La fragilità dei bei luoghi.
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Paesaggio territorio e ambiente
Estratto da “I sistemi architettonici in Franciacorta” dell’arch. Aurelio Pezzola in “Paesaggio e Territorio”, Iseo settembre 2003.
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Non c’è nulla di più fragile dell’equilibrio dei bei luoghi. L’allarme, il pericolo pasoliniano, lanciato in “Scritti Corsari” Acculturazione e Acculturazione si è, purtroppo, radicalmente verificato. L’industrializzazione, con i suoi modelli consumistici, ha diffuso un’opera di omologazione in tutto il territorio, distruggendo ogni autenticità e concretezza.
Il sistema, che non concepisce altre ideologie che quelle del consumo, non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende cha da uno spostamento dalla città al paese, seguendo le nuove piste viabilistiche, ci si fermi prima all’IKEA e poi all’OUTLET. La logica distorta ha voluto la costruzione di capannoni, supermercati, case, ovunque, senza applicare il minimo risparmio di territorio, che equivale a paesaggio; siamo riusciti, in un contesto caratterizzato da autentici borghi storici, a costruirne uno “falso”, in stile antico. Pare vi siano raggruppati i principali stilisti dell’abbigliamento. La campagna all’intorno della grande abbazia non meritava né questo onore né questo disdoro.
«Sono copie, rifatte in un materiale volgare, gonfio, molle; collocate a caso su piedistalli, danno al malinconico Canapo l’aspetto d’un angolo di Cinecittà, dove si è ricostruita per un film l’esistenza dei Cesari. Non c’è nulla di più fragile dell’equilibrio dei bei luoghi»…«Il minimo restauro imprudente inflitto alle pietre, una strada asfaltata che contamina un campo dove da secoli l’erba spuntava in pace, creano l’irreparabile. La bellezza si allontana; l’autenticità pure». (Margherite Yourcenar, “Memorie di Adriano”).
Ovunque andiamo, non esiste più una visione globale e appagante del paesaggio. E’ necessario sfoderare nuove progettualità e nuove idee urbanistiche, che abbiano la volontà e la forza di andare in controtendenza, che siano in grado di manifestarsi come necessarie alternative culturali, che siano, in sintesi, capaci di generare nuova cultura.
Per la costruzione di una “nuova cultura”, occorre risalire alle radici dei comportamenti presenti e ricercare dei fatti rilevanti dell’occupazione del suolo, che hanno determinato delle trasformazioni. Tutti questi sistemi architettonici; i monasteri, i castelli, i borghi, le ville, le cascine, le filande, le fornaci, assieme ai fatti di storia partecipata, oggi, spesso trascurati, dovrebbero riemergere, avere spazio, essere messi in evidenza nella loro interezza di significato, rifunzionalizzati nella nuova cultura.
Bisogna, quindi, che di tutto si prenda possesso, attraverso memoria e cultura, passato e storia.
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Non c’è nulla di più fragile dell’equilibrio dei bei luoghi. L’allarme, il pericolo pasoliniano, lanciato in “Scritti Corsari” Acculturazione e Acculturazione si è, purtroppo, radicalmente verificato. L’industrializzazione, con i suoi modelli consumistici, ha diffuso un’opera di omologazione in tutto il territorio, distruggendo ogni autenticità e concretezza.
Il sistema, che non concepisce altre ideologie che quelle del consumo, non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende cha da uno spostamento dalla città al paese, seguendo le nuove piste viabilistiche, ci si fermi prima all’IKEA e poi all’OUTLET. La logica distorta ha voluto la costruzione di capannoni, supermercati, case, ovunque, senza applicare il minimo risparmio di territorio, che equivale a paesaggio; siamo riusciti, in un contesto caratterizzato da autentici borghi storici, a costruirne uno “falso”, in stile antico. Pare vi siano raggruppati i principali stilisti dell’abbigliamento. La campagna all’intorno della grande abbazia non meritava né questo onore né questo disdoro.
«Sono copie, rifatte in un materiale volgare, gonfio, molle; collocate a caso su piedistalli, danno al malinconico Canapo l’aspetto d’un angolo di Cinecittà, dove si è ricostruita per un film l’esistenza dei Cesari. Non c’è nulla di più fragile dell’equilibrio dei bei luoghi»…«Il minimo restauro imprudente inflitto alle pietre, una strada asfaltata che contamina un campo dove da secoli l’erba spuntava in pace, creano l’irreparabile. La bellezza si allontana; l’autenticità pure». (Margherite Yourcenar, “Memorie di Adriano”).
Ovunque andiamo, non esiste più una visione globale e appagante del paesaggio. E’ necessario sfoderare nuove progettualità e nuove idee urbanistiche, che abbiano la volontà e la forza di andare in controtendenza, che siano in grado di manifestarsi come necessarie alternative culturali, che siano, in sintesi, capaci di generare nuova cultura.
Per la costruzione di una “nuova cultura”, occorre risalire alle radici dei comportamenti presenti e ricercare dei fatti rilevanti dell’occupazione del suolo, che hanno determinato delle trasformazioni. Tutti questi sistemi architettonici; i monasteri, i castelli, i borghi, le ville, le cascine, le filande, le fornaci, assieme ai fatti di storia partecipata, oggi, spesso trascurati, dovrebbero riemergere, avere spazio, essere messi in evidenza nella loro interezza di significato, rifunzionalizzati nella nuova cultura.
Bisogna, quindi, che di tutto si prenda possesso, attraverso memoria e cultura, passato e storia.
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