprechi della politica che venne presentata dalla stessa Rizzoli in maniera forte: «Aerei di Stato che volano 37 ore al giorno, pronti al decollo per portare Sua Eccellenza anche a una festa a Parigi. Palazzi parlamentari presi in affitto a peso d’oro da scuderie di cavalli. Finanziamenti pubblici quadruplicati rispetto a quando furono aboliti dal referendum. "Rimborsi" elettorali 180 volte più alti delle spese sostenute».

Ma in cosa consiste la casta? «Nel merito nessuno risponde - spiegava Stella a Radio Radicale - l’essere casta consiste in questo. E nel non curarsi neppure più delle critiche. C’è la convinzione che sia un attacco alla democrazia, ad esempio, chiedere come sia possibile che Bassolino abbia avuto nel 2004 un fondo spese per la rappresentanza dodici volte più alto di quello del presidente della Repubblica tedesco. Io mi chiedo se questo sia un modo serio di rispondere in un dibattito. Accusando chi fa inchieste di qualunquismo e demagogia. Come se fossero i giornalisti ad allontanare la gente dalla politica semplicemente denunciando questi atteggiamenti parassitari».

Insomma, Stella e Rizzo hanno fatto da apripista perché nel solco da loro tracciato si collocano altri libri-denuncia su un certo modo di fare politica in Italia: ecco così Sprecopoli, scritto per Mondadori da Mario Cervi e Nicola Porro. Anche in questo caso, sottolineano gli autori sin dalle prime battute, «lo scandalo è sotto gli occhi di tutti»: per finanziare «una politica costosa e senza progetto», portata avanti da un esercito di 179 mila eletti (dati Confindustria), i cittadini italiani spendono ogni anno ben quattro miliardi.È stata poi la volta di Antonello Caporale, giornalista della Repubblica, che ha voluto pure lui toccare con mano l’Italia degli sprechi e dare alle stampe Impuniti. Storie di un sistema incapace, sprecone e felice (Baldini Castoldi Dalai Editore).

Milena Gabanelli firma invece Cara politica. Come abbiamo toccato il fondo, cofanetto Bur composto da un libro e da un dvd con quattro inchieste realizzate per «Report». Il tema è ancora una volta quello dei costi «elevati e ingiustificati» della politica italiana.E spunta anche la casta dei giornali e quella dei giornalisti contro la quale si è scagliato Grillo il quale ha già annunciato un nuovo V-Day, questa volta sull’informazione. La casta dei giornali è il titolo di un libro firmato da Beppe Lopez (coedizione Stampa Alternativa - Eri Rai). Un pamphlet che affronta il problema del finanziamento statale dei giornali, circa 700 milioni di euro in un anno. Una somma - spiega il libro - che finisce, sotto forma di contributi diretti o indiretti, nelle casse di grandi gruppi editoriali, organi di partito, cooperative, giornali ma anche - è la denuncia di Lopez - di finti giornali e «movimenti» o di cooperative fasulle.


mercoledì 2 gennaio 2008

La difesa del paesaggio in 5 mosse

Di seguito riportiamo lo stralcio di un articolo di Vittorio Emiliani



[...] Francesco Rutelli, attaccando Villettopoli e quella che viene definita “architettura geometrile”, ha voluto in realtà porre sotto accusa un sistema di sviluppo edilizio diffuso, di qualità mediocrissima, che sta consumando, anzi divorando il paesaggio italiano più bello e integro, dovunque. Allora però il ministro per il Beni e le Attività culturali (visto che il ministro per la Tutela dell’Ambiente a questi problemi sembra poco interessato: batti un colpo, se ci sei, Pecoraro Scanio!) dovrebbe fornire alcune rassicurazioni di fondo. Lui e il governo di cui fa parte.

a) il Codice per il Paesaggio, di cui si occupa la commissione Settis, non allenti, ma semmai stringa, le maglie della co-pianificazione Stato-Regioni rendendo i piani paesaggistici prescrittivi e non soltanto “di indirizzo”, indicativi insomma, per i Comuni, restituendo invece un ruolo autorevole alle Direzioni regionali e alle Soprintendenze territoriali di settore con qualche significativo intervento positivo sugli organici del tutto insufficienti;

b) il Ministero dei Beni Ambientali e Culturali non si lanci in accordi con le singole Regioni, che sviluppino quella linea di federalismo che porta alla distruzione di quel po’ di Stato residuo, e quindi di visione generale degli interessi del Paese, come prescrive tuttora (speriamo) l’articolo 9 della Costituzione: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Della Nazione, sia chiaro. Le recenti proposte in merito della Regione Lombardia vanno quindi lasciate dove stanno: accoglierle o trattare al ribasso sarebbe follia.

c) il Ministero prescriva alle Regioni di attenersi alle sentenze, ormai numerose, della Corte Costituzionale, in base alle quali viene ribadita la sovraordinazione nella attività pianificatoria delle Regioni sulle Province e di queste ultime sui Comuni, e quindi non praticabile la sub-delega ai Comuni della tutela paesaggistica, come avviene, ad esempio, in Toscana. Con una equiordinazione meccanica e coi disastri che sappiamo, avendo i Comuni una visione tutta “municipale” che li porta a privilegiare l’edilizia, l’Ici, gli oneri di urbanizzazione e quant’altro è subito spendibile per turare i buchi di bilancio, sacrificando il paesaggio, ritenuto un valore del tutto secondario. Le sub-deleghe alla tutela dalle Regioni ai Comuni erano già state fortemente criticate dall’allora ministro Giovanna Melandri alla Conferenza Nazionale per il Paesaggio. Basta rileggersi quegli utili testi.

d) Il governo ripristini in Finanziaria il dispositivo della legge Bucalossi la quale vietava di utilizzare per la spesa corrente gli introiti da concessione edilizia (consentiti soltanto per spese di investimento), norma poi sciaguratamente cancellata. [...] In questa forma i Comuni, per evitare un ulteriore indebitamento, scaricano la loro bancarotta sul paesaggio. Per sempre.

e) Infine, il governo dia subito attuazione a quella parte del suo programma nella quale si propone – vista la disperante situazione italiana - un incisivo risparmio nel consumo di suoli liberi (spesso agricoli) alla maniera della Germania Federale (legge Merkel del 1998) o alla maniera del Regno Unito (legge Blair ispirata da Richard Rogers, del 2001) dove il 70 per cento delle nuove costruzioni deve sorgere su aree già edificate o comunque ex aree industriali e soltanto il 30 per cento su suoli liberi. Va recuperato il ddl De Petris per il paesaggio agrario. Va valorizzato il Patto del Chianti che prevede il bilanciamento fra terreni persi e terreni ricostituiti.

Ho appena parlato bene di una situazione toscana e di altre vorrei parlare – come mi chiede il tenace e ciarliero assessore regionale alla “buona urbanistica” Riccardo Conti. Purtroppo non me ne offre molti motivi. La Toscana non è certo il peggio d’Italia, l’abbiamo detto e ripetuto fino alla noia, ma, essendo stata resa bellissima per mano dei suoi contadini, mezzadri, proprietari, artieri, artisti, in epoca storica, è pure la più esposta a rampogne, nostre e altrui. E purtroppo, che nella regione più ammirata d’Italia sono nati 162 Comitati di protesta, che la magistratura si è mossa già più volte, che il paesaggio appare, a occhio nudo, in più punti ferito, son tutti fatti di cronaca, molto concreti. Nell’articolo uscito ieri su questo giornale Conti contrappone i dati sul consumo di suolo, certo consolanti, ricavati dal satellite, dati diversi da quelli più volte da me esposti e che però provengono dalle metodiche rilevazioni dell’Istat e dei suoi Annuari. Rilevazioni ufficiali, ufficialissime. Come la cartina, pure Istat, sulla densità di popolazione, che certo in Toscana, soprattutto in alta collina e nella spopolata Maremma, risulta più bassa. Come lungo la dorsale appenninica, come fra Emilia e Liguria, o all’interno di Sardegna e Basilicata. Ma nell’area fra Firenze, la Versilia, Livorno e Pisa distinguere fra città e campagna è sempre più arduo. Non per caso, nei permessi di costruzione (ultimo dato, 2003), la Toscana risulta al sesto posto, mentre è al nono posto per popolazione con una crescita modestissima nell’ultimo trentennio (+1,0 per cento). L’assessore ammette pure – fatto importantissimo - che i Comuni toscani considerano restrittivo ed eccessivamente “conservatore” il Piano di Indirizzo Territoriale appena varato in Regione. E poi però è continua ad affidare a quegli stessi Comuni (che vogliono più cemento) la tutela del paesaggio. Strane contorsioni dialettiche dalle quali, alla fine, il Bel Paese esce a pezzi.

In conclusione, al ministro Rutelli diciamo che, se desse attuazione ai punti sopraindicati, ci farebbe compiere i primi importanti, seri passi avanti [...] avviando verso la salvezza un Paese che per ora sembra lanciato, di corsa, e in cambio di un’edilizia speculativa e d’attacco, all’autodistruzione. Anche turistica. Ma che colossale stupidità.