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martedì 30 ottobre 2007

Il link alla lista "Insieme per Passirano"


Tra i siti e i blog di interesse locale che abbiamo segnalato e "linkato" sul nostro blog c'è anche quello della lista "Insieme per Passirano", che ha vinto le elezioni comunali del 2004.

Da qualche giorno a questa parte, però, chi si collega al sito www.insiemeperpassirano.it/ può visualizzare solo ed esclusivamente la home page e l'indirizzo e-mail. l visitatori del sito, infatti, non hanno più accesso alle pagine dedicate alla presentazione della lista, nè a quelle che riportavano in dettaglio l'intero programma elettorale.

Nessuna informazione viene fornita al visitatore sui motivi della rimozione delle altre pagine. La solitaria e un pò instristita home page, oltre al logo, riporta unicamente lo slogan della lista "Insieme per Passirano" che recita "Partecipazione, Rinnovamento, Continuità nel Centrosinistra".


domenica 28 ottobre 2007

L'ancora di salvezza

Nel post I conti del comune non quadrano? Facciamo un polo scolastico! abbiamo detto delle difficoltà di reperire le risorse finanziarie necessarie per far fronte all’ipotetica realizzazione del nuovo polo scolastico. Progetto che però non sembra aver avuto un’accoglienza particolarmente entusiastica, e che, tra l'altro, non era nemmeno contemplato nel programma elettorale della lista "Insieme per Passirano" del 2004.

L'idea di accorpare in un’unica struttura edilizia tutte le scuole presenti nel nostro comune, offre tuttavia lo spunto per una riflessione che riguarda l’utilizzo improrio del territorio, a cui le amministrazioni ricorrono con troppa facilità per poter generare risorse economiche. E magari cercare di "salvarsi in corner".

Alcune considerazioni per cominciare.
La prima: come abbiamo riportato nel post Adesione alla Carta di Aalborg da parte del Comune di Passirano, è utile ricordare che con delibera di Giunta n° 14 del febbraio 2005 questa stessa Amministrazione ha deciso di aderire alla Carta di Aalborg, documento condiviso dalle città che promuovono lo sviluppo sostenibile del loro territorio. Ovvio che il significato di questa adesione deve essere elemento fondante delle politiche di sviluppo futuro della comunità, e non una mera dichiarazione di intenti fine a se stessa.

Seconda considerazione: la predisposizione e l’approvazione di un pessimo Piano Regolatore Generale (vedi anche il post Se il piano regolatore è sbagliato... ) ha allegramente consentito che sul territorio di Passirano in questi ultimi anni si edificassero un numero impressionante di nuove unità immobiliari, del tutto incompatibili con le reali necessità edificatorie della nostra comunità. Morale, si è costruito troppo e male (vedi anche il post Perchè, e per chi, si costruisce tanto? ).



Terza considerazione: nel ricordare che con il nuovo PGT potrebbe arrivare l'ennesima “ondata” di aree fabbricabili, meglio far presente a chi sta lavorando al PGT (ovviamente nell’ombra, vedi anche il post La partecipazione dei cittadini al PGT? Solo a parole. Come sempre.) che nel nostro comune ci molte stanze sfitte, decine di unità immobiliari invendute, e molte aree già rese edificabili dal vecchio PRG che attendono tempi migliori per essere …. cementificate. Oltre a questo, è ormai assodato che il mercato immobiliare nei prossimi anni sarà caratterizzato da una fase fortemente recessiva.



Pessimismo gratuito? No, perchè lo stesso programma elettorale della lista “Insieme per Passirano” riconosce che il nostro territorio è "entrato da anni nel mirino della speculazione edilizia". Per inciso, e molto velocemente, dobbiamo rilevare che gli stessi autori di quel programma elettorale, per difendersi dalla speculazione edilizia, non hanno trovato nulla di meglio da fare se non decretare la fine della commissione edilizia (vedi il post Dicembre 2001: soppressione della Commissione Edilizia di Passirano ) e cambiare 4-5 responsabili dell'ufficio Tecnico nell'arco di pochi anni.

Tornando al programma elettorale voluto dall'attuale Amministrazione comunale, a pagina 18 leggiamo che "... la salvaguardia del territorio rappresenta un punto programmatico essenziale." Il programma elettorale rileva inoltre che "... l'urbanizzazione selvaggia e di speculazione è ormai arrivata anche nel nostro Comune; è dunque giunto il momento di manifestare con chiarezza e determinazione la filosofia politica di cui il nostro gruppo si vuole rendere promotore". Per questo l'attuale Amministrazione si impegnava a "considerare il territorio non come un bene da sfruttare, bensì da salvaguardare: il territorio è un bene prezioso e su di esso si intrecciano i doveri dei cittadini di oggi con i diritti delle future generazioni".

Ma la di là delle promesse elettorali - davvero poco rispettate - cosa hanno potuto vedere i cittadini di Passirano in questi anni? Che molte aree, anche di grande pregio paesistico-ambientale, sono state "consumate" per soddisfare interessi di natura quasi esclusivamente speculativa, e ovviamente senza che la comunità ne traesse alcun vantaggio. Anzi.

Ritornando ora al "tormentone" polo scolastico, è chiaro che la sua realizzazione - per il momento ventilata solo dall'Assessore alla Pubblica Istruzione - significa dover reperire alcuni miliardi di vecchie lire, cifra di cui il nostro comune non dispone sicuramente, se è vero come è vero che a febbraio 2007 – pur di “far cassa” – i nostri Amministratori hanno deciso di cedere il diritto di superficie di tutte le aree di edilizia economica popolare (vedi il post Delibera del Consiglio Comunale per la trasformazione del diritto di superficie in proprietà).

Si tratta sicuramente di "finanza creativa" di natura straordinaria che però ha il pregio di far capire alla cittadinanza quali siano le effettive difficoltà del bilancio comunale. E allora, se questa è la situazione delle nostre casse, dove trovare i soldi per un progetto "faraonico" come il polo scolastico? Bisognerebbe girare la domanda a chi - contro ogni logica, e dopo aver utilizzato ingenti risorse soli pochi anni fa per la nuova scuola media e, ancor più recentemente, per la scuola elementare di Passirano - si ostina a volere il polo scolastico.

Dovendo però azzardare un'ipotesi, è probabile che solo la cementificazione di nuove aree, condita con qualche "robusta" operazione di urbanistica contrattata, sia la soluzione più facile per poter concretizzare l'idea del solo (per ora) Assessore alla Pubblica Istruzione. Qualcuno sostiene che, però, parte dei fondi si potrebbero trarre dall’alienazione degli immobili in cui attualmente hanno sede le varie scuole del nostro comune.

Certo, ma questo comporterebbe la trasformazione in residenziale-commerciale e la vendita ai privati di tutti i volumi di edilizia scolastica esistenti, volumetria la cui entità complessiva non è sicuramente da sottovalutare. Ipotizzando che questa sia la soluzione, sarebbe interessante capire se il Piano di Governo del Territorio - nella definizione del reale fabbisogno di nuova edilizia - si sta ricordando dell'esistenza di questo "surplus" di volumi.

Considerato però che nessuno ad oggi ha notizie sul nuovo Piano del Governo del Territorio, deve essere chiaro che - anche per la necessità di trovare soldi per il polo scolastico - il rischio è di ritrovarci con un PGT che ripeta (in peggio) quanto è già accaduto con i precedenti (pessimi) PRG. Quanto del nostro territorio saremo costretti a sacrificare nuovamente? Come si farà fronte ai già difficili problemi di viabilità? Cosa farà il PGT per difenderci dalla speculazione edilizia, che questa stessa amministrazione, durante la campagna elettorale, si è impegnata a contrastare? In sintesi, di quanto peggiorerà la qualità di vita della nostra comunità?

Teniamo presente però che, al di là delle note difficoltà finanziarie, non si può invocare sic et simpliciter un nuovo polo scolastico per vederlo realizzare. Perchè a monte di quella decisione è indispensabile dimostrarne l'assoluta necessità, predisporre approfonditi studi di fattibilità, valutare quanto sia efficace rispetto agli obiettivi previsti, verificare con certezza che sia ecomonicamente conveniente. E chiudere definitivamente 3 scuole materne, 3 scuole elementari e 1 scuola media.....

Senza dimenticare il punto essenziale dell'intera vicenda. I cittadini devono essere messi nelle condizioni di poter distinguere, con grande chiarezza, l'effettivo bisogno del polo scolastico dalle eventuali tentazioni di qualcuno di “essere visibile”, di “lasciare il segno”, di "essere ricordati".

In altre parole, quel che la nostra comunità non può permettersi è che il polo scolastico (probabilmente un falso problema) serva come "ancora di salvezza" ad un'amministrazione in cerca della riconferma elettorale.



sabato 27 ottobre 2007

Progettare spazi di cittadinanza attiva

Di seguito uno stralcio di un articolo di Franco Armocida pubblicato su "La Voce del popolo" del 26 ottobre 2007 dal titolo Progettare spazi di cittadinanza attiva.

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Quale futuro per la città? Quale futuro per una città a misura d'uomo? La progettazione partecipata, intesa come modalità di definizione e realizzazione delegata non solo ad amministratori, tecnici ed urbanisti, implica un progetto articolato che vede coinvolti i rappresentanti di tutte le fasce e tipologie di popolazione.

Il processo si può ascrivere a quella fase di democrazia attiva e partecipata per la ridefinizione e progettazione degli spazi di vita dei cittadini. E' il tema del convegno "Progettare la città. Prospettive d'incontro tra pedagogia e architettura" che si è tenuto presso l'Università Cattolica di Brescia. L'incontro era promosso dall'Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Brescia e dal Cespef, il Centro Studi Pedagogici sulla vita matrimoniale e familiare della Cattolica di Brescia.

Luigi Morgano, direttore di sede dell'Ateneo, ne ha evidenziato la disponibilità "nel mettere a disposizione competenze e volontà di ricerca e dialogo, qualificate dalla partecipazione derivante dalla valutazione dei meriti dei problemi, determinati da ragioni di ordine sociale, politico ed educativo quali espressioni di volontà di interlocuzione, affinchè alcune esigenze vengano tenute in considerazione già all'atto della progettazione".

Il contributo della pedagogia
- ha evidenziato la docente Monica Amadini - non si limita all'elencazione dei biosogni, ma li traduce in possibilità di azione concreta. Quindi non solo spazi abitativi, ma presenza di una cittadinanza attiva, obiettivo di tutto rilievo in un momento sociale caratterizzato dalla mancanza di partecipazione, perchè la progettazione partecipata è un'azione virtuosa".

E' stato evidenziato che la pianificazione urbanistica non può prescindere dalla partecipazione attiva dei cittadini in quanto nessuna città e governabile se alleva cittadini che non la sentono propria. Abitare in una città significa vivere, stare, produrre, amare stabilire relazioni sociali in un determinato spazio e in un determinato tempo.


giovedì 25 ottobre 2007

Priorità a giorni alterni?

Nel verbale della delibera del Consiglio comunale n° 36 del 29.9.2007, avente per oggetto "Salvaguardia degli equilibri di bilancio e ricognizione stato di attuazione dei programmi", tra l’altro viene riportato quanto segue: "... su sollecitazione di un consigliere di minoranza, l’Assessore ai Lavori pubblici illustra l’intervento sull’area esterna all’ex casa del fascio, precisando tuttavia che in sede di assestamento del bilancio si potranno valutare meglio le risorse e le priorità dell’intervento".

In effetti, come tutti hanno potuto leggere sull’ultimo numero di "Passirano Notizie", notiziario a cura dell’Amministrazione comunale, tra le opere pubbliche da realizzare nel 2007 è prevista anche "... la formazione di percorsi pedonali intorno all'ex casa del fascio". Non sapendo che cosa significhi esattamente formare percorsi pedonali, vien da pensare alla realizzazione di un nuovo marciapiede, anche se tutto intorno all’ex casa del fascio un marciapiede esiste già...

Per inciso, ricordiamo che come scritto nel post La ex casa del fascio? Un "buco nero" - questo è un intervento che arriva a distanza di quasi 7 anni dall'approvazione del progetto preliminare di ristrutturazione di quell'edificio. Da notare che la "formazione del percorso pedonale" è una nuova tessera - da 80 milioni di lire - che va ad aggiungersi al miliardo e 400 milioni (?) che questa Amministrazione, e la precedente, hanno investito nella ex casa del fascio.

Detto questo, sembra opportuno riflettere sulla dichiarazione resa in Consiglio Comunale dall'Assessore ai Lavori Pubblici, che dice di voler attendere l'assestamento di bilancio per valutare le risorse e le priorità degli interventi per le opere pubbliche. Pare una dichiarazione fuorviante, perchè a monte, e con un accurato lavoro di programmazione, gli amministratori comunali (ogni anno) sono tenuti ad individuare esattamente le fonti di finanziamento disponibili, a stabilire le opere pubbliche effettivamente realizzabili nei periodi successivi, e a definire con particolare attenzione quali sono le priorità.

Qualcuno potrebbe sostenere, però, che l’aleatorietà delle entrate di un comune non consente di valutare esattamente l’entità delle risorse a disposizione. Prendiamo per buona questa affermazione, tanto più che per "far cassa", a febbraio 2007, i nostri amministratori hanno deciso di cedere tutte le aree concesse in diritto di superficie, trasformandole in aree di proprietà (a questo proposito si veda il post Delibera del Consiglio Comunale per la trasformazione del diritto di superficie in proprietà ).

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A questo punto ci sia concessa una breve digressione. Nel ribadire la natura assolutamente straordinaria di questa operazione, che potremmo definire di "finanza creativa", giova ricordare che - salvo errori - parte degli introiti derivanti da quella trasformazione verrà utilizzata per realizzare un percorso pedonale. Qualcuno si chiederà: quale altro percorso pedonale? Quello alberato ed illuminato previsto intorno al campo di calcio del centro sportivo, l'ennesima opera che - come succede regolarmente da 4-5 anni a questa parte - viene definita dai nostri amministratori "... a completamento del centro sportivo".

Alla luce di quanto detto, è errato pensare che stiamo vendendo i "gioielli di famiglia" per realizzare opere pubbliche di dubbia utilità? Ognuno tragga da solo le proprie conclusioni.

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Tornando ora all'operazione di "finanza creativa" (che, in verità, anche altri comuni hanno posto in essere), ci si chiede: quanti saranno i privati che aderiranno alla proposta di trasformazione delle aree? Quale sarà l'importo incassato dal comune a fronte della vendita dei "gioielli di famiglia"? Risposte sicuramente difficili, ma che ovviamente non giustificano la mancata identificazione delle priorità.


Perchè al di là della definizione esatta delle risorse disponibili, come detto, agli amministratori comunali è richiesta la capacità di valutare in modo analitico i bisogni e le esigenze della comunità, quella di programmare e strutturare gli interventi conseguenti, quella di mettere a punto i criteri di analisi delle priorità, e quella di selezionare e calendarizzare le opere pubbliche.


E considerato che quelle appena citate sono procedure che devono essere perfezionate una volta all'anno, giusto in questo periodo, vuol dire che il lavoro di analisi delle priorità delle opere pubbliche per il 2007 non è iniziato ieri, ma si sta "trascinando" più o meno da settembre 2006......



martedì 23 ottobre 2007

Zona industriale, l'aria si fa pesante

Di seguito si riporta l’articolo di Giacomo Damiani pubblicato sul Giornale di Brescia di martedì 23 ottobre 2007 dal titolo “Zona industriale, l’aria si fa pesante”.


Passirano: proteste sull’insediamento a sud dell’abitato. I comitati: “Nessuna risposta dal Comune e l’inquinamento cresce”. Il Sindaco: “E’ una situazione complessa, facciamo quello che possiamo”.


La zona industriale di Passirano torna a far parlare di sé. Tema del confronto è ancora una volta il problema ambientale. L’insediamento, che si trova a ridosso della A4, più vicino all’abitato di Ospitaletto che a quello di Passirano, è stato avviato negli anni Settanta e nei decenni successivi si è allargato: attualmente vi lavorano un migliaio di persone, e vi abitano una dozzina di famiglie.

La situazione è ritenuta “intollerabile” dai residenti, dal Comitato “La Bosca” e da Legambiente Franciacorta. “E’ trascorso più di un anno – affermano in una nota congiunta i rappresentanti delle tre realtà citate – da quando abbiamo sollevato i problemi della zona industriale di Passirano. Alcune aziende che vi lavorano da 30 anni sono ancora prive dei necessari collaudi. Le convenzioni che avrebbero dovuto dare disposizioni per la realizzazione delle opere di urbanizzazione non sono state rispettate. La situazione è insostenibile: l’inquinamento riguarda l’aria e il suolo”.

Da mesi – prosegue la nota – via Adua, via Don Primo Mazzolari e via Fratelli Rosselli sono costellate di tombini transennati al centro della carreggiata. Invitiamo tutti a constatarne il degrado. Da un anno chiediamo all’Amministrazione di sanare la situazione. L’inquinamento viene in particolare dagli scarichi abusivi di reflui industriali versate nella rete delle acque bianche di via Rosselli".

"Il Comune ha chiesto un preventivo di bonifica con video-ispezione delle fogne a Cogeme, circa un anno fa, ma gli esiti non sono mai stati resi noti. Dov’è l’Amministrazione, ora che dovrebbe rimediare agli errori fatti in passato? Non abbiamo mai avuto risposte adeguate, e abbiamo l’impressione che si stia prendendo tempo, sperando nella nostra rassegnazione, in modo che tutto torni nel dimenticatoio. Vogliamo informare i cittadini – concludono i firmatari del comunicato – che non sarà così, e chiediamo ancora una volta al Sindaco di fare il suo dovere, che è quello di risolvere senza rinvii la situazione della zona industriale di Passirano”.

Il Sindaco, Daniela Gerardini, spiega la posizione dell’Amministrazione comuanle: “La situazione della zona industriale è complessa – sottolinea la Geradini – e stiamo cercando faticosamente di venirne a capo: bisogna ricostruire un passato che ha visto cambiare Amministrazioni e tecnici. Uno dei problemi è la mescolanza di aree pubbliche e private: l’Amministrazione, quando investe denaro pubblico, deve valutare bene per non favorire i privati. Abbiamo fissato un incontro con alcuni legali per valutare la situazione e a breve dovremmo sapere qualcosa. Stiamo facendo gradualmente chiarezza, e nel frattempo facciamo il possibile: abbiamo rimosso una discarica abusiva e abbiamo asfaltato alcune strade”.

I privati ai quali avevamo chiesto una bonifica – conclude il Sindaco – hanno fatto ricorso, perché non è facile capire quali sono le aziende che rilasciano inquinanti nelle fogne”.


lunedì 22 ottobre 2007

Delibera del Consiglio Comunale per la trasformazione del diritto di superficie in proprietà

Cosa è la trasformazione del diritto di superficie in proprietà. Le amministrazioni comunali, in conformità con le leggi vigenti, possono pro­porre di trasformare in "proprietà" le aree comprese nei Piani di Edilizia Eco­nomica e Popolare (P.E.E.P.) a suo tempo assegnate in diritto di superficie. È ovviamente un'opportunità e non un obbligo, visto che ognuno dei potenziali interessati può liberamente scegliere di aderire alla proposta del comune, secondo la pro­pria convenienza.
I comuni, quindi, possono offrire l'opportunità di trasformare il di­ritto temporaneo di superficie (99 anni) in piena proprietà dell'area. Tale operazione consente di sostituire la vecchia convenzione con una nuova, contenente obblighi di durata limitata e meno restrittivi di quelli in diritto di superficie, che "avvicina" alla to­tale e illimitata disponibilità dell'abitazione.

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Di seguito si riporta il verbale della delibera n° 7 della seduta del Consiglio Comunale di Passirano del 22.2.2007 avente per oggetto "Cessione delle aree in proprietà già concesse in diritto di superficie ricomprese in piani ex legge n° 167/62, e approvazione schema di convenzione".



Il Consiglio Comunale di Passirano,

UDITA la relazione introduttiva dell’assessore Mario Bani, che illustra il valore di alienazione del diritto di superficie, come previsto dalla relazione di stima allegata al presente provvedimento;

PREMESSO che la Legge 28.12.1995, n° 549, così come modificata dalla Legge 23.12.1998, n° 448, consente ai Comuni di cedere in proprietà le aree comprese nei piani approvati a norma della Legge 18.04.1962, n° 167, già concesse in diritto di superficie ai sensi dell’art. 35, quarto comma, della Legge 22.10.1971, n° 865, a condizione che i diretti interessati versino al Comune un corrispettivo calcolato ai sensi dell’art. 31, comma 48, della Legge 448/98;

DATO atto che ai sensi dell’art. 31, comma 48, della Legge 23.12.1998, n° 448, il corrispettivo di cui sopra deve risultare dalla differenza tra il valore dell’area calcolato nella misura del 60 per cento di quello determinato ai sensi dell’art. 5 bis, comma 1, della Legge 11.07.1992, n° 359, escludendo la riduzione prevista dall’ultimo periodo dello stesso comma, e gli oneri di concessione del diritto di superficie rivalutati in base alle variazioni ISTAT dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatesi tra il mese in cui sono stati versati i suddetti oneri e quello di stipula dell’atto di cessione delle aree;

CONSIDERATO che l’Amministrazione Comunale ha intenzione di procedere alla cessione in proprietà ai sensi dell’art. 3, comma 78, della Legge 28.12.1995, n° 549 di tutte le aree già concesse in diritto di superficie ricomprese nei vari piani ex Legge 167/62;

RITENUTO opportuno procedere, qualora i proprietari degli alloggi lo richiedano, alla cessione delle aree, autorizzando il Responsabile dell’Area Tecnica Comunale a stipulare i relativi atti secondo lo schema di convenzione allegato al presente provvedimento, di cui costituisce parte integrante e sostanziale;

RITENUTO necessario stabilire che le convenzioni abbiano una durata pari a quella massima prevista dall’art. 18, primo comma lett. d), del DPR 380/01, diminuita del tempo trascorso fra la data di stipula della convenzione per la cessione in diritto di superficie delle aree e quella di stipula della convenzione per la cessione in proprietà;

RITENUTO altresì di dover consentire agli interessati, qualora ne facciano richiesta, di rateizzare il versamento delle somme dovute ,oltre all’interesse legale, nel seguente modo:
- 50% alla firma dell’atto
- 50% in massimo tre rate annuali
(la prima con decorrenza l’anno successivo alla stipula della convenzione previa presentazione apposita garanzia fidejussoria a favore del Comune di Passirano per l’importo da corrispondere in rate da versare più gli interessi legali);

UDITI gli interventi dei consiglieri comunali, di seguito succintamente riportati:
- Consigliere Turra, che chiede spiegazioni sulla differenza di prezzo stimato fra le diverse zone;
- Assessore M. Bani, che risponde che la differenza dipende dall’epoca di realizzazione degli alloggi oltrechè dal fatto che in alcune lottizzazioni il Comune aveva ottenuto prezzi inferiori al valore di mercato;
- Consigliere Turra, che chiede spiegazioni sul subentro nel diritto di superficie per chi non aderisce alla convenzione;
- Assessore M. Bani, che dà atto che c’è un calcolo previsto dalla Convenzione oltre al fatto che l’acquirente deve avere i requisiti;
- Consigliere Barucco, che, ottenuta conferma che l’adesione è volontaria, chiede se il proprietario che abbia riscattato la superficie potrà vendere a libero mercato;
- Assessore M. Bani, che precisa che c’è un limite temporale di 30 anni, oltre il quale è possibile vendere a libero mercato; aggiunge che il controllo è demandato al notaio che deve far osservare la Convenzione vigente;

VISTO il D.Lgs 267/2000 e in particolare l’art. 42, comma 2, lett. l);

VISTI i pareri favorevoli espressi dal Responsabile del Servizio Tecnico per la regolarità tecnica e dal Responsabile del Servizio Finanziario per la regolarità contabile;

CON voti favorevoli n. 10, contrari n. // ed astenuti n. 5 (Martinelli, Turra, Mingardi, Pagnoni e Barucco), legalmente resi su n. 10 consiglieri votanti, su n. 15 presenti, espressi dagli aventi diritto nei modi di legge e verificati dal presidente che ne proclama il risultato

DELIBERA

1)Di procedere alla cessione di proprietà ai sensi dell’art.3, comma 78, della Legge 28.12.95 n° 549 delle aree già concesse in diritto di superficie ricomprese nei vari piani ex Legge 167/62;

2)Di approvare lo schema di convenzione allegato, relativo alla cessione in proprietà delle aree già concesse in diritto di superficie comprese nei piani approvati a norma della L. 167/62;

3)Di dare atto che per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà gli interessati verseranno al Comune di Passirano un corrispettivo risultante dalla differenza tra il valore dell’area calcolato nella misura del 60 per cento di quello determinato ai sensi dell’art. 5 bis, comma 1, della Legge 11.07.1992, n° 359, escludendo la riduzione prevista dall’ultimo periodo dello stesso comma, e gli oneri di cessione in diritto di superficie dell’area rivalutati in base alle variazioni ISTAT dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatesi tra il mese in cui sono stati versati i suddetti oneri e quello di stipula della convenzione per la cessione in proprietà;

4)Di dare atto che il prezzo di cessione della quota parte di nuda proprietà superficiaria è previsto dalla stima allegata al presente provvedimento, sottoscritto dal responsabile dell’Area Tecnica;

5)Di stabilire che le nuove convenzioni avranno una durata pari a quella massima prevista dall’art. 18, primo comma lett. d), del DPR n. 380/01, diminuita del tempo trascorso fra la data di stipula della convenzione che ha accompagnato la cessione in superficie delle aree e quella di stipula della nuova convenzione;

6)Di autorizzare il responsabile dell’Area Tecnica Comunale a stipulare i relativi atti secondo lo schema di convenzione cui al punto 2);

7)Di consentire agli interessati, qualora ne facciano richiesta, di rateizzare il versamento delle somme dovute oltre l’interesse legale nel seguente modo:
- 50% alla firma dell’atto
- 50% in massimo tre rate annuali
(la prima con decorrenza l’anno successivo alla stipula della convenzione previa presentazione apposita garanzia fidejussoria a favore del Comune di Passirano per l’importo da corrispondere in rate da versare più gli interessi legali);

8)Di dare atto che la proposta della presente deliberazione è stata presentata corredata dai prescritti pareri favorevoli che si allegano all’originale.


domenica 21 ottobre 2007

Il manovratore permaloso e la bella addormentata

Nel nostro post Demagogia e dissenso del 28 agosto 2007 - riferendoci alle affermazioni di alcuni componenti dell’attuale maggioranza - si legge: “... l'elemento più vistoso è certamente la loro incapacità di misurarsi e di confrontarsi serenamente con la critica e con il dissenso che, a sua volta, è il risultato di una politica verticistica, elitaria, dirigenziale ed autoreferenziale, teorizzata e perseguita da molti anni".

Nel verbale della delibera di consiglio n° 35 del 29.9.2007 – relativo all’approvazione del piano di zonizzazione per la protezione ambientale – troviamo alcuni interventi di consiglieri di minoranza che, guarda caso, riportano nuovamente al tema del dissenso e della critica.

Nel corso di quel Consiglio comunale, infatti, uno dei consiglieri di minoranza – dopo aver rilevato che c’è una certa permalosità alle critiche - rivendica che "... il ruolo della minoranza è anche quello di avanzare critiche". Poco dopo, in un diverso intervento, un altro consigliere ricorda che "... la minoranza svolge il suo ruolo come meglio crede".

Fin qui i fatti.

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Riflettendo sulla libertà e sul processo di formazione di una coscienza, Primo Levi ricorda che “… dopo essere stato ingozzato di verità rivelate, tutte le verità non dimostrate mi erano venute a noia o in sospetto”. E ancora “… credo che sia un’ignominia che ad un uomo pensante venga richiesto di credere senza pensare”.

Il filosofo Bernard Williams, convinto che l’atteggiamento critico sia alla base del bisogno di veridicità di ogni uomo, scrive che “… la funzione della critica è di indebolire la certezza che ci sia una verità stabile e formulabile senza eccezioni”.

Secondo Robert Dahl "... la partecipazione democratica richiede un'opinione pubblica informata ed illuminata, in grado di poter definire le proprie priorità e i propri bisogni".

Vincenzo Maimone, ricercatore di filosofia, sostiene che "... la critica, il dissenso, l’espressione libera delle idee forniscono un indice di valutazione sul grado di partecipazione dei cittadini alla formulazione delle politiche pubbliche".

Ora, se vogliamo dar credito a queste affermazioni, bisognerà pur cominciare ad interrogarsi su alcune questioni:
1)a chi giova la scarsità d'informazione, l'impoverimento del pensiero, il rifiuto all'interpretazione, l'assenza di critica?
2)cosa significa certezza se non ricostruibilità delle origini ed evidenza dei fatti?


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Nel frattempo, però, si potrebbe sostenere che un politico permaloso è una contraddizione in termini, un vero e proprio ossimoro. Perchè nel momento stesso in cui sceglie di fare politica, deve rendersi conto che non può evitare il rischio di essere esposto alle critiche. Sembra una considerazione ovvia, ma non troppo, visto che ogni tanto ci ritroviamo a doverla rispolverare (si veda anche il post Autoreferenti. E criticati. del 14 luglio scorso).

Ma qualche colpa ce la prendiamo pure noi, appartenenti alla cosiddetta società civile. Che viviamo la "cosa pubblica" con distacco e disinteresse, pur sapendo che l'apatia e l'inerzia sono atteggiamenti tutt'altro che responsabili. Noi, che abbiamo abituato il manovratore a non essere disturbato, o se preferite, che mai abbiamo provato a "parlare all'autista".


Quale è il risultato di questo nostro atteggiamento? La meraviglia, lo stupore, l'incredulità, il disagio del manovratore-autista - quando è costretto a misurarsi con il dissenso e la critica. Non abituati al contraddittorio, convinti che la verità stabile sia istituzionalmente una loro prerogativa, che le loro teorie siano formulabili sempre senza eccezioni, i nostri rappresentanti politici - anche a costo di negare l'evidenza, e tanto per fare un esempio - non sono riusciti ad accettare l'idea che 400 cittadini (per ben 2 volte) si siano potuti schierare contro il "loro" piano paesistico.


La reazione del "manovratore-autista"? Piuttosto scomposta, inusuale, inaspettata e per certi versi preoccupante. Sappiamo che è bastato ufficializzare una proposta di modifica al piano paesistico perchè gli "autisti" si affrettassero a spedire un paio di lettere al Giornale di Brescia, e a redigere editoriali pubblicati sulla prima pagina di "Passirano Notizie". Per spiegare e ribadire ai cittadini che - udite, udite - il dissenso con le loro opinioni era "... dettato od indotto esclusivamente da personalismi o rivalse". Dimenticando che ognuno di quei 400 cittadini che avevano sottoscritto quella proposta è uomo pensante. E che nessuno - nemmeno il "manovratore-autista" - può reprimere la libera espressione delle idee.


Ma, si dirà, la metafora del manovratore-autista accostata alla vicenda del piano paesistico è un esempio poco calzante, visto che il comitato di Monterotondo è stato il promotore di quell'iniziativa. E quindi ....... e quindi dimentichiamoci per un momento di quella storia.

Riflettiamo allora su un altro aspetto della questione, già accennato in precedenza. Come abbiamo visto durante il Consiglio comunale del settembre scorso, 2 consiglieri di minoranza hanno sottolineato il loro diritto alla critica, e segnalato che la minoranza svolge il proprio ruolo come meglio crede. Non è un pò singolare che questo accada? Non è strano che una minoranza senta il dovere di rivendicare un diritto che a tutti noi pare assolutamente naturale, ed ampiamente acquisito? Ma evidentemente questo è il livello del dibattito politico a Passirano.

Come si spiega questa situazione? Secondo George Orwell, il "manovratore-autista" - che, per prima cosa, ama avere il totale controllo delle informazioni - non disdegna nè l'impoverimento del pensiero, nè il rifiuto all'interpretazione. Nè, tanto meno, disdegna l'assenza di critica e di critici. In sintesi, il "manovratore-autista" non desidera essere disturbato.


Troppo pessimismo? Speriamo di sì. Ma se queste sono le premesse, perchè non decidiamo di smettere finalmente i panni della bella addormentata, e cominciamo a chiedere dettagliate informazioni all'autista, per capire esattamente dove ci sta portando?


venerdì 19 ottobre 2007

I conti del comune non quadrano? Facciamo un polo scolastico!

La delibera 39 del Consiglio Comunale del 29 settembre scorso aveva come oggetto l’approvazione del piano di Diritto allo Studio per l’anno scolastico 2007/2008.


Nel corso di quella seduta, uno dei consiglieri di minoranza segnalava che a suo giudizio nella scuola primaria (ex scuola elementare) di Monterotondo, gli alunni rischiano di rimanere troppo pochi, ragione per la quale invitava l’Amministrazione a dialogare con i genitori per modificare la situazione.

Il Capogruppo della lista di centrosinistra, sempre a proposito della scuola primaria di Monterotondo, riteneva condivisibile la necessità di occuparsi della questione, ma ricordava che il problema è stato affrontato anche in passato, incontrando notevoli difficoltà di carattere più propriamente politico che didattico. Invitava inoltre a considerare che per una comunità l’identificazione con un plesso scolastico oggettivamente sia anche condivisibile e molto importante.

Rispondendo alle richieste avanzate dai diversi Consiglieri, l’Assessore alla Pubblica Istruzione precisava che "la scelta sulla scuola primaria di Monterotondo si inserisce in una programmazione che passa attraverso un nuovo polo scolastico che raggruppi, anche con un intervento di edilizia scolastica, i tre gradi scolastici della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado".

Cosa significa che la scuola primaria (ex scuola elementare) di Monterotondo si inserisce in una programmazione di un nuovo polo scolastico destinato a raggruppare in un'unica struttura i tre gradi scolastici? A che punto è questa programmazione che, oltre a Monterotondo, interessa e riguarda il futuro di tutte le scuole del comune?

Nel dubbio pare utile riprendere quanto già scritto nel nostro post del 7 luglio scorso dal titolo Le regole della buona amministrazione , per ricordare che a pagina 3 di “Passirano Notizie” dell’aprile 2006 si legge “.. che con l’approvazione della finanziaria 2006 i Comuni italiani si trovano in una situazione di grave difficoltà, ed è oggi necessario rendere consapevoli i cittadini, in modo chiaro, della impossibilità di far quadrare i conti del Comune, ciò grazie alle imposizioni centralistiche e punitive del Governo”.

A pagina 4 di quel numero di “Passirano Notizie” si legge inoltre che “Lavori eseguiti all’edificio della scuola elementare di Passirano: dopo lo stanziamento di 443.000 euro per la realizzazione della sala mensa e di nuove aule, sono stati stanziati altri 180.000 euro per interventi di adeguamento alle normative antincendio vigenti. Verranno pertanto posizionati infissi in alluminio dotati di vetri antisfondamento ed a completamento dell’intera opera si procederà alla tinteggiatura dell’immobile esterno e interno. L’intervento complessivo raggiunge la ragguardevole cifra di 623.000 euro

Da sottolienare che a pagina 5 di "Passirano Notizie" dell'aprile 2006 lo stesso Assessore alla Pubblica Istruzione in tema di polo scolastico scriveva che “… l’ipotesi di una proposta progettuale, da definirsi, dovrà essere il frutto di un approfondimento più generale che coinvolgerà la comunità in un percorso articolato e complesso per le sue implicazioni socio-culturali”.

A distanza di 1 anno e mezzo da quell'editoriale di "Passirano Notizie", quanti sono i cittadini di questo Comune che possono dire di essere stati "coinvolti in quel percorso articolato e complesso per le sue implicazioni socio-culturali"? Domanda legittima, ma visti i numerosi precedenti ormai quasi pleonastica.


Resta da capire se le dichiarazioni dell'Assessore alla Pubblica Istruzione - ufficialmente rese durante un Consiglio Comunale - sono l'espressione di un suo convincimento personale, o la posizione dell'intera maggioranza.


E se nonostante la scarsità di risorse lamentate dall'Assessore al Bilancio, quell'opera venisse davvero realizzata? Quel giorno - finita l'inaugurazione della nuova struttura scolastica - si dovranno riscrivere molti capitoli dei testi di finanza pubblica. Perchè, almeno fino ad oggi, non si hanno notizie di amministrazioni comunali che, per far quadrare i conti, investono qualche milione di euro in un polo scolastico.


mercoledì 17 ottobre 2007

La brutta sensazione di non riconoscere più il proprio paese

Di seguito riportiamo la lettera inviata da un cittadino di Gussago al Direttore del Giornale di Brescia. La lettera è stata pubblicata l'11 ottobre scorso.


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Gentile Direttore, ancora una volta chiedo ospitalità alla Sua rubrica per qualche riflessione che spero interesserà pure ai Suoi Lettori. Sono un gussaghese avviato verso gli ottant’anni. Godo per fortuna di buona salute ma ogni mattina, quando mi sveglio e mi rendo conto che dalla vita ho spuntato un’altra giornata, ho come l’impressione di aver ricevuto un regalo. E di questo regalo cerco di approfittare godendomi la mia famiglia, il mio paese, incontrando i volti noti d’amici e conoscenti, il cui numero - purtroppo - diminuisce ogni giorno.

Passeggiare fra le vie del paese, riconoscere persone e luoghi familiari è una delle poche gioie di cui i vecchi possono usufruire gratis e quando qualcuno o qualcosa sparisce è un pezzo di te e della tua vita che se ne va. Con l’anagrafe non si può lottare e se parenti ed amici se ne vanno te ne fai una ragione. Quando, invece, per leggerezza o per indifferenza si stravolgono i luoghi più caratteristici e significativi di un paese hai l’impressione che ti abbiano derubato di qualcosa.

Da sempre chi percorreva la via Martiri della Libertà verso nord vedeva al fondo la Pieve (la Chiesa dei Morti, come la chiamiamo a Gussago). Negli anni Sessanta, fra mille polemiche, un po’ di case le erano sorte intorno ma, nonostante tutto, la si vedeva ancora in tutta la sua architettura povera e severa. Ora non più. L’Amministrazione comunale, che a parole dice d’aver a cuore il paesaggio e l’ambiente, ha concesso il sovralzo di una casa ed il piano costruito nasconde quasi completamente la chiesa. È così, grazie ad un atto amministrativo magari dovuto ma di sicuro sconsiderato, la Pieve di Gussago (chiesa madre della nostra e di tante altre parrocchie) è stata nascosta alla vista di chi transita nelle vicinanze.

Posso arrabbiarmi un poco se mi hanno rubato la vista del monumento più importante di Gussago e l’hanno affogato fra tetti ed antenne? Non è finita! Transitando sul viale Monsignor Bazzani, fino a qualche tempo fa, si godeva della vista verso est della Chiesa di San Rocco e verso ovest della collina su cui sorge il Convento della Santissima. Già ho avuto modo di scriverle lo scorso anno dello scempio operato sui terrazzamenti di quella collina. Ora, grazie ad un generoso piano di recupero concesso dall’Amministrazione comunale, anche la vista di San Rocco verrà nascosta da un bel condominio.

I pensionati come me, sedendo sulle panchine di viale Monsignor Bazzani avranno modo di sentirsi del tutto spaesati, derubati della vista di quei luoghi che hanno segnato tutta la loro vita. Restano ancora la chiesa parrocchiale ed il campanile, un po’ troppo grandi da nascondere anche per i nostri amministratori.Ma non è detta l’ultima parola. Le mie considerazioni potranno sembrare eccessive e forse lo sono.


Ma guardarsi intorno e non riconoscere il proprio paese è una gran brutta sensazione.


(La lettera è firmata)

martedì 16 ottobre 2007

Fisco locale sotto stress

Di seguito riportiamo uno stralcio di un articolo di Alberto Zanardi tratto dal sito lavoce.info in materia di fisco locale.


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In questi ultimi tempi due vicende hanno messo sotto stress il fisco locale: da un lato, le decisioni assunte da alcuni comuni di variare le proprie addizionali sull’Irpef e, dall’altro, gli annunci di un prossimo intervento, questa volta da parte del governo centrale, di sgravio dell’Ici sulla prima casa modulato in relazione ai carichi familiari.

Le addizionali della discordia
Sulle addizionali Irpef si sono accavallate questioni differenti. Innanzitutto, la Legge finanziaria scorsa ha consentito ai comuni di riattivare, dopo tre anni di congelamento, l’autonomia di aliquota sull’addizionale all’Irpef ora portata fino ad un massimo dell’8 per mille. Altra "novità" è la possibilità per i comuni di stabilire una soglia di esenzione per i contribuenti in possesso di "specifici requisiti reddituali".

Sugli oltre ottomila comuni italiani solo 1.100 hanno fino ad oggi deliberato sull’addizionale. Di questi, circa il 60 per cento ha scelto di aumentare l'aliquota, il restante 40 per cento di mantenerla invariata, mentre soltanto tre hanno optato per una riduzione. Alcuni comuni hanno deciso di modulare l’addizionale su più scaglioni con aliquote marginali crescenti. Infine, altri, per la verità pochi finora, hanno previsto esenzioni diversificate per tipologie di reddito o per carichi familiari.

Parallelamente al rafforzamento dell’addizionale, la Finanziaria scorsa ha previsto una limitata riforma dell’Irpef erariale sostanzialmente a parità di gettito. Sono state ridefinite le aliquote, ripristinato il sistema delle detrazioni per carichi di famiglia e tipologie di reddito (al posto delle deduzioni volute da Tremonti e Siniscalco) e prevista una loro revisione. L’obiettivo è la redistribuzione del carico fiscale dai contribuenti più ricchi a quelli con imponibili inferiori a 40mila euro, e il sostegno, di pari passo alla revisione degli assegni, delle famiglie con figli.

La combinazione dei due interventi di riforma ha sollevato almeno tre ordini di questioni. La prima riguarda la concorrenza "verticale" tra diversi livelli di governo che insistono sulla medesima base imponibile: da un lato, lo Stato riduce la tassazione Irpef (almeno su alcune tipologie di contribuenti), dall’altro dà la possibilità ai comuni di accrescere il carico fiscale sul reddito, con un risultato complessivo che in alcuni casi potrebbe essere di aggravio netto.

Il secondo profilo richiama questioni di iniquità in senso "orizzontale": con la trasformazione delle deduzioni in detrazioni l’addizionale, che si calcola applicando l’aliquota comunale al reddito al netto delle deduzioni, ora non riflette più le caratteristiche dei contribuenti rilevanti per gli sconti fiscali Irpef, e in particolare non differenzia la tassazione locale tra diverse tipologie di famiglie.

Il risultato, da varie parti stigmatizzato, sarebbe allora quello di attenuare il grado di personalizzazione dell’imposta nel complesso dell’Irpef (erariale più locale) proprio nel momento in cui sottolinea la necessità di promuovere una politica più attiva di sostegno alla famiglia. Da ultimo, si lamentano le crescenti difficoltà di gestione del nuovo sistema della tassazione locale sul reddito: con addizionali così diversificate i datori di lavoro che hanno dipendenti residenti in comuni differenti dovranno caricarsi di rilevanti costi di adempimento per svolgere le proprie funzioni di sostituto d’imposta.

Le questioni sollevate sono tutte effettivamente fondate? O forse, nel dibattito attorno alle addizionali locali sull’Irpef, si è dimenticato qualche elemento fondamentale, necessario per dare una valutazione più serena ed equilibrata? C’è da dire innanzitutto che sull’intera questione delle addizionali si è montato un allarme eccessivo: finora, soltanto una quota relativamente piccola di comuni si è espressa sull’addizionale e non è detto che quelli silenti adottino comportamenti analoghi.

domenica 14 ottobre 2007

La ex casa del fascio? Un "buco nero"

L'infinita storia dell'ex casa del fascio di Passirano inizia con la delibera di Giunta Comunale n. 79 del 5 Luglio 2001, che si riporta di seguito.

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Oggetto: “Approvazione progetto definitivo esecutivo per i lavori di restauro e risanamento conservativo edificio denominato ex Casa del Fascio.”



La Giunta Comunale di Passirano,


richiamata la propria deliberazione n. 130 del 07/12/2000, esecutiva ai sensi di legge, con la quale veniva approvato il progetto preliminare in merito ai lavori in oggetto redatto dallo studio Europroject S.r.l.;
ritenuto di approvare quale progetto esecutivo ai sensi e per gli effetti di legge il progetto relativo ai lavori in oggetto, comportante una spesa complessiva di lire 1.150.000.000 (omissis),
visto l’articolo 16, comma 4, della legge n 109/1994 e successive modifiche ed integrazioni;
visto l’esito positivo della validazione del progetto ai sensi dell’art. 47 del DPR 554/99;
visto il D.Lgs 267/2000;
visto il regolamento di Contabilità Comunale;
visti i pareri favorevoli espressi dal responsabile del servizio per la regolarità tecnica e dal responsabile del servizio finanziario per la regolarità contabile, con voti unanimi favorevoli, legalmente resi


delibera


1)di approvare il progetto esecutivo relativo ai lavori di restauro e risanamento conservativo dell’edifico demoninato ex casa del Fascio, redatto dallo Studio Europroject S.r.l., allegato alla presente (omissis).


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A distanza di quasi 7 anni dall'approvazione del progetto preliminare per la ristrutturazione dell'ex casa del fascio, i cittadini contribuenti di Passirano hanno potuto leggere a pagina 4 di "Passirano Notizie" del luglio 2007 che tra le opere pubbliche da realizzare nell'anno in corso ci sono nuovi lavori previsti (importo 40.000 euro) per "la sistemazione dell'area di pertinenza dell'edificio ex casa del fascio, mediante la formazione dei percorsi pedonali intorno all'immobile".


E' una situazione che deve far riflettere, visto che - al di là dei tempi biblici che questa opera pubblica sta richiedendo - il "buco nero" ex casa del fascio si è già inghiottito una cifra molto vicina a 1 miliardo e 400 milioni di vecchie lire.



Non dimentichiamo che il "principio di buon andamento delle pubbliche amministrazioni" vuole invece che l’azione della pubblica amministrazione sia sempre:
- efficace, capace cioè di individuare le vere necessità, di stabilire le priorità e di raggiungere gli obiettivi prefissati;
- efficiente, capace cioè di utilizzare solo le risorse necessarie, senza sprechi o ridondanze;
- economica, capace di gestire economicamente le risorse affidate.



sabato 13 ottobre 2007

Lo sguardo oltre l'orticello: il Piedibus

Tratto dal sito http://www.piedibus.it/



Nel bambino che cresce la possibilità di fare esperienze autonome è una esigenza fondamentale. Muoversi fuori da casa sviluppa l’autostima, e contribuisce a un sano equilibrio psicologico. Questa sola motivazione basterebbe per convincerci a mandare i nostri figli a scuola da soli, ma in realtà ce ne sono molte altre. All’ entrata e all’ uscita dei bambini, le scuole vengono prese d’assalto dalle automobili che congestionano l’intera zona di traffico.


Paradossalmente siamo proprio noi che per proteggere i nostri figli contribuiamo ad aumentare i pericoli e il degrado dell’ambiente. Promuovere l’andare a scuola a piedi è un modo per rendere la città più vivibile, meno inquinata e pericolosa. Dobbiamo cominciare a cambiare le nostre abitudini e il Piedibus ci consente una scelta semplice ed efficace.


Una patologia in aumento a ritmi preoccupanti nel mondo infantile è l’obesità. Pigri e soprappeso, i bambini camminano troppo poco, e noi non diamo il buon esempio. I pediatri ci insegnano che mezz’ora di cammino al giorno basta ad assicurare il mantenimento della forma fisica durante la crescita ed è in grado di prevenire alcune malattie croniche. Andare a scuola a piedi è un’ occasione per socializzare, farsi nuovi amici ed arrivare di buon umore all’inizio delle lezioni.


Si impara l’educazione stradale sul campo e si diventa pedoni consapevoli. Per paura degli incidenti non limitiamo la libertà dei nostri figli. Muoversi è un bisogno vitale dei bambini. Prima o poi saranno liberi di circolare in ogni caso e sarà meglio che siano preparati a difendersi nel traffico.


Il Piedibus funziona come un vero autobus, con un suo itinerario, degli orari e fermate precise e stabilite. Il Piedibus presta servizio tutti i giorni, con qualsiasi tempo, secondo il calendario scolastico. I bambini si fanno trovare alla fermata per loro più comoda indossando una pettorina ad alta visibilità. Se un bambino dovesse ritardare sarà responsabilità dei suoi genitori accompagnarlo a scuola.


Il Piedibus è sotto la responsabilità di due adulti uno “autista” ed uno “controllore”. L’adulto “controllore” compila un “giornale di bordo” segnando i bambini presenti ad ogni viaggio. Anche i bambini che abitano troppo lontano per raggiungere la scuola a piedi possono prendere il Piedibus, basterà che i genitori li portino ad una delle fermate. I genitori responsabili di ogni singolo Piedibus, ne garantiscono l’avvio e il mantenimento.



Il Piedibus, come un vero autobus di linea, parte da un capolinea e seguendo un percorso stabilito raccoglie passeggeri alle “fermate” predisposte lungo il cammino, rispettando l’orario prefissato. Il Piedibus viaggia col sole e con la pioggia e ciascuno indossa un gilet rifrangente.



Lungo il percorso i bambini chiacchierano con i loro amici, imparano cose utili sulla sicurezza stradale e si guadagnano un po’ di indipendenza. Ogni Piedibus è diverso: ciascuno si adatta alle esigenze dei bambini e dei genitori. Il Piedibus è una realtà in molti paesi del mondo e ha iniziato a diffondersi anche in Italia, ed è una inizativa molto spesso inserito nei progetti di Agenda 21 locale. E’ il modo più sicuro, ecologico e divertente per andare e tornare da scuola.



Riassumendo, i principali obiettivi dei Piedibus sono i seguenti: garantire la sicurezza dei bambini nel percorso casa/scuola; migliorare la qualità dell’area intorno alle scuole; ridurre il traffico motorizzato individuale; creare un’atmosfera serena e conviviale; promuovere la salute e l’autonomia dei bambini; insegnare ai bambini la sicurezza stradale.



Perchè non istituire il Piedibus anche a Passirano?



venerdì 12 ottobre 2007

L'addizionale comunale è senza alternative

di Francesco R. Frieri - Documento tratto dal sito http://www.lavoce.info/

Le norme degli ultimi anni per limitare la crescita della spesa degli Enti locali hanno finito per incentivare l'abuso del territorio e il ricorso all'indebitamento. La Finanziaria permette, invece, ai Comuni di elevare l'addizionale Irpef. Una misura che ha suscitato molte polemiche. Ma è una strada obbligata. Perché chi non aumenta le tasse oggi, dissesta le sue finanze e l'ambiente. E domani sarà comunque costretto ad aumentare la pressione fiscale.




Una via obbligata
L’aumento dell’addizionale Irpef per i comuni è una via obbligata. E sicuramente è più idonea per il finanziamento delle spese correnti di quanto non lo siano quegli oneri di urbanizzazione ai quali si è fatto ricorso in questi anni di blocco della leva fiscale. Con il duplice effetto di incentivare un abuso del territorio e di rendere possibile il finanziamento della spesa corrente attraverso l’indebitamento.

Dopo i lunghi dibattiti sulle varie leggi finanziarie, l’attenzione si è spostata sulle manovre degli enti locali. In particolare, i comuni appaiono l’ultimo anello della catena di presidio istituzionale, e come tali, sopportano ora una notevole conflittualità attorno all’approvazione dei propri bilanci.

Schematicamente, l'ultima Legge finanziaria ha introdotto queste novità:
· Lo sblocco delle addizionali all’Irpef a discrezione dei comuni
· La possibilità di elevare la quota di oneri di urbanizzazione a finanziamento della parte corrente dal 50 al 75 per cento
· La rimozione del divieto di assunzioni
· Un nuovo Patto di stabilità che apparentemente rispetta l’autonomia degli enti locali poiché si basa sul saldo fra entrate e uscite (non tutte). Le conseguenze di tale novità sono il generalizzato ricorso alla leva fiscale e il pressoché divieto di indebitamento
· Alcune lievi ridotazioni di fondi finalizzati alla costruzione di asili, per la non autosufficienza, l’immigrazione, la famiglia e il fondo unico per lo spettacolo.




Blocco delle addizionali, esternalizzazioni e privatizzazioni
Dalla Finanziaria per il 2002 si sono susseguite norme tese a limitare la crescita della spesa in termini nominali degli enti locali. Il risultato è stato la creazione sistematica di gestioni separate di contabilità, grazie a esternalizzazioni e privatizzazioni, ottenute ad esempio facendo riscuotere la tariffa dei rifiuti al gestore e ponendo conseguentemente anche la spesa per il relativo servizio fuori dal bilancio comunale.

Inoltre, dalla fine degli anni Novanta altre norme hanno tentato di frenare le assunzioni dirette da parte degli enti: l’effetto collaterale è stato un aumento del precariato in seno alla pubblica amministrazione o, di nuovo, una tendenza alle esternalizzazioni. Dopo alcuni anni si sono ovviamente esaurite le tecniche per eludere tali limiti, come l’elasticità della gestione dei bilanci dei comuni sempre più ridotta per ciò che riguarda la gestione ordinaria.

È importante ricordare che gli enti locali sviluppano quasi il 75 per cento degli investimenti del paese, e li finanziano, prevalentemente, attraverso alienazioni patrimoniali, oneri di urbanizzazione e ricorso all’indebitamento. Le privatizzazioni a livello decentrato sono state dunque utilizzate sia per finanziare gli investimenti che per eludere il Patto di stabilità interno. Ma anche il ricorso all’indebitamento è cresciuto notevolmente negli ultimi anni, e il debito accumulato comporta costi a carico della fiscalità locale.




Il finanziamento della spesa corrente con gli oneri di urbanizzazione
Negli ultimi cinque anni, un importante margine di elasticità dei bilanci comunali riguarda l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione. Sono definibili come il corrispettivo pagato dal cittadino per il rilascio da parte del comune dell’autorizzazione a costruire. La contropartita a carico dell’ente è ovviamente la realizzazione di urbanizzazioni primarie e secondarie.

Queste ultime sono di fatto investimenti, pertanto finanziabili anche con entrate da alienazioni patrimoniali o debito. Presto svelato il gioco: dal 2000 è permesso ai comuni di destinare il 50 per cento degli oneri di urbanizzazione a finanziare la parte corrente, per poi realizzare le urbanizzazioni, al cui finanziamento sarebbero istituzionalmente destinati, con alienazioni patrimoniali o con ricorso al debito. In altri termini, questo giro contabile rende possibile pagare gli stipendi del personale con debito o con vendite in misura tanto maggiore quanto più il piano regolatore consente di costruire.

E' preoccupante il fatto che l’uso del territorio sia diventato l’unico margine di elasticità dei bilanci locali, a maggior ragione se si pensa che le costruzioni generano gettito Ici per le finanze comunali dall’anno successivo alla loro realizzazione. Ancor più preoccupante è che, paragonando i comuni a famiglie, si può dire che essi si sono venduti i mobili per mangiare.




Il quadro attuale: più imposte, più oneri. O entrambi...
Il superamento del quadro normativo che ha determinato questi effetti, non poteva che implicare un massiccio ricorso alla fiscalità comunale. Deve essere ben chiaro che i Comuni che non aumentano il prelievo fiscale (tramite le addizionali), non possono che utilizzare l’altro margine di elasticità disponibile: l’abuso degli oneri di urbanizzazione.

Tuttavia, anche se non si ha a cuore la preservazione dell’ambiente, occorre rendersi conto che inevitabilmente la dipendenza da entrate una tantum a finanziamento di spese rigide e storiche, non potrà che portare, prima o poi, a un aumento della pressione fiscale o a maggiori trasferimenti dal centro. Poiché la seconda possibilità non pare attuale, chi non aumenta le tasse oggi, usa il territorio, dissesta il bilancio e, semplicemente, rimanda il problema.


Ne consegue che i Comuni che non ricorrono alle addizionali Irpef stanno solo nascondendo i panni sporchi sotto l’armadio.



giovedì 11 ottobre 2007

Il Programma triennale delle opere pubbliche

Presupposto per una programmazione consapevole è che il programma triennale dei lavori pubblici rappresenti lo strumento meramente tecnico di sintesi nel quale le analisi per l’identificazione e la quantificazione delle esigenze vengano tradotte nella calendarizzazione, previa verifica di fattibilità, delle opere atte al soddisfacimento dei bisogni emersi.



In questo caso le attività di ricerca, di verifica e valutazione che sono propedeutiche alla compilazione del documento di programmazione possono, sinteticamente, indicarsi in:
- ricognizione delle disponibilità finanziarie dell’Amministrazione, nel triennio;
- studio analitico dei bisogni e delle esigenze, circoscritto al proprio ambito di azione e competenza e proiettato oltre il triennio, finalizzato all’identificazione degli interventi necessari al soddisfacimento degli stessi;
- verifiche di fattibilità, finalizzate ad analizzare le possibilità concrete di attuazione degli interventi individuati;
- messa a punto, in conformità alle indicazioni di legge ed agli obiettivi assunti dall’Amministrazione, di criteri di valutazione delle priorità - finalizzati ad effettuare la selezione e calendarizzazione degli interventi.




Ricognizione delle disponibilità finanziarie

Attraverso una ricognizione sulle disponibilità finanziarie nel triennio, l’Amministrazione determina la quantificazione della capacità di spesa ed il budget da destinare alla realizzazione di opere pubbliche, ovvero definisce l’entità delle somme da iscrivere nel bilancio provvisorio annuale per il perseguimento degli obiettivi.




Studi di identificazione e quantificazione dei bisogni e delle esigenze
Attraverso uno studio definito dei bisogni e delle esigenze, circoscritto al proprio ambito di azione e competenza, l’Amministrazione procedente determina e dimensiona gli interventi che sono strumentali al soddisfacimento delle esigenze espresse.

La metodologia potrebbe essere la seguente:
- effettuazione di analisi, relativamente all’ambito territoriale d’intervento, allo stato dell’esistente ed all’ambito soggettivo cui riferire i bisogni congiunta con l’individuazione degli standard urbanistici e prestazionali propri di ciascuna categoria di opere e dei relativi requisiti dimensionali e funzionali.
— incrocio dei risultati ottenuti dalle analisi per determinare rispettivamente la quantificazione e qualificazione del fabbisogno totale per ciascuna categoria di opere e l’offerta esistente;
— confronto tra i due gruppi di risultati per quantificare la domanda aggiuntiva da soddisfare ai fini del perseguimento della parità domanda/offerta, dell’individuazione dei lavori strumentali
al soddisfacimento della domanda aggiuntiva e dell’individuazione delle esigenze di adeguamento tipologico delle quote di offerta già esistenti.




Studi di fattibilità

Gli studi di fattibilità costituiscono gli strumenti di verifica delle possibilità concrete che ha l’amministrazione procedente di realizzare ciascuno degli interventi di cui ha bisogno e, quindi, il presupposto necessario per l’elaborazione dei programma triennale.

La metodologia potrebbe essere la seguente:
— effettuazione di analisi per il dimensionamento di massima, per l’individuazione delle aree e degli immobili che risultino idonei all’insediamento delle funzioni cui l’intervento è finalizzato, in relazione al bacino di utenza identificato ed alle dimensioni di massima dell’intervento;
— individuazione degli oneri finanziari da sostenere e dei procedimenti da attivare nel caso in cui l’area individuata debba essere espropriata;
- verifica di congruità e di compatibilità ambientale con la destinazione ed i vincoli fissati dalle strumentazioni urbanistiche ed ambientali vigente sull’area individuata;
— effettuazione di analisi dello stato di fatto nelle sue eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche e verifica di congruità dell’intervento con i vincoli di tutela storico-artistica, archeologica, architettonica;
— effettuazione di analisi dello stato di fatto nelle sue eventuali componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche e verifica dell’impatto che può essere determinato sull’ambiente circostante. Valutazione della congruità con la rete infrastrutturale delle urbanizzazioni e dei sottoservizi a rete, controllo della capacità degli stessi a sostenere i nuovi carichi indotti dall’intervento, verifica di idoneità morfologica, geologica, sismica;
- individuazione dei requisiti di carattere funzionale e tecnico che l’intervento deve possedere per essere idoneo a garantire le funzioni attese secondo i principi dell’efficacia e dell’efficienza; scelta delle soluzioni tecniche maggiormente conformi alle prestazioni da rendere;
- redazione di un conto economico di previsione per l’individuazione delle modalità gestionali attraverso le quali l’intervento possa essere realizzato in ossequio a principi di economicità dell’investimento e formulazione del quadro economico-finanziario più congruente con le risorse che sono nelle disponibilità dell’amministrazione;
— valutazione comparativa dei costi e dei benefici in ordine alle verifiche di fattibilità amministrativa, tecnica ed economico-finanziaria.
La lettura coordinata delle singole valutazioni esprime la fattibilità complessiva dell’intervento.




Criteri di valutazione delle priorità
Completati lo studio «dei bisogni e delle esigenze» e gli «studi di fattibilità» le amministrazioni debbono procedere alla messa a punto, in conformità alle indicazioni di legge ed agli obiettivi assunti dall’Amministrazione stessa, dei «criteri di valutazione delle priorità», finalizzati ad effettuare, all’interno della lista delle esigenze emerse, una selezione e calendarizzazione degli interventi congruente con le risorse disponibili.

I criteri guida potrebbero essere i seguenti:
- effettuazione di analisi per l’individuazione dei bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati e di quelli realizzabili con l’utilizzazione di strutture già esistenti per il tramite di lavori rientranti nelle tipologie: manutenzione, recupero del patrimonio esistente, completamento di lavori già iniziati;
- individuazione delle esigenze che richiedono maggiore fabbisogno aggiuntivo o impellente necessità di dotarsi delle opere atte a soddisfarle;
— analisi «costi/benefici», assumendo come prioritari quegli interventi per i quali tale rapporto risulta più favorevole.



mercoledì 10 ottobre 2007

Il territorio è un bene comune

Di seguito uno stralcio dell'intervento di Alberto Magnaghi al convegno "Comuni, comunità e usi civici".


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Il territorio è il prodotto di lunga durata di processi di civilizzazione e di domesticazione della natura che si sono susseguiti nel tempo trasformando il medesimo ambiente fisico in un evento culturale (il paesaggio urbano e rurale) attraverso relazioni coevolutive fra insediamento antropico e ambiente.

Quando si parla di sostenibilità come insieme di risorse da trasmettere alle generazioni future, parliamo innanzitutto del patrimonio territoriale che ereditiamo da millenni di processi di territorializzazione. Questa immensa opera d’arte vivente, il territorio appunto, deve essere considerato bene comune in quanto esso costituisce l’ambiente essenziale alla riproduzione materiale della vita umana e al realizzarsi delle relazioni socio-culturali e della vita pubblica.

Territorio non è quindi soltanto il suolo o la società ivi insediata, ma il patrimonio (fisico, sociale e culturale) costruito nel lungo periodo, un valore aggiunto collettivo che troppo spesso viene distrutto, anche da amministrazioni di centro-sinistra, in nome di un astratto e troppo spesso illusorio sviluppo economico di breve periodo, finalizzato alla competizione sul mercato globale.

Mettere al centro delle politiche pubbliche il bene comune “territorio” consente di perseguire la dimensione qualitativa, non solo quantitativa, dei singoli beni che lo compongono: acqua, suolo, città, infrastrutture, paesaggi, campagna, foreste, spazi pubblici e cosi via. La soluzione delle più importanti crisi ecologiche passa attraverso la difesa e la valorizzazione dei caratteri peculiari di ogni luogo, nelle sue componenti urbane, naturali e agroforestali, perché è nella specifica modalità di interrelazione di queste tre componenti che si fonda in ogni luogo la forma puntuale della riproduzione della vita umana materiale e sociale.

L'insieme dei beni comuni che connotano ogni luogo e la sua specifica identità, dovrebbe costituire il nucleo fondativo, collettivamente riconosciuto, dello “statuto” di ciascun luogo e dei diritti dei cittadini rispetto ai singoli beni che lo costituiscono.

Ecco perchè i piani che regolano le trasformazioni del territorio, a tutte le scale, dovrebbero essere preceduti e coerenti con un corpus statutario socialmente condiviso che definisce, con riferimento a un orizzonte temporale di medio-lungo termine, i caratteri identitari dei luoghi, i loro valori patrimoniali, i beni comuni non negoziabili, le regole di trasformazione che consentano la riproduzione e la valorizzazione durevole dei patrimoni ambientali, territoriali e paesistici.




martedì 9 ottobre 2007

I luoghi sono più forti delle persone

Di seguito uno stralcio di un editoriale dell'arch. Leandro Janni


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Scriveva Friedrich W. Nietzsche della Venezia del Settecento: "Cento profonde solitudini, insieme formano la città di Venezia. Questo è il suo incanto". Un'immagine per gli uomini del futuro. Nel mondo contemporaneo, bellezza e verità, parole assolute, eccessive, per certi versi inquietanti, sono state sostituite dai termini meno impegnativi, più comprensibili, di immagine e successo.

A certi individui piuttosto incontentabili che ostinatamente coltivano una sorta di etica del dubbio come forma di resistenza ultima, estrema, nei confronti di questa, come dire, suadente deriva di massa, spero sia data la possibilità di comunicare un ragionamento (tra i tanti possibili, naturalmente), sulla realtà che ci circonda, sulla città contemporanea, sul territorio, l'ambiente, forse anche sulla politica e la democrazia.

Per prima cosa vorrei ricordare un bellissimo e per certi versi consolatorio concetto, su cui fonda le proprie basi teoriche l'architettura della città: "I luoghi sono più forti delle persone, la scena fissa è più forte delle vicende umane". Questo concetto così affascinante e consolatorio, è stato, nell'immaginario collettivo, messo in crisi da cinquant'anni di guasti e ferite del territorio che hanno quasi cancellato i luoghi della nostra esistenza. Un territorio sicuramente mal governato su cui si è lucrato, in cui si sono sperimentati spesso i falsi miti della modernità.

La trasformazione fisica del nostro Paese, delle nostre città, è avvenuta senza un controllo politico, ma anche intellettuale, adeguato. La cultura architettonico-urbanistica, in primo luogo, non si è fatta carico dello scenario italiano, dei suoi valori, delle sue peculiarità. Non ha saputo, nella fase della ricostruzione e dello sviluppo del dopoguerra, diventare una cultura dell'innovazione e gestire in modo accettabile la gran massa di nuovi manufatti collocati sul territorio (infrastrutture, edifici, monumenti, sistemi a rete).

Oggi siamo consapevoli che la questione, l'obiettivo fondamentale deve essere convertire la quantità in qualità. Possiamo sicuramente affermare, usando, tra l'altro, un'espressione politicamente garbata, che il paesaggio, le nostre città, le campagne, le coste, registrano, insieme ai segni straordinari trasmessi dalla lunga storia passata, le storture di mezzo secolo di democrazia imperfetta. La risposta politica, per ora, è sicuramente inadeguata. Dei ritardi culturali, economici, del sistema che ha prodotto tale situazione, oggi misuriamo la rigidità, le regole disastrose, le troppe eccezioni ammesse e i loro margini angusti.

Alla fine la domanda che dovremmo veramente farci è: quale è la nostra idea di città, di politica? A me pare che gli strumenti culturali, l'impegno, le capacità e il metodo della politica, almeno per ciò che è accaduto sino ad oggi, siano alquanto insufficienti. Certamente non è assumendo comportamenti e scelte nostalgiche, di retroguardia, o di immagine, alla moda che si risolvono i veri problemi della città e del territorio.

Certamente non è la scarsa trasparenza delle istituzioni e la mancata partecipazione dei cittadini, delle forze culturali e sociali sane, ciò che può favorire un processo virtuoso di sviluppo equilibrato, sostenibile, del nostro territorio. Progettare il cambiamento, progettare la nostra vita giorno dopo giorno, significa valorizzare, attivare la presenza degli altri, di tutti i soggetti partecipanti: una rapportualità creativa ed un atteggiamento basato sul dialogo e sulla cooperazione. Una progettualità ad alto livello di integrazione, che deve essere processo, contenuto e regola della politica.

"La città che vogliamo" deve essere una città governata, abitata, amata, programmata, progettata, una città in cui funzionalità e bellezza possano ritrovare sintesi ed espressione. Solo alimentando il dibattito culturale, la coscienza collettiva, la consapevolezza di realtà alternative, è possibile avviare un reale processo di cambiamento, anche nelle realtà più marginali.

In fondo, anche se durano secoli, le città sono in realtà dei grandi accampamenti di vivi e di morti, dove restano alcuni elementi come segnali, simboli, avvenimenti. La civiltà di un popolo, di una collettività, si misura dal desiderio, dalla capacità, dal coraggio di conoscere e di riconoscere i valori, rispetto al nulla transeunte delle merci, delle immagini effimere e ingannevoli.

La civiltà universale dei nostri giorni, della contemporaneità, è paragonabile al più complesso arazzo che mai sia stato tessuto. Oggi ci rendiamo conto che la struttura portante di questo arazzo, la soggettività pervasiva e dominante, può rovinare, cancellare il disegno che vi è riprodotto. Riusciremo a separare questo disegno dalla struttura portante, dalla tessitura senza distruggere la sua straordinaria complessità?



domenica 7 ottobre 2007

Magari fosse tutta colpa dei politici

Di seguito si riporta un articolo di Angelo Onger pubblicato su “La voce del popolo” del 5 ottobre 2007.


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Da sempre assilla le menti tormentate la determinazione di chi è nato prima tra l’uomo e la gallina. Ma in tempi recenti la domanda tormentone che va di moda è quella che riguarda la classe politica e la società civile. A partire dalla convinzione che in linea di massima il Paese fa un po’ schifo, il dubbio amletico è: stanno peggio i politici o sono come tutti gli altri?

In verità la grancassa massmediatica non sembra nutrire grandi dubbi perché ha perennemente il dito puntato contro i politici, con la propensione a scegliere alcune vittime predestinate. C’è da dire subito che i politici fanno tutto quello che è in loro potere (parolina magica) per attirare le ire dei cittadini di ogni genere e specie.

Tuttavia se si esamina la situazione con calma, la risposta non è così scontata come qualcuno vorrebbe far credere. Prendiamo, ad esempio, l’ultimo fenomeno della cosiddetta antipolitica, il grillismo (da Beppe Grillo). A metà settembre si è tenuta una manifestazione pubblica del movimento e come motto di riconoscimento è stata scelta un’espressione che più volgare non si può, come capita sempre quando si ha che fare con i bulli.

Poi il comico si è lanciato nell’agone politico vero e proprio proponendosi come garante (magari con il marchio OCG – origine controllata da Grillo). Poi è saltato fuori che il fustigatore Grillo si è fatto un paio di condoni tombali per società sue (come tutti gli italiani di origine non controllata che predicano bene e razzolano male).

Poi qualcuno ha fatto uno scherzo al gruppo via internet ed è scoppiata una bagarre trai i grillini (come capita spesso nei deprecati partiti, sempre di origine non controllata). Insomma se non è zuppa, è pan bagnato.

La presentano come una rivoluzione, invece è solo una delle tante copie (belle e brutte che siano) dell’antipolitica, cioè del tentativo di far credere che basta cambiare le persone per rinnovare la politica. Naturalmente ogni volta i protagonisti, con grande sprezzo del ridicolo e del pudore, si autocandidano alla successione.

Non a caso un personaggio come Silvio Berlusconi che ha incominciato a fare politica (nel senso della gestione del potere) da quando era nel ventre di sua madre, si definisce un antipolitico. Alla fine è sempre utile ricordare che fino a prova contraria nel nostro Paese c’è libertà di voto e i politici, tutti a tutti i livelli, sono stati eletti da noi (sia pure divisi tra molti parititi), con i nostri voti. Anche quelli che hanno la fedina penale sporca.

E quelli che li hanno votati o lo sapevano e quindi sono in malafede, oppure non lo sapevano e quindi sono ignoranti (nel senso che ignorano): nell’un caso e nell’altro, abbiamo i politici che ci meritiamo. Non si dica che i candidati sono scelti dai partiti eccetera eccetera, perché se le scelte non ci garbano basta votare scheda bianca o fare uno sciopero del voto.

Invece ad ogni occasione ci turiamo il naso e dopo ci lamentiamo perché, a elezioni passate, sentiamo la puzza. C’era già anche prima, ma abbiamo fatto finta di non sentirla. Senza tener conto di tutti quelli che nelle puzze ci sguazzano. E di sicuro non sono solo i politici. Che hanno molte colpe, ma sono in cattiva compagnia.

sabato 6 ottobre 2007

I difetti della perequazione. E di chi la dovrebbe applicare.

1 - La delibera di Consiglio Comunale
Nella seduta del 30 marzo 2004, il Consiglio Comunale di Passirano deliberava l'adozione di una variante urbanistica al Piano Regolatore Generale, su un'area localizzata in via Cadorna a Monterotondo. Il progetto edilizio presentato al Comune dalla società costruttrice prevedeva l'abbattimento di un edificio esistente e il successivo recupero della relativa volumetria.

Il testo della delibera di quel Consiglio comunale riporta, tra l'altro, che "... l'intervento edilizio, nell'ambito dell'applicazione del principio della perequazione urbanistica, prevede la realizzazione di 11 posti auto ad uso pubblico, oltre alla realizzazione di un percorso pedonale in fregio a via Cadorna, ai fini di una generale riqualificazione del luogo".

Il testo della delibera di quel Consiglio comunale riporta, inoltre, che "... la proposta avanzata dalla società costruttrice determina una soluzione urbanisticamente vantaggiosa, atteso che il comparto in esame è carente di standard destinati a parcheggi pubblici".



2 - Il rilascio di nuovi permessi di costruire

A distanza di nemmeno un mese da quella delibera del Consiglio Comunale, esattamente il 26.4.2004, veniva rilasciato il permesso di costruire (protocollo 3190) relativo ad una ristrutturazione con ampliamento che prevedeva la realizzazione di una decina di unità immobiliari, sempre in via Cadorna a Monterotondo, a pochissimi metri dal cantiere citato in precedenza. Pur in presenza di "... un comparto carente di standard destinati a parcheggi pubblici" - come riconosciuto dallo stesso Consiglio Comunale solo un mese prima - e, forse, disapplicando il principio della perequazione urbanistica - quell'intervento edilizio è stato completato senza che fossero realizzati parcheggi ad uso pubblico.

Sempre in via Cadorna a Monterotondo, e sempre pochi giorni dopo il Consiglio Comunale, il 22 aprile 2004, veniva rilasciato un altro permesso di costruire (protocollo 527) relativo ad un nuovo complesso residenziale di circa 25 unità immobiliari. Pur in presenza di "... un comparto carente di standard destinati a parcheggi pubblici" - come riconosciuto dallo stesso Consiglio Comunale solo un mese prima - e, forse, disapplicando anche in questo caso il principio della perequazione urbanistica - quell'intervento edilizio è stato completato senza parcheggi ad uso pubblico.




3 - Cosa è la perequazione?

Premesso che le 3 iniziative immobiliari citate sono state realizzate tutte su aree di completamento (zona B1), e visto che il Consiglio Comunale del marzo 2004 richiama "... l'applicazione del principio della perequazione urbanistica", i cittadini non riescono a capire perchè in alcuni casi i posti auto ad uso pubblico sono "saltati fuori", e in altre occasioni no.

E siccome, a questo punto, si scopre che a Passirano il termine perequazione si presta ad essere variamente interpretato, sarebbe interessante conoscere in proposito il punto di vista degli Amministratori precedenti e degli attuali.



4 - La protesta dei cittadini
Val la pena di segnalare che l'assenza di posti auto ad uso pubblico e le tante unità immobiliari sorte nel frattempo in via Cadorna e Galliano, hanno ulteriormente peggiorato la situazione di "... un comparto (già) carente di standard destinati a parcheggi pubblici". In effetti, la questione non era sfuggita ai circa 120 cittadini di Monterotondo che, a dicembre 2005, avevano sottoscritto una petizione per sollecitare l'intervento dell'Amministrazione comunale.

La "novità" di oggi è di poter documentare che già la precedente Ammnistrazione aveva evidenziato il problema della scarsità dei parcheggi in quella zona, e che, quindi, la protesta dei cittadini di Monterotondo non è "campata in aria", ma fondata su elementi oggettivi e riscontrabili.




5 - Forse ci vorrebbe un'area ... PEEP
Contrariamente a quanto ci si poteva attendere, e nonostante la raccolta di firme di protesta di 120 cittadini di Monterotondo, neppure l'ultimo piano triennale delle opere pubbliche del Comune di Passirano prevede interventi in quel "... comparto carente di parcheggi". Per Sindaco e Giunta le priorità della comunità sono altre come, ad esempio, il percorso pedonale illuminato che tanto serve all'attività didattica ... notturna (vedi in proposito il post Hobbes e il percorso pedonale).

La situazione di Monterotondo pare addirittura più ingarbugliata rispetto a quella dei residenti in zona Rondinella a Passirano. Dopo le proteste di quei cittadini (che a loro volta hanno firmato una petizione per sollecitare l'intervento dell'Amministrazione), nel corso di un Consiglio Comunale di pochi mesi fa, l'Assessore ai Lavori Pubblici ha assicurato che presto quel problema sarà risolto.

Come? Semplice: modificando la destinazione d'uso di un area di oltre 600 metri quadrati in zona Rondinella da PEEP (destinata cioè ad iniziative residenziali a carattere economico-popolare) a ... parcheggio pubblico (vedi in proposito il post Quando l'area per l'Edilizia Popolare diventa parcheggio. A spese dei cittadini.).

Bella soluzione, no? Altrimenti a cosa servirebbero le aree PEEP se non ad essere trasformate in parcheggi ad uso pubblico? Certo, sempre "... nell'ambito dell'applicazione del principio di perequazione urbanistica" anche in zona Rondinella a Passirano ci si poteva aspettare un maggior numero di parcheggi ad uso pubblico, e magari realizzati a spese dei costruttori e non dei contribuenti. Ma così non è stato.

Domanda: la perequazione urbanistica a volte può essere .... sperequata?

Detto questo, per i cittadini di Monterotondo la soluzione invece non sembra "dietro l'angolo". Il pessimismo nasce dal fatto che - nonostante il Consiglio Comunale abbia riconosciuto (per primo) l'esistenza del problema della carenza di standard - a Monterotondo non ci sono ..... aree destinate all'edilizia economico popolare da utilizzare, come avverrà a Passirano, per scopi diversi da quelli istituzionalmente previsti.

Meglio così, forse. Sperando però che dopo aver alienato gli immobili di proprietà comunale per poter realizzare l'illuminazione del percorso pedonale nel centro sportivo di Passirano, rimanga ancora qualche euro a disposizione per risolvere un problema che è stato totalmente ignorato dalla precedente e dall'attuale Amministrazione comunale.



6 - Il suggerimento
Considerato il rischio che i parcheggi di via Cadorna e via Galliano facciano la stessa fine dei parcheggi di via S.Giorgio a Monterotondo - ovvero, che non vengano mai realizzati nonostante 2 delibere di Giunta che ne approvavano i lavori (vedi il post Il parcheggio ..... dimenticato) - suggeriamo al Sindaco e alla Giunta di prendere in considerazione la possibilità di trasferire ad altri capitoli almeno i 40.000 euro già stanziati per la "formazione del percorso pedonale" intorno all'ex casa del fascio (vedi pagina 4 di "Passirano Notizie" di giugno 2007) .

Perchè, da qualche anno a questa parte, l'area di pertinenza dell'ex casa del fascio - opera pubblica nella quale l'Amministrazione comunale vuole investire ulteriori 80 milioni - sembra molto meno frequentata rispetto, ad esempio, a via Cadorna, via Galliano, via San Giorgio o a via Rondinella.


venerdì 5 ottobre 2007

Le tre gambe della democrazia

Di seguito riportiamo uno stralcio di un documento curato da Gloria Regonini.

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Il titolo di questo intervento, "Le tre gambe della democrazia", allude a una metafora che rappresenta la democrazia come un tavolino che si regge su tre gambe.
La prima gamba è il discorso sui diritti, il principio di legalità: dove non c'è stato di diritto e certezza del diritto, non c'è ricchezza nazionale e non c'è neppure il mercato, si trattasse anche del secondo paese produttore di petrolio.

La seconda gamba è la razionalità economica, con il suo discorso sul rapporto tra costi e benefici, sintetizzato nel principio di efficienza, che esprime un richiamo forte all’idea che se si spende da una parte non ci sono più risorse per spendere da un’altra. L’idea dei costi-opportunità è un principio di responsabilità sociale che è fondamentale per le democrazie: non c’è possibilità di alimentare le democrazie quando c’è irresponsabilità sul fronte della spesa.

Una terza gamba è data dal principio di prova ed errore (che potrebbe essere definito anche "principio di efficacia") , che riguarda le risposte a problemi comuni, e segnatamente il fatto che, per quanto individualista sia una cultura o una società, esistono una serie di sfide, di problemi, di disagi a cui non possiamo dare risposte da soli, con le nostre forze. È qui che si colloca una prospettiva di analisi incentrata sulle politiche pubbliche.

Le tre gambe si sostengono a vicenda: senza lo stato di diritto, non c’è efficienza economica; senza efficienza economica, le politiche e i diritti sono spesso vanificati per insufficienza di risorse; senza la concreta implementazione delle politiche, i diritti rimangono sulla carta.

In Italia, la prima gamba della democrazia è solida: la tradizione giuridica del nost ro paese fa del diritto uno dei linguaggi fondamentali per parlare del settore pubblico. Da un po’ di tempo, anche la seconda gamba si è rafforzata, in quanto un discorso in termini di efficienza economica è entrato nel vocabolario di chi parla del settore pubblico. La terza gamba è ancora molto traballante e molto debole, e consiste nel cercare soluzioni attraverso un processo di prova ed errore che tenga conto di quanto è successo in casi simili, e in mancanza di soluzioni provare a mettere delle pezze.

Il termine equivalente inglese "patch" suona un po’ meglio, ma sempre della stessa cosa si tratta: mettere delle pezze. È quello che i dirigenti pubblici fanno ogni giorno. Per costruire questa terza gamba occorre che i politici si distacchino dall'autoreferenzialità per guardare all’esterno del sistema amministrativo, cioè provino a chiedersi se ha senso quello che un’amministrazione sta facendo e se davvero rispetto al problema iniziale quello che le amministrazioni pubbliche producono ha un impatto effettivo e positivo. Lindblom chiamava questo atteggiamento " l’arte dell’andarcene fuori".


Se proviamo a immaginare il fare politica come un ciclo, vediamo che in genere la molla da cui è innescato nasce da una qualche constatazione di una sfasatura tra il mondo com'è e il mondo come vorremmo che fosse. Quindi, questa sfasatura trova parole e si articola in domande di cambiamento. Si passa poi a un processo più o meno razionale, più o meno approssimativo, più o meno politicizzato di selezione delle alternative. Il passo successivo è un momento di decisione formale, seguito da una fase di implementazione, in cui le amministrazioni pubbliche, ma non solo loro, si attivano per tradurre in atti concreti le decisioni formali.

Frutto dell’implementazione è la produzione di un output , ovvero di una determinata attività realizzata dalle amministrazioni. Ma l’osservazione dell’output non basta per capire se una politica ha raggiunto gli obiettivi che si poneva: occorre anche esaminare l’outcome, cioè i risultati in termini di efficacia, ovvero di conseguenze sui destinatari della politica derivate dall’output.

Infine, si pone il problema dell’impatto, ossia dell’effetto complessivo sul problema sociale che la politica mirava ad affrontare. L’analisi di impatto è qualcosa di più del controllo strategico: è la valutazione delle politiche, che comporta tirare in ballo tutte le ipotesi, compresa la possibilità che sia l’output che l’outcome siano soddisfacenti, ma che l’impatto sia stato nullo, per una serie di cause, anche esterne alle possibilità di controllo delle amministrazioni.