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giovedì 28 febbraio 2008

Gli incassi dei Comuni

Articolo di BresciaOggi del 21 gennaio 2008.


Dal 2002 al 2007 più che raddoppiata l’addizionale sull’imposta sul reddito, l’Irpef. Volano gli incassi dei Comuni


Volano gli incassi fiscali dei Comuni: dal 2002 al 2007 l’addizionale Irpef locale è più che raddoppiata, segnando un aumento del 108%. Uno sprint che fa il paio con la volata delle entrate territoriali complessive: tra addizionali Irpef regionali e comunali e Irap, i cittadini lo scorso anno hanno pagato oltre il 70% in più di tasse rispetto a sei anni prima. È quanto risulta dagli ultimi dati sulle entrate fiscali pubblicati dalle Finanze.

In tutto il 2002 con le addizionali Irpef i Comuni avevano incassato poco più di un miliardo di euro. Se si compara l’incasso di gennaio-novembre 2007 (2.070 milioni di euro, ultimi dati disponibili) con quello del corrispondente periodo del 2002 (993 milioni di euro) l’aumento arriva al 108,4%. Non male anche la performance dell’addizionale regionale Irpef e vola anche l’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. Il 2002 si era chiuso a quota 32 miliardi di euro, mentre a novembre 2007 già si era arrivato ad un incasso di 39,6 miliardi di euro; 17 miliardi di euro in più. Balzo in avanti anche nel solo ultimo anno: l’addizionale Irpef per i Comuni è cresciuta del 42,5%. Il 2008 si preannuncia un’altra annata di aumenti: tra i Comuni che hanno già deliberato sulle addizionali, 1 su 3 ha deciso un incremento.



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mercoledì 27 febbraio 2008

Dopo le consultazioni, faremo quello che ci pare

Stralcio dell'articolo di Martin Andrew pubblicato su The Guardian il 21 febbraio 2008. Il “dialogo” con gli abitanti sulle grandi opere sembra risolversi in una giustificazione di decisioni già prese.


Le consultazioni sono state una delle principali caratteristiche degli anni di Blair-Brown. Si legano a Tony Blair, al suo “grande dialogo”, alla sua “grande tenda”. Ma i più sarcastici sostengono che avvengano solo perché poi il governo sia in grado di far precedere agli annunci politici più difficili le rassicuranti parole “Dopo ampie consultazioni …” Ce ne sono al momento circa 500 l’anno, e nel 2007 si è arrivati alla reductio ad absurdum quando è stato pubblicato il documento Effective Consultation, ovvero una consultazione sulle consultazioni.

La risposta del pubblico rivela che la “fatica mentale della consultazione” è una cosa che si sta affermando, si teme che le domande poste siano troppo tecniche, semplicemente irrilevanti, e in generale che le risposte saranno comunque ignorate. Un aspetto ben descritto dall’umorista americano Ambrose Bierce nel suo Devil's Dictionary, che definisce il verbo “ consultare” come: “chiedere l’approvazione altrui a qualcosa che si è già deciso”. Il che ci porta a un caso di consultazione importante che si conclude questa settimana: quello sui progetti per una terza pista e l’ampliamento dell’aeroporto di Heathrow. [...]

Quasi 250.000 persone che abitano vicino all’aeroporto hanno risposto alle domande. Entrando nella sala consultazione ho visto un uomo – un membro del pubblico in carne e ossa – che leggeva una delle domande, aggrottando la fronte. “Un momento” diceva. “Qui si chiede: Sino a che punto lei è d’accordo con la proposta? E nel caso si costruisse una terza pista a Heathrow, essa dovrebbe accompagnarsi a nuove strutture di terminal passeggeri?”. Ha sollevato gli occhi mentre rifletteva concentrato. “Ma io non la voglio, la terza pista a Heathrow!” ha concluso. [...]


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martedì 26 febbraio 2008

Lo strumento urbanistico provinciale

Articolo pubblicato il 12 febbraio 2008 su BresciaOggi. Iniziato l’iter per le modifiche dello strumento urbanistico provinciale Ptc.



Quali linee guida adottare per contenere il consumo di suolo nei 206 comuni bresciani? Quali strategie possono essere condivise dalle amministrazioni locali per concertare scelte importanti sul futuro urbanistico delle Valli, della Bassa, del Garda, della Franciacorta dell’hinterland, senza che gli «appetiti» di singoli municipi penalizzino porzioni ben più vaste di territorio?


Questi i quesiti di fondo alla base dell’arduo lavoro iniziato ieri dall’assessorato provinciale al Territorio nel seminario al Cfp Zanardelli: un primo confronto con i Comuni associazioni di categoria, ambientalisti, per adeguare il Piano territoriale di coordinamento provinciale alla luce della nuova legge regionale 12, che in materia urbanistica ha «tolto» ulteriormente il potere prescrittivo alla Provincia dando spesso carta bianca alle singole amministrazioni locali nella stesura dei Pgt (piani di governo del territorio, che stanno sostituendo i vecchi Prg). Con una grande frustrazione per il Broletto: «Noi ai Comuni non possiamo cassare alcun progetto, anche se rileviamo delle illegittimità» ha spiegato con disincanto l’assessore al Territorio Francesco Mazzoli.

Cosa può fare la Provincia? Mazzoli ha una strategia: «Creare dei tavoli di lavoro sovracomunali a "geometria variabile", che coinvolgano più enti locali a seconda dell’importanza e delle ricadute di un’opera programmata. Si può andare da una intera valle se si parla di un nuovo ospedale, a più Comuni se si tratta di un centro commerciale o di una scuola».


Gli strumenti. La legge regionale 12 del 2005 ha in parte reso «vano» il lavoro fatto dalla Provincia con il Ptcp (piano territoriale di coordiamento provinciale) adottato nel 2004: ovvero individuare i criteri di crescita urbanistica di ogni Comune (che in teoria non avrebbero potuto cementificare selvaggiamente) e mappare le zone naturalistiche e paesaggistiche che necessitavano di maggior tutela. Adesso con la legge regionale 12 il Ptcp potrà prescrivere precisi paletti solamente su quattro ambiti del vasto territorio provinciale: ambiente agricolo, infrastrutture, tutela del rischio idrogeologico, elementi paesaggistici.

«E’ chiaro che il tema principale da affrontare nell’adeguamento di questo Ptcp è quello del consumo di suolo» spiega chiaramente l’ingegner Marco Pompilio, consulente per il coordinamento della variante al Ptcp. Come arginarlo? Uno strumento molto importante è la Vas (valutazione ambientale strategica) che dovrà essere adottata per ogni nuova opera importante (strumento imposto dall’Europa e come al solito adottato in ritardo dall’Italia).


Uno strumento che impone una valutazione ambientale non solo della singola opera (centro commerciale, cava, strada) ma anche di tutte le possibili ricadute che si andranno a creare in un’area molto più vasta. Qui la Provincia potrà tentare di arginare le derive cementizie di molti Comuni. «Ma un primo e fondamentale passaggio - aggiunge Pompilio - è lo sviluppo del Sit»: il sistema informativo territoriale che mapperà aree agricole, urbanistiche, commerciali, di tutti i 206 comuni, sfruttando le banche dati di Regione, Provincia, Comuni, Arpa, Asl. Altro punto importante del nuovo Ptcp: l’adozione di strumenti di efficienza energetica, per costruire case e edifici pubblici meno energivori. «La grande sfida- chiude Mazzoli - è quella di far da supporto ai Comuni affinchè maturino le competenze ambientali».

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lunedì 25 febbraio 2008

Consiglio Comunale del 22 febbraio 2008

Articolo del Giornale di Brescia pubblicato il 24 febbraio 2008



Urbanistica protagonista del Consiglio comunale. Con le approvazioni definitive del Piano paesistico e del Piano di classificazione acustica, l’Amministrazione comunale ha gettato le basi per il futuro Piano di governo del territorio presentato a livello preliminare dall’arch. Silvano Buzzi, incaricato di redigere il documento. Questi Piani urbanistici hanno... colorato il territorio, con toni dal verde al rosso acceso, in base alle categorie in cui il paese è stato diviso, cinque per il piano paesistico e sei per quello di zonizzazione acustica. Categorie che identificano le zone in base al pregio, indicando quali parti vanno tutelate evitando il loro stravolgimento con «edificazioni selvagge», inserendo nella più restrittiva classe quinta la valle del torrente Longheone, le varie cime collinari e la «Collina dell’Angelo».

Ci sono poi le norme regionali che identificano le varie categorie in base alla presenza di «rumore umano» derivante da traffico, attività artigianali e industriali, che possano produrre un innalzamento dell’inquinamento acustico prodotto. «Questi piani - ha spiegato il sindaco Daniela Gerardini, in apertura del Consiglio - sono il primo passo verso l’importantissimo documento del Piano di governo del territorio, che stiamo portando avanti con gli obiettivi di tutela ambientale, sostenibilità e salvaguardia, obiettivi che illustreremo ai cittadini durante le assemblee pubbliche in programma mercoledì 5 marzo a Passirano, giovedì 13 a Camignone e lunedì 17 a Monterotondo».

Il Consiglio comunale ha fatto registrare il «tutto esaurito» per la folta presenza di cittadini, intervenuti per assistere al dibattito sui due Piani in discussione e sulle osservazioni pervenute dopo l’approvazione preliminare. Dibattito che ha visto il parziale accoglimento di alcune osservazioni, ma ha rilevato anche alcune presunte piccole incongruenze soprattutto nel Piano di zonizzazione acustica, che saranno oggetto di revisione da parte dell’ingegner Filippo Mutti redattore del Piano. Incongruenze portate all’attenzione dell’Amministrazione comunale dall’opposizione e rilevate dal capogruppo della lista «Comunità solidale» Amilcare Barucco.

Le opposizioni hanno criticato anche il Piano Paesistico, astenendosi nel voto dopo il parziale accoglimento di alcune delle tredici osservazioni pervenute di cui cinque presentate da organizzazioni di tutela per interessi diffusi, una sottoscritta da più di quattrocento firmatari, osservazioni che secondo le opposizioni hanno contribuito a «rimodellare» parzialmente il piano seppur «non in maniera soddisfacente».

«Comunità solidale» ha contestato soprattutto i centomila metri quadrati previsti per ulteriori attività industriali, l’esclusione di contrada «Barboglio» dai centri nuclei antichi, la non tutela della zona ad ovest di via Vallosa e di parte della balconata di via Castello che secondo la Lista civica hanno ottenuto un classe troppo bassa. Le discussioni sono ora rimandate alle assemblee pubbliche annunciate dal sindaco Gerardini per la presentazione della bozza preliminare del Piano di governo del territorio.

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sabato 23 febbraio 2008

Res publica

Nei giorni scorsi abbiamo iniziato a distribuire il primo numero del nostro "Res publica". Eccolo ora postato anche sul blog. Buona lettura!

























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Presente e futuro della pianificazione urbanistica comunale

Stralcio della Lettera al Direttore del Giornale di Brescia, pubblicata sabato 23 febbraio 2008.



Franco Robecchi e Innocenzo Gorlani, negli articoli pubblicati rispettivamente il 20 gennaio ed il 2 febbraio, hanno affrontato in modo originale, da distinti punti di vista, importanti questioni riguardanti il presente ed il futuro della pianificazione urbanistica comunale.Il primo ha provocatoriamente posto in dubbio che la pianificazione urbanistica abbia davvero la capacità di incidere sulle sorti delle città, ed a suffragio della propria tesi ha richiamato l’esempio di numerose opere pubbliche previste dal piano regolatore e mai attuate. [...] Da tale dubbio perviene alla conclusione che, nonostante la tendenza intellettualistica a credere che debba esistere un autore delle città, sarebbe invece la dinamica sociale ed economica, e non già l’urbanistica, a «fare la città», seguendo vie, in genere, di «sostanziale saggezza». Infine si compiace che la recente legge urbanistica regionale abbia segnato il superamento della «vecchia idea della pianificazione, rigida quanto velleitaria».

Innocenzo Gorlani nel suo intervento ha preso le distanze dalla posizione espressa da Robecchi, ed ha ricordato opportunamente che la trasformazione del territorio cittadino non può prescindere dall’urbanistica in quanto insieme di regole e di strumenti giuridici, sottolineando l’esigenza di un’ampia partecipazione dei cittadini nella formazione dei piani. Circa la nuova legge urbanistica regionale Gorlani ha evidenziato la difficoltà di conciliare, entro il Piano di governo del territorio (Pgt), la definizione di programmi strategici e quella dei programmi di medio periodo, auspicando infine l’intervento di una legge statale, di principi (in sostituzione di quella del 1942) che consenta di mettere un po’ di ordine nell’urbanistica regionale.

Nell’argomentare di Robecchi traspare una contraddizione: la vecchia idea della pianificazione, egli sostiene, sarebbe troppo rigida e velleitaria; tuttavia lo stesso Robecchi porta all’attenzione dei lettori numerosi esempi dì significativi interventi pubblici di trasformazione urbanistica che sono maturati al di fuori di qualsivoglia pianificazione. Tali interventi hanno avuto luogo, dunque, a dispetto della supposta rigidità della «vecchia idea della pianificazione». Gli esempi non dimostrano affatto che la vecchia idea della pianificazione fosse troppo rigida, bensì che troppe scelte pubbliche fondamentali per l’assetto del territorio cittadino sono maturate al di fuori di un’idea pianificatoria complessiva ed organica. [...]

Non è la «vecchia idea della pianificazione» (che informa la L. n. 1150/1942) ad essere troppo rigida e velleitaria, ma è piuttosto la sua applicazione pratica ad essersi sovente dimostrata superficiale ed eccessivamente condizionata (la valutazione e pressioni contingenti, avulse dal processo pianificatorio unitario). La risposta alla crisi della passata e presente esperienza pianificatoria non può consistere nel cieco affidamento alla forza propulsiva delle dinamiche economico-sociali, poiché appare troppo grave il pericolo che l’esito di una siffatta abdicazione della pianificazione regolamentata possa segnare l’affermazione tecnocratica sul territorio dei soli interessi di potentati pubblici e privati, quindi al di fuori di un processo decisionale democraticamente controllato e sorvegliato.

Robecchi si dice soddisfatto che la recente legge urbanistica regionale abbia decretato il superamento della «vecchia idea della pianificazione, rigida quanto velleitaria». Tale giudizio non persuade del tutto. La legge urbanistica regionale non sembra poter superare la «vecchia idea della pianificazione» semplicemente poiché alle sue disposizioni non pare sottesa alcuna precisa idea della pianificazione territoriale. Da tali disposizioni sembra emergere l’intento di abbandonare la tradizionale tecnica della zonizzazione, senza che tuttavia sia proposta una tecnica di pianificazione territoriale alternativa; ne deriva la mancanza di un modello normativo di pianificazione sufficientemente definito capace di restringere entro margini accettabili la discrezionalità pianificatoria delle Amministrazioni, onde evitare il rischio che essa trascenda nel mero arbitrio.

Il legislatore lombardo si è preoccupato principalmente di configurare il Pgt come un efficace strumento di programmazione dei servizi comunali e delle opere pubbliche, entro il quadro di una accertata sostenibilità finanziaria della politica comunale dei servizi. In tal senso può convenirsi circa l’attitudine della nuova legge urbanistica a correggere la passata prassi urbanistica caratterizzata dall’approvazione di piani contenenti previsioni largamente velleitarie. Tuttavia, si scorge sin d’ora il pericolo che le Amministrazioni comunali, a fronte dell’obbligo di dimostrare la sostenibilità finanziaria del piano dei servizi del Pgt, anziché optare per una politica di servizi improntata a sobrietà e realismo, siano vinte dalla tentazione di «far tornare i conti» spendendo, per così dire, «moneta falsa».

Si intende far riferimento alla previsione di entrate corrispondenti all’assegnazione di diritti edificatori, ovvero alla previsione di acquisizione alla proprietà pubblica di aree private senza corresponsione di indennizzo, in cambio dell’assegnazione di diritti edificatori («liberamente commerciabili», secondo l’inquietante espressione di nuovo conio impiegata nella L.R. 12/05). Si abuserebbe della pazienza dei lettori entrando analiticamente nel merito di tali soluzioni tecnico-urbanistiche, entro certi limiti pur ammissibili, ma si vuole qui sinteticamente evidenziare l’essenza del fenomeno paventato: nella «nuova idea della pianificazione che avanza» l’assegnazione della capacità edificatoria ad opera del Pgt (e dei suoi piani attuativi) rischia di essere condizionata più dalle pressanti esigenze finanziarie comunali che dall’obiettivo riconoscimento della vocazione urbanistica di determinate porzioni del territorio. [...]
(Lettera firmata)
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venerdì 22 febbraio 2008

La porta in faccia

La Convenzione Europea del Paesaggio ricorda che “Il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale […] e rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale. La sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo”.

La tutela del paesaggio, come recita la nostra Costituzione, e come recentemente ribadito da alcune sentenze della Corte Costituzionale “è prioritaria e preordinata rispetto a tutte le politiche urbanistiche”. Il patrimonio rappresentato dal paesaggio è questione centrale, e non certo una variabile secondaria.

La Regione Lombardia - ultima regione italiana, insieme alla Calabria, a dotarsi di Piano Paesistico! - ha approvato un Piano Regionale che, attraverso la cosiddetta “pianificazione a cascata”, ha totalmente delegato le proprie competenze a Province e Comuni. “Quel che suscita allarme – scrive Mario Pirani - è proprio la delega affidata ai Comuni in merito alla difesa del paesaggio. Così non si è solo abrogato l’art. 9 della Costituzione secondo cui «la Repubblica tutela il paesaggio», ma si è innescato un diffuso conflitto d’interessi: gli enti locali, sempre a corto di mezzi, sono invogliati a introiti aggiuntivi attraverso il rilascio di concessioni edilizie”. Questo pericolo si corre, a maggior ragione, quando ci si trova ad operare con Piani Paesistici come quello della Regione Lombardia, che non dettano regole prescrittive e che non prevedono alcuna forma di controllo sostanziale sulle competenze delegate.

Capito che la difesa e la gestione del patrimonio paesaggio è elemento chiave del benessere individuale e sociale, e che il Piano Paesistico della Regione Lombardia – con la sua “pianificazione a cascata” - è strumento ampiamente criticato e criticabile, quale giudizio dare del Piano Paesistico adottato dal Comune di Passirano?

Assolutamente negativo, per una serie di ragioni.

In primo luogo perchè la partecipazione dei cittadini ai processi formativi del Piano Paesistico – espressamente indicata nella Convenzione Europea del Paesaggio - è stata palesemente negata. Tant’è che, solo per fare un esempio, i residenti a Passirano e Camignone hanno potuto “confrontarsi” con l’Amministrazione sul Piano Paesistico solo in tempi successivi alla sua adozione in Consiglio Comunale. Come dimenticare, poi, la lettera spedita al Direttore del Giornale di Brescia a luglio 2007, nella quale il Sindaco scrive che “… nel corso dell’assemblea pubblica a Monterotondo invitavo e sollecitavo (i cittadini) a formalizzare eventuali proposte dopo l’adozione e la pubblicazione del Piano Paesistico".
Che senso ha un invito del genere? Chi è il fautore di questa partecipazione postuma?

Seconda considerazione. La lettera del 17 luglio 2007 - inviata dall’Amministrazione comunale ai 345 cittadini che avevano sottoscritto la mozione di modifica del Piano Paesistico - riporta quanto segue: "... l'attribuzione delle classi di sensibilità paesistica deriva da un'attenta indagine analitica e tecnica di tutte le componenti del paesaggio e rappresenta l'indicatore di un complesso equilibrio d'insieme ottenuto filtrando il mosaico delle componenti fisico-naturali, agrarie, storico-culturali e urbane".
Che cosa si nasconde dietro questa mistificata complessità?

Terza considerazione. Nell'editoriale di "Passirano Notizie" del giugno 2007, Sindaco e Giunta sostengono che "... il lavoro svolto in questi mesi ha coinvolto non solo la Giunta, ma anche figure dotate di notevole spirito critico, sensibilità ambientale e conoscenza del territorio".
Quale è stato il metro di giudizio utilizzato dall’Amministrazione di Passirano per stabilire chi è figura dotata di notevole spirito critico, e chi no?


Arrivati a questo punto, anche le figure mediamente dotate, però, possono intuire le vere ragioni che hanno spinto l'Amministrazione di Passirano ad agire come ha agito: la gestione del territorio è materia che è sempre stata, e deve continuare ad essere, di esclusiva competenza di un'elite, che cerca di legittimarsi ostentando una rassicurante capacità di rappresentare compiutamente le istanze di un'intera comunità. Una qualità questa che, però, l'Amministrazione comunale di Passirano ha dimostrato di non poter rivendicare. Ma anche se lo potesse, il club delle figure dotate non può non sapere quanto sia pericoloso concentrare nelle mani di gruppi ristretti ed autoreferenziali i destini di un’intera comunità.

Detto questo, è fin troppo facile prevedere che le osservazioni al Piano Paesistico, anche se sottoscritte da oltre 400 persone, questa sera non saranno accolte dal Consiglio Comunale. Siamo ovviamente amareggiati, anche perché così facendo questa Amministrazione (di nuovo) non rispetta gli impegni assunti e scritti nel programma elettorale, che garantiva partecipazione diffusa ed attenta tutela del territorio. Un territorio certo non banale che, solo per fare un esempio, il Sovrintendente ai Beni Architettonici e al Paesaggio, arch. Rinaldi, vorrebbe fosse ricompreso in un parco agrario.

Che dire? Prendiamo atto che anche in questa occasione l'Amministrazione ha chiuso la porta in faccia ai cittadini, e li ha costretti, loro malgrado, a rimanere fuori dal palazzo … ad osservare. Appunto.


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mercoledì 20 febbraio 2008

Campagne urbanizzate. E una marea di seconde case

Articolo pubblicato sul Giornale di Brescia del 12 febbario 2008, dal titolo "Tra campagne urbanizzate e il proliferare delle seconde case".


Il paesaggio non è un bene rinnovabile, e non sempre viene gestito in modo adeguato.


Non siamo all’interessamento del Wwf - per la serie: salviamo le specie in estinzione - ma ad un livello alto d’attenzione, quello sì. L’«animale» che va scomparendo - e non occorre imbracciare la bandiera dell’ambientalismo militante per denunciarlo - è il territorio, la nostra terra bresciana. Basta prendere la macchina e percorrere la ex Statale verso Milano per notare come i cartelli che indicano l’inizio di un paese siano sempre più necessari, dal momento che di «intervalli» non urbanizzati non ce ne sono praticamente più.

Oppure guardare vecchie cartoline della costiera gardesana o della Valtenesi: il proliferare delle seconde case ha «mangiato» metri cubi su metri cubi. Una stima più che attendibile parla di qualcosa come ventimila seconde case sulla sponda bresciana del lago di Garda, da Sirmione a Limone. Altri dati, sia pure riferiti a singole situazioni locali, sono ancor più esplicativi. Rispetto all’inizio del Novecento, a Salò il consumo del territorio è aumentato del 575%, le abitazioni del 535% ed i vani del 637%, a fronte di una crescita della popolazione del 69%; in meno di cent’anni su 460 ettari non urbanizzati ne sono stati consumati 350. Ancora: dal 1998a oggi a Salò sono state costruite 99 piscine.

Altro esempio egualmente significativo: Padenghe. Qui in vent’anni gli abitanti (ora 3.500) sono cresciuti del 28% e le abitazioni del 102%. Passiamo a Moniga: popolazione aumentata del 10%, edifici del 47%. La situazione è questa. Se ne rendono conto anche gli amministratori meno sprovveduti. Certamente va salutato con favore il fatto che, nell’introduzione del documento preliminare alla variante di adeguamento del Piano territoriale di coordinamento provinciale, l’assessore Mazzoli ed il presidente Cavalli scrivano che «l’espansione insediativa, la creazione di insediamenti logistici e commerciali portano, lungo la fascia a cavallo dell’autostrada A4 e delle principali arterie stradali, ad una progressiva conurbazione con la perdita di riconoscibilità dei caratteri tipici degli areali e del paesaggio», annunciando l’obiettivo di contenere il consumo di suolo con strumenti più mirati.

Insomma, il problema c’è ed è conosciuto. Ora occorre un’azione seria per invertire la rotta, altrimenti nemmeno il Wwf potrà fare molto per salvare il territorio dall’estinzione.



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martedì 19 febbraio 2008

Un parco per valorizzare la Franciacorta

"La Franciacorta che vogliamo, percorso di sostenibilità per il futuro del territorio". Incontro organizzato da Fondazione Cogeme, Iseo 2 febbraio 2008. Sintesi dell’intervento dell’arch. Luca Rinaldi, Sovrintendente Beni architettonici e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova.

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Quale ruolo riveste il paesaggio? Sicuramente un ruolo centrale, soprattutto quando ci si riferisce a una zona come quella della Franciacorta che si stacca – o meglio, potrebbe staccarsi - dall’immagine classica del territorio subalpino che si è ormai trasformato in un’enorme conurbazione che parte da Torino, e arriva fino a Venezia.

In tema di paesaggio, va ricordato che lo Stato - quando manteneva molte competenze in diversi settori - aveva tracciato una strada precisa. E proprio grazie alle disposizioni previste dalle leggi nazionali negli anni '50 e '60 ci sono stati alcuni vincoli paesistici che hanno riguardato e tutelato le porte dei laghi di Garda e Iseo, i centri montani come Ponte di Legno, e alcune zone collinari come ad esempio la zona di Erbusco e Cazzago.

Negli anni successivi, invece, c’è stato un brusco calo di interesse per il paesaggio nonostante l’approvazione di una legge come la Galasso (1985), legge che ha imposto alle Regioni la predisposizione dei piani paesisitici. Ricordiamo però che la Lombardia si è dotata di un piano paesistico a distanza di ben 16 anni dall'approvazione della legge Galasso, e che è stata l’ultima regione a farlo, accompagnata solo dalla Calabria!

Un Piano Peasistico, quello della Regione Lombardia, che è stato criticato da più parti perché non detta regole e non include al suo interno alcun tipo di prescrizione. E’ un piano che poggia le fondamenta su concetti molto poco concreti quali sussidiarietà, sostenibilità e solidarietà, termini che non servono di sicuro a normare la materia.

Altro aspetto negativo del Piano Paesistico è la cosiddetta “pianificazione a cascata” che delega le competenze della Regione alle Province, le quali a loro volta delegano la competenza ai Comuni. Ma questo tipo di processo ha senso solo se chi delega mantiene un attento controllo, solo se vengono istituite delle regole ben definite. E invece i due grandi difetti del Piano Paesistico della Lombardia sono proprio l’assenza di regole certe, e l’assoluta mancanza di controlli. Il risultato finale è che, purtroppo, in tema di paesaggio i Comuni stanno facendo esattamente quel che vogliono.

Le indicazioni delle leggi nazionali – in particolare il decreto legislativo 42 del Codice dei Beni Culturali – impongono che Stato e Regioni definiscano insieme il Piano Paesistico Regionale, un piano che deve essere prescrittivo. Nella sostanza vengono superati i Piani Paesistici di prima generazione e si apre la strada ad una programmazione di tipo congiunto. Premesso che le scelte politiche nella gestione del territorio hanno un’importanza enorme, bisogna pur dire che la Regione Lombardia, appunto per ragioni di natura politica, non ha mai aperto il tavolo di trattativa con lo Stato. Ci troviamo quindi in una situazione grottesca: proprio in questo periodo il Piano Paesistico dovrebbe essere rivisto e riscritto dalla Regione, evento che inciderà sugli strumenti di pianificazione indicati dalla Legge Regionale 12.

In Lombardia abbiamo quindi una situazione molto particolare che porterà dal 1 maggio 2008 a riversare sulle Sovrintendenze un compito che non è più di controllo a valle delle autorizzazioni (come è stato fino ad ora), ma un controllo a monte con possibilità di veto, e quindi assolutamente prescrittivo. Procedura che si prefigura sia per le aree della Franciacorta tutelate dalla vecchia legge 1497, sia per le aree vincolate ex legge Galasso e cioè fiumi, zone umide e boschi.

Ci ritroviamo in questa situazione a causa di alcune iniziative demagogiche-populiste volute dalla Regione Lombardia che incidono profondamente sulle politiche di gestione del territorio, gestione che dovrebbe essere condivisa, regolamentata ma soprattutto, come detto, attentamente controllata. A quale ente affidare questo controllo? Probabilmente alla Provincia, ma certamente non ai Comuni come invece accade oggi. Perché non possono più essere i Comuni? Perché negli ultimi anni è di tutta evidenza che i Comuni non sono stati in grado di contenere l'assalto al territorio da parte di chi investe nel mattone.

La mancanza di regole prescrittive e di controlli ha generato una situazione che davvero non è più sostenibile. A questo si aggiunga che i Piani di Governo del Territorio (PGT) troppo spesso mostrano carenze preoccupanti, perché sono ancora concepiti come piani di sviluppo e non come piani di contenimento, in un’epoca in cui, però, è fin troppo chiaro che il consumo di suolo deve essere drasticamente ridotto se non arrestato completamente. Ci sono troppi PGT che vogliono ulteriore espansione edilizia anche su aree a vocazione turistica ed ambientale come quelle della Franciacorta, dimenticando ad esempio le possibilità offerte dal recupero dell’edificato esistente.

C’è poi il discorso del destino delle aree agricole: abbiamo una situazione assurda che permette di recuperare cascine anche con demolizione e trasferimento non delle sole superfici, ma addirittura delle volumetrie. Questo processo devastante impone in maniera inderogabile un attento controllo sulle aree agricole, che deve garantire invece la loro definitiva valorizzazione anche attraverso una rigida delimitazione delle espansioni edilizie.

Per quanto riguarda i centri storici, ricordiamo che il Piano delle Regole della legge regionale 12 offre degli strumenti per effettuare un efficace controllo delle loro trasformazioni. Possiamo fare una seria ricognizione dei valori esistenti nei centri storici, un’analisi sullo sviluppo e un’indicazione sulle loro trasformazioni, cosa che da tempo avviene in Francia, Inghilterra e Germania, nazioni nelle quali esiste una pratica costruttiva che impedisce di realizzare alcune stravaganze che invece ritroviamo nei nostri centri storici.

Infine voglio ricordare che la Sovrintendenza ha l’intenzione di proporre un’estensione del vincolo paesaggistico almeno nella zona centrale della Franciacorta, zona che riguarda l’area a nord di Cazzago ed Erbusco, il nucleo di Passirano, Provaglio, Corte Franca e Iseo. Secondo la Sovrintendenza questa zona centrale della Franciacorta deve essere salvaguardata e tutelata attraverso l’istituzione di un parco o di un PLIS (Parco Locale di Interesse Sovracomunale).

Questa proposta nasce dalla convinzione che la tutela del paesaggio – come scritto nella nostra Costituzione e come recentemente ribadito da alcune sentenze della Corte Costituzionale - è prioritaria e preordinata rispetto a tutte le politiche urbanistiche. Il paesaggio, ricordiamolo, non è una variabile secondaria, ma è questione centrale e pertanto la pianificazione del paesaggio deve essere sempre consustanziale alla pianificazione urbanistica. Questo è quello che interessa alla Sovrintendenza, e spero che sia argomento sul quale confrontarsi responsabilmente con i Comuni della Franciacorta.



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Dopo quasi un secolo, una nuova legge sul paesaggio?

Stralcio di un articolo di Giovanni Valentini, pubblicato il 19 febbraio 2008 su La Repubblica.



Non è una bomba a orologeria, o almeno speriamo che non lo diventi, ma il conto alla rovescia è già cominciato. Il calendario lascia ormai meno di due mesi, prima delle elezioni che potrebbero riconsegnare l´Italia al centrodestra, per approvare il nuovo Codice dei Beni culturali e del Paesaggio presentato dal ministro Francesco Rutelli. E inopinatamente, anche da parte di alcuni settori del centrosinistra sono in atto le "grandi manovre" contro una riforma fondamentale per salvaguardare l´ambiente, l´identità e l´immagine del Belpaese. Predisposta da una commissione di esperti sotto l´autorevole presidenza del professor Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, la riscrittura del Codice ha il merito principale di restituire allo Stato la competenza "esclusiva" sulla tutela del paesaggio, in sintonia con la sentenza della Corte costituzionale del novembre scorso.

Il potere centrale si riappropria in questo modo di alcune prerogative sul governo del territorio che per definizione, riguardando un patrimonio collettivo, non può essere localistico, municipale o regionale, frazionato insomma tra una pluralità di soggetti amministrativi spesso in conflitto tra loro. In forza di una legge delega già prorogata di due anni, il termine ultimo per ratificare il provvedimento scade il 1° maggio, ma difficilmente il testo sopravviverebbe in questa versione a una vittoria elettorale del centrodestra. Nello spirito dell´articolo 9 della Costituzione, secondo cui "la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione", la riforma introduce innanzitutto l´obbligo di una pianificazione congiunta fra Stato e Regioni per elaborare i piani paesaggistici. In questa procedura, è previsto poi il parere vincolante delle Sovrintendenze su qualsiasi intervento urbanistico o paesaggistico che incida su territori vincolati. E inoltre la sub-delega dalle Regioni ai Comuni, per i piani e le licenze edilizie, viene subordinata all´istituzione di uffici con competenze specifiche.

Prima dell´approvazione definitiva da parte del governo uscente, occorrono però i pareri consultivi delle competenti Commissioni parlamentari (Cultura e Ambiente) e prima ancora quello della Conferenza Stato-Regioni. È proprio in questa sede che è scattata la trappola dilatoria per allungare l´iter procedurale e insabbiare il provvedimento. Di fronte alla convergenza dei Comuni e delle Province, seppure condizionata a qualche ritocco ragionevole e accettabile, sono state alcune regioni governate dal centrosinistra come la Toscana e la Calabria (in quest´ultima l´assessore al Turismo è stato arrestato nei giorni scorsi in un´operazione antimafia), alleate per l´occasione ad alcune regioni di centrodestra come la Lombardia e il Veneto, a tirare il freno per difendere i propri poteri decisionali, nonostante la disponibilità di altre regioni di centrosinistra tra cui il Piemonte, la Sardegna, la Puglia e la Basilicata. Di rinvio in rinvio, si rischia ora di far naufragare in extremis il Codice Rutelli provocando una spaccatura all´interno dello stesso Partito democratico. [...]


Non c´è nulla di rivoluzionario, di radicale o di massimalista, nel Codice sul Paesaggio. Non è stato concepito da una "sinistra antagonista", come si suol dire a volte in tono spregiativo, ma da una cultura riformista delle conoscenze e delle competenze.
E si tratta di uno strumento utile anche a fini economici, per incentivare il turismo di qualità e quindi l´occupazione di tutto l´indotto. Mentre la sottosegretaria ai Beni culturali, Danielle Mazzonis, avviava un tentativo di mediazione per superare l´impasse, il professor Settis ha scritto intanto a Rutelli per esprimergli la sua preoccupazione e sollecitarlo a respingere l´ostruzionismo di quelle che lui stesso chiama le "regioni palazzinare": tanto più che il governo ha la facoltà di approvare il Codice anche contro un loro eventuale parere negativo. Benedetto Croce fu ministro per un solo anno, ma ancora si studia la sua legge sul paesaggio, la prima nella storia d´Italia. Si farà in tempo ora ad approvarne una nuova, a quasi un secolo di distanza?
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lunedì 18 febbraio 2008

Lo specchio di un'Amministrazione trasparente

Il sito Internet del Comune di Passirano, riporta quanto segue: "Attraverso l'area "Il comune informa" si può accedere a tutti quei servizi e a tutte quelle informazioni che riguardano l'Amministrazione Comunale ed il territorio. Informazioni immediate, aggiornate e di facile lettura. Lo scopo di quest'area è di rendere il sito Internet del Comune lo specchio di una Amministrazione trasparente al servizio del cittadino, lo strumento di un dialogo tra il Comune e la città immediato ed aperto al confronto. Conoscere il Comune, chi lo amministra, chi ci lavora, conoscere i regolamenti che vigono su di un territorio, Bandi, Gare d'appalto, lavori pubblici, commissione edilizia e tutto quello che serve al professionista e all'impresa per essere sempre aggiornato sulle iniziative e sulle proposte del Comune. Sono solo alcune delle tante "informazioni" che si potranno acquisire per avere un quadro dettagliato, aggiornato e trasparente della realtà comunale".



Sullo stesso tema, il nostro post del 22 giugno 2007 Il sito Internet del Comune di Passirano: parlano i nostri Amministratori, riporta un'intervista rilasciata dai nostri Amministratori comunali alla Halley s.a.s. (società che fornisce soluzioni hardware e software per le Pubbliche Amministrazioni). Ecco uno stralcio di quel post.


Quali benefici hanno ottenuto gli utenti con il nuovo Portale?
I benefici, per i cittadini per le imprese, sono molteplici. Oggi disponiamo di un più veloce e completo accesso alle informazioni riguardanti la pubblica amministrazione. Velocità, facilità di accesso completezza e semplicità delle informazioni sono elementi che ci permettono di “accorciare le distanze” con il cittadino; aggiungo inoltre che tutto ciò è indispensabile per il buon esito dei percorsi partecipativi che stiamo attivando.
Quali sono le tipologie dei servizi erogati?
I servizi erogati vanno dalla pubblicazione delle delibere alla consultazione delle pratiche edilizie, alla modulistica e altro ancora. Da non dimenticare la pubblicazione nella home page delle novità e delle principali iniziative in corso. [...]
Quante risorse umane vi sono state dedicate?

Il primo passo è stato il coinvolgimento delle risorse interne all’ente, si è costituito un ristretto gruppo di lavoro con competenze diverse, una figura proviene dall’ufficio tecnico una dall’ufficio finanziario ed infine il coordinatore proviene dall’area affari generali. Il gruppo si riunisce settimanalmente ed effettua una valutazione critica del sito e del materiale inviato dai vari uffici per la pubblicazione. Da sottolineare che la facilità di aggiornamento e gestione dello strumento ha permesso il coinvolgimento di personale non specialistico.
Gli obiettivi che l’Amministrazione si era posta con l’E-Government, sono stati raggiunti?
Con poche risorse, sfruttando a pieno le potenzialità dell’integrazione delle procedure, si pensi alle delibere e alle pratiche edilizie pubblicate con estrema semplicità e puntualità, abbiamo raggiunto obiettivi prima impensabili. [...]


Quindi, tutto bene? Sì, se non fosse che ad oggi (18 febbario 2008) - nonostante la riconosciuta facilità di aggiornamento e la dichiarata puntualità - l'ultima delibera pubblicata sul sito del Comune di Passirano risale ... al 19 dicembre 2007.

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Chi sono i padroni del paesaggio

Lettera al Direttore di BresciaOggi pubblicata lunedì 18 febbraio 2008.



Segnalo l’articolo di Giovanni Valentini, «Chi sono i padroni del paesaggio», pubblicato il 28 gennaio dalla «Repubblica». E’ importante perché fa il punto sulla nuova legge redatta dopo un anno di lavoro dalla commissione presieduta dal prof. Salvatore Settis e che, a mio giudizio, rischia di essere gettata nel cestino a causa della caduta del Governo. E’ «la riforma del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio – informa Valentini – predisposta dal ministro Francesco Rutelli e varata in extremis dal Governo uscente, a quattro anni dalla legge-delega dell'ex ministro Giuliano Urbani; rappresenta perciò un'occasione decisiva per segnare una svolta nella vita della nostra collettività. Se le Commissioni parlamentari, cui spetta ratificare entro tre mesi i 184 articoli del decreto legislativo, avranno la capacità di approvarlo integralmente, magari al di là della logica degli schieramenti contrapposti, forse potrà partire da qui un moderno “rinascimento” civile o, quantomeno, una fase virtuosa nella gestione dell'ambiente, inteso nel senso più largo come sistema di relazioni con la natura e con il prossimo». Non sono ottimista sulla possibilità che il decreto Rutelli venga approvato in tre mesi. Saranno in molti a porre paletti ai 184 articoli che potrebbero rappresentare «l'inizio di una rifondazione ecologica del Paese, la prima pietra di una “nuova Italia”, più ordinata, più pulita e dunque più vivibile», come annota ancora Valentini. Secondo il quale il nuovo Codice «interviene opportunamente sul nodo dei rapporti tra governo centrale ed enti locali, per riportare questa responsabilità nell'ambito di una visione più generale.

Si riduce così un eccesso di delega che, in questo come in altri campi, ha prodotto una sovrapposizione e frammentazione di poteri decisionali tra Regioni, Province e Comuni, spesso a danno della trasparenza, della legalità e soprattutto dell'interesse collettivo. Se la salvaguardia del lago di Garda coinvolge contemporaneamente la Lombardia, il Veneto e il Trentino; o quella del lago Trasimeno riguarda la Toscana e l'Umbria (…); se l'infausto progetto dell'autostrada della Maremma attraversa (speriamo solo sulla carta) la Toscana e il Lazio, evidentemente l'unica autorità in grado di provvedere adeguatamente è proprio quella statale come punto di riferimento e di mediazione».

Mi fa piacere segnalare il lavoro della commissione Settis sfociato nel Codice approvato in extremis per due ragioni. Innanzi tutto perché costituisce l’adempimento di un impegno assunto dal ministro Rutelli; in secondo luogo perché dimostra come il vituperato Governo Prodi non sia stato con le mani in mano sul fronte ecologista, al pari del risanamento dei conti pubblici richiesti dall’Europa, e sia caduto proprio quando avrebbe potuto raccogliere i frutti di un lavoro duro e impopolare. La riscrittura del Codice è stata avallata “in corso d'opera” dalla Corte costituzionale con l'importante sentenza del novembre scorso in cui la Consulta ha ribadito che la tutela del paesaggio «costituisce un valore primario e assoluto. E perciò, rientra nella competenza “esclusiva” dello Stato, precedendo e limitando il governo del territorio attribuito agli enti locali. Da qui l'obbligo di elaborare i piani paesaggistici con una pianificazione congiunta fra Stato e Regioni» con il parere vincolante delle Sovrintendenze su qualsiasi intervento sul paesaggio di territori vincolati.

Valentini scrive, infine, che un'altra rilevante novità riguarda «il potere attribuito al ministero dei Beni e delle Attività culturali di apporre vincoli paesaggistici “ex novo”. Al momento, il territorio italiano è già protetto per il 47% dell'estensione complessiva. Ma la sua particolare configurazione, prodotta storicamente dall'intreccio fra la natura e la mano dell'uomo, richiede in effetti un'ulteriore tutela per salvaguardarne la straordinaria identità: con ottomila nuclei storici, il nostro è il Paese più “antropizzato” del mondo».


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domenica 17 febbraio 2008

Votiamo sempre gli stessi, e sopportiamo connivenze e corruzione

Stralcio di un articolo di Emilia Patruno. Enrico Bertolino a teatro. In "Lampi accecanti di ovvietà" castiga il nostro Paese e, soprattutto, i suoi abitanti: «Ci lamentiamo di tutto, ma poi votiamo sempre gli stessi e sopportiamo connivenze e corruzione senza batter ciglio».



Si augura che il pubblico esca da teatro dopo aver visto "Lampi accecanti di ovvietà", sorridendo, ma anche, e soprattutto, chiedendosi perché. Enrico Bertolino, comico, attore in Tv, radio e teatro, spiega, ma solo un po’: «È un lampo che per un attimo acceca, ma quando la vista si riprende si riesce a intravvedere un orizzonte nuovo, non ideologico né tantomeno moralista, forse soltanto un po’ più normale in senso umano, positivo e irreale».

Ci può dare una breve descrizione dello spettacolo, magari a partire dal suggestivo titolo?
«Il titolo deriva da una frase di G.B. Shaw, che spesso il mio primo maestro di formazione e consulenza, Franco D’Egidio, utilizzava in aula con i manager di impresa per evidenziare quanto le cose apparentemente ovvie e banali siano le prime a sfuggirci, mentre ci impegnamo a cercare la complessità e i dettagli. Mai come oggi una frase così offre la sintesi della situazione italiana. Basti vedere questa politica che continua ad andare a caccia di consensi in un Paese sommerso dai rifiuti».

Che cosa pensa di Grillo?
«Tutto il bene possibile, è un comico che ha scelto e pagato di suo per passare dal palcoscenico teatrale a quello mediatico attraverso strumenti nuovi e innovativi come i blog e Internet. Sempre preparato, come dev’essere chi fa un teatro di denuncia, e soprattutto capace, con la sola forza dell’informazione, di scardinare il fortino mediatico nel quale si è rinchiusa una classe politica capace di comunicare con i media, ma incapace di farsi capire e apprezzare dalla gente».

Che cosa la fa ridere davvero?
«Tutto ciò che è ovvio ma non si vede. La realtà è un’iperbole che supera la fantasia. Una sinistra che si chiama Unione e passa la giornata a litigare come accade in un’assemblea di condominio. Un centrodestra che cerca di affrancarsi dal passato e poi invoca gli italiani in piazza con una nuova marcia su Roma. Un partito che rappresenta l’1,4 per cento degli elettori, con quattro senatori, che fa cadere un Governo di un Paese di 60 milioni di persone».

Secondo lei, qual è il difetto più grande degli italiani?
«Il difetto sta nelle persone, ovvero in noi che rappresentiamo il Paese. Siamo dei "lamentatori orizzontali", ovvero ci lamentiamo di tutto: tra di noi, dal parrucchiere, all’edicola, al bar con gli amici, ma poi votiamo sempre gli stessi e sopportiamo abusi e concussioni, connivenze e corruzione senza batter ciglio, anzi collaborando nel nostro piccolo quando non chiediamo una ricevuta, strizzando l’occhio al cameriere. Ogni Paese ha la classe politica che si sceglie, ma soprattutto che si merita».



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sabato 16 febbraio 2008

I Comuni non sprechino territorio

La Provincia: «I Comuni non sprechino territorio». L’assessore Mazzoli: «A noi spetta un ruolo di coordinamento, confidando in scelte locali rispettose». Stralcio dell'articolo pubblicato sul Giornale di Brescia del 12 febbraio 2008.


Territorio, la parola alla Provincia e le decisioni (e la responsabilità) ai Comuni. Con l’ente sovraccomunale a svolgere un ruolo di coordinamento e di moral suasion, nella speranza che il venir meno di espliciti poteri prescrittivi in materia non dia la stura a scelte locali poco rispettose della qualità ambientale del territorio stesso.

PIANO DA ADEGUARE. L’avvio dell’iter di adeguamento del Piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp), reso necessario dalla Legge regionale 12 del 2005, è l’occasione per fare il punto della situazione. Gli strumenti di pianificazione (quello provinciale così come, a cascata, quelli comunali) devono fare i conti con un quadro normativo che è mutato. [...]

AUTOREVOLEZZA, NON AUTORITÀ. [...] In nome della sussidiarietà, gli enti locali godono di una maggiore autonomia, che si accompagna ad una più puntuale determinazione degli ambiti in cui l’ente Provincia gode di poteri prescrittivi. A completare il quadro la necessità, sottolineata dalla legge, di un vero coordinamento provinciale. Un coordinamento che pone in primo piano il ruolo dell’Assessorato, che non dovrà limitarsi a vidimare una sommatoria dei piani comunali ma non potrà neppure fare da «carabiniere», tenendo presente la sensibilità sempre più diffusa nella popolazione verso le tematiche ambientali. Un ruolo, sintetizza l’assessore provinciale al Territorio, Francesco Mazzoli, da dispiegare «non con autorità, ma con autorevolezza».

POTERI E MORAL SUASION. «Il Piano provinciale - ricorda Mazzoli - è appunto un piano di coordinamento. In sè non ha valenza cogente, al contrario dei Piani comunali, che tuttavia sono soggetti alle osservazioni proponibili da tutti i soggetti interessati ed alla verifica di compatibilità con il Ptcp». Alla Provincia spettano invece poteri prescrittivi in tema di tutela dei beni ambientali e paesaggistici, individuazione delle infrastrutture, sistemazione delle aree a rischio idrogeologico e sismico, individuazione degli ambiti agricoli. Cioè: i Comuni devono adeguarsi a quanto stabilito dal Ptcp in tali materie. E per il resto, per esempio per il tema caldo del consumo del suolo? Alla Provincia spetta un delicato compito di moral suasion, da esercitare con tutta l’autorevolezza di cui si diceva.

RESPONSABILITÀ. «Non c’è dubbio - osserva l’assessore Mazzoli - che la possibilità che le istanze di tutela del territorio che salgono dalla società siano ora maggiormente nelle mani dei Municipi. Se un Comune presenta come imprescindibili alcune sue esigenze, sulle quali fonda, ad esempio, un progetto residenziale di forte impatto, io non posso farci niente. Meglio: posso muovermi per cercare di mitigare quell’impatto, per far modificare alcune scelte. Quel che è certo, è che ora non posso imporre ad un Comune di cambiare una sua decisione, che è tutta nella sua responsabilità. [...]

AMBITO AGRICOLO. Una delle novità più significative introdotte dalla legge regionale è quella relativa ai già citati ambiti agricoli. Spetta al Ptcp individuare le porzioni di territorio destinate all’agricoltura (al di là dei confini dei singoli paesi) e sulla base di queste indicazioni i Comuni a loro volta individuano le aree agricole. Un’individuazione che tiene conto dell’aspetto più prettamente produttivo, ma anche del valore paesaggistico e di elementi di riequilibrio ecologico. E qui quello che era uscito dalla porta rientra in qualche modo dalla finestra: cioè quel potere prescrittivo non più riconosciuto in tema di consumo del territorio alla Provincia, torna in gioco con la valorizzazione degli ambiti agricoli, rispetto ai quali la Provincia ha «diritto di veto» sui Comuni. Mazzoli fa un esempio: «Se un paese e una sua frazione si avvicinano sempre più per l’erosione del territorio agricolo che storicamente li ha divisi, la Provincia potrà far valere i suoi poteri per impedire l’assorbimento nell’area urbanizzata in nome della difesa della identità storico-territoriale di quella frazione».

PARTECIPAZIONE. Per arrivare alla definizione del Piano, o meglio del Piano adeguato alle novità imposte dalla legge regionale, ieri si è avviato un percorso, con la presentazione al Cfp di via Gamba, presente anche il presidente Cavalli, del documento preliminare preparato negli uffici dell’Assessorato dopo un anno di lavoro condiviso con consulenti esterni. Ora la «palla» passa ai Comuni, alla Conferenza dei Comuni e delle Comunità montane per una approfondita analisi che coinvolga anche associazioni di categoria e cittadini, per arrivare a definire il piano prima della fine della «legislatura» provinciale. Sperando che poi le Amministrazioni comunali dimostrino concretamente quell’auspicata responsabilità.


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venerdì 15 febbraio 2008

Passirano: l'ex casa del fascio alla Corte di Conti

Nuove polemiche. Passirano, alla Corte dei conti il pagamento sbagliato per l’ex Casa del fascio. Articolo pubblicato dal Giornale di Brescia il 14 febbraio 2008.



Passirano - L’ex Casa del fascio «trasloca» alla Corte dei conti. Il bisogno di chiarezza più volte invocato dalle varie opposizioni porta l’errato pagamento da 90mila euro sino alla sede milanese dell’organo di vigilanza, riassunto nelle due pagine dattiloscritte dell’esposto inviato dalla sezione di Passirano di «La Destra». «Era l’unica strada per fare chiarezza, spiega il portavoce del movimento Fabio Faustini. Chiarezza che secondo noi deve riguardare anche le responsabilità politiche presenti nella vicenda, sinora escluse a priori dall’attuale Amministrazione comunale Gerardini. Il processo di indagine avviato dalla maggioranza mira solo all’accertamento delle responsabilità personali dei dipendenti, descrivendo come estranei alla vicenda coloro che avevano il compito di vigilare sul loro operato, ovvero gli amministratori». La soluzione di rimandare ogni giudizio ed indagine alla Corte dei conti è risultata l’unica possibile secondo i consigli del legale interpellato dal movimento passiranese non presente all’interno del Consiglio comunale. «Nelle prossime settimane saremo in mezzo alla gente - conclude Faustini - allestendo dei gazebo per spiegare nei dettagli ai passiranesi come siamo arrivati a questa soluzione».

Anche la sezione della Lega Nord presente nel paese franciacortino, condivide la strada indicata dalla destra: «Anche se - spiega il capogruppo Daniele Mingardi - pensiamo che la faccenda necessiti del tatto e della circospezione dovuti, anche noi stiamo preparando un esposto per la Corte dei conti demandando agli organi preposti ogni giudizio sul caso».

I gruppi consiliari di «Comunità Solidale» e «Con voi per voi» (centro-destra), scelgono invece la strada della commissione consiliare, istituendo un organo super-partes chiamato a fare luce «in famiglia» sulla spinosa vicenda.«Abbiamo scelto di non andare direttamente alla Corte dei conti - spiega Amilcare Barucco di Comunità Solidale - dal momento che sarà comunque un passaggio obbligato del percorso di indagine già avviato dall’Amministrazione Gerardini. Riteniamo piuttosto che sia utile un confronto a livello consiliare per chiarire alcuni aspetti della vicenda che ancora non tornano nelle versioni raccolte sinora, in cui rimangono alcuni angoli bui».

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Luci a Monterotondo

Articolo pubblicato il 14 febbraio 2008 su BresciaOggi.


Restauri, arredo urbano e sicurezza stradale: sono le tre direttrici dell’intervento attuato dal Comune di Passirano nella «preziosa» (architettonicamente parlando) frazione di Monterotondo. «Abbiamo provveduto alla riqualificazione di via Cadorna con la risagomatura e il rifacimento dell’intero manto stradale - spiegano in municipio -, e un particolare occhio di riguardo è stato riservato alla sicurezza stradale, con la posa di alcuni rallentatori di velocità nei punti più critici e pericolosi. Nella stessa occasione è stata realizzata l’illuminazione su via all’Angelo, nel tratto che dalla chiesa porta al cimitero, così come su tutta via Bruni e sulla laterale via Togliatti. Anche in questo caso è stata realizzata l’illuminazione pubblica, e in tutti i casi l’arrivo dei lampioni è stato deciso anche per migliorare la sicurezza dei residenti». Infine, l’Amministrazione comunale di Passirano ha provveduto anche al restauro della chiesetta del cimitero: il pacchetto di interventi riguarda il consolidamento strutturale, rifacimento totale del tetto e sistemazione degli intonaci; senza dimenticare il completo restauro dell’altare e degli affreschi del piccolo tempio.


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giovedì 14 febbraio 2008

Lo sfacelo ambientale della Bassa

Lettera al Direttore del Giornale di Brescia pubblicata l'8 gennaio 2008.



«Si fa presto a dire Bassa», ma da decenni... Mi conceda, per favore, qualche riga per chiarire il mio sentire, se non fosse ancora abbastanza chiaro, sullo «sfacelo» ambientale che la Bassa sta subendo da decenni ormai. Sono costretto a farlo per via del copioso materiale pervenuto in queste ultime ore al mio indirizzo e a mio nome presso la sede della Fondazione Nymphe, Castello di Padernello. Il fatto è collegato alla pubblicazione di un volume di fresca stampa, presentato in data 18 dicembre 2007 presso il Piccolo Teatro di Manerbio dal titolo «Si fa presto a dire Bassa-Appunti per il progetto di un territorio», a cura di Eugenio Massetti, col contributo di 17 «personalità - come nel volume vengono definite - dell’imprenditoria, della società, della cultura, dell’economia e della politica che nella Bassa hanno deciso di vivere e di investire...». - Il materiale cartaceo pervenuto al Castello di Padernello, riferendosi ai testi contenuti nel volume citato, e/o a qualche autore dei «pezzi» stessi, in sintesi dice (con palese taglio ironico): Fortuna ci siete voi a pensare al nostro territorio! - Gli articoli, ritagliati dal «Bresciaoggi», dal «Giornale di Brescia» ma anche da quotidiani nazionali, sono fotocopia di pezzi scritti contro gli abusi nei confronti della nostra Bassa, perpetrati negli ultimi anni, negli ultimi mesi... Inutile citarli. Stanno sotto la luce del sole! - Il materiale è anche infarcito di note, commenti, riflessioni e altro ancora... riferiti all’opera devastatrice, si dice là, messa in campo anche da alcuni autori dei testi riportati nel citato libro. - Premesso che il responsabile morale (e materiale) dei contenuti del volume «Si fa presto a dire Bassa» è l’editore stesso per quanto gli compete, e i singoli autori per la parte loro; che gli autori sono stati reclutati dal coordinatore dell’opera editoriale senza, credo, volerli accomunare o usare in nessun modo, ribadisco quanto nel libro scrivo, con grande fermezza e convinzione: «...La Bassa? Ecco com’è diventata: qui una processione di capannoni, là un altro supermercato, magari una nuova «bella» centrale, e tutt’intorno circonvallazioni con una spruzzata di rotonde, così tanto per non perdere il vizio ed esorcizzare lo spauracchio della crisi, della recessione economica (da quando sono nato, e sono decenni ormai, questa della crisi è stata una costante tra le «balle» che mi hanno voluto far credere i miei contemporanei. Vergogna!) ...e smettetela di dire che sono un sognatore, che sono anacronistico. Smettetela di mentire a voi stessi!».
La lettera è firmata.



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Sul paesaggio la parola allo Stato

Corretto il Codice dei beni culturali. Sul paesaggio la parola allo Stato. Articolo di Antonello Cherchi pubblicato su "Il sole 24Ore" il 26/1/2008


«Il soprintendente torna al centro della tutela del paesaggio. Il suo parere diventa, infatti, sempre vincolante in merito all'istanza di autorizzazione paesaggistica, così come nei casi di installazione di cartelloni pubblicitari o quando si tratta di decidere i colori delle facciate delle case in realtà particolari, come i centri storici e le zone panoramiche. È il risultato del decreto legislativo approntato dai Beni culturali e approvato ieri in prima lettura dal Consiglio dei ministri. Il provvedimento (anticipato dal Sole 24 Ore del 26 novembre scorso) dovrà ora essere esaminato dalle commissioni parlamentari competenti e dovrà ricevere il parere anche della Stato-Regioni per poi ritornare a Palazzo Chigi per il sì definitivo. Passaggi che dovranno avvenire entro il 1° maggio prossimo, data in cui scade la delega affiliata al Governo dalla legge del 2002 per intervenire sulla materia. Il decreto legislativo approvato apporta modifiche a tutto il Codice dei beni culturali (Dlgs 42 del 2004) e dunque anche alla parte relativa al patrimonio culturale. Ma i ritocchi più consistenti e di maggior impatto sono quelli che interessano il paesaggio. Sono, d'altra parte, quelli voluti dal ministro dei Beni culturali, Francesco Rutelli, che fin dall'inizio del mandato ha lanciato una campagna contro gli eco-mostri e il degrado del Belpaese. In quest'ottica, lo Stato recupera terreno sul piano della tutela, erodendolo alle Regioni, che infatti non hanno salutato con favore le novità. Per esempio, sulla pianificazione paesaggistica Roma prima aveva un ruolo residuale perché poteva essere eventualmente chiamata in causa dalle Regioni, mentre ora centro e periferia sono sullo stesso piano. E questo anche in virtù di ciò che ha detto la Corte costituzionale con la sentenza 367 del 2007, con la quale è stata restituita assoluta centralità allo Stato nella difesa del paesaggio. Delle parole della Consulta c'è eco soprattutto nell'articolo 131 del Codice, così come modificato dal decreto approvato ieri, che recita: «Le norme di tutela del paesaggio, la cui definizione spetta in via esclusiva allo Stato, costituiscono un limite all'esercizio delle funzioni regionali in materia di governo e fruizione del territorio».



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mercoledì 13 febbraio 2008

Paesaggio, astuzie per farsi del male

Articolo di Stefano Malatesta pubblicato su la Repubblica il 9 febbraio 2008.



In un convegno a Grosseto la denuncia di un metodo per gli abusi edilizi Si chiedono (e si ottengono) i permessi per costruire alberghi in zone turistiche e poi si trasformano in case L´altro giorno a Grosseto al convegno «L´albergo non è una casa» un alto, elegante ufficiale della finanza, in divisa, ha raccontato una delle storie più losche nell´ambito di abusi edilizi che mi sia capitato di ascoltare. Il tono della voce studiato per non tradire nessuna emozione accentuava l´aspetto veramente incredibile e anche grottesco su come poteri locali, funzionari pubblici che dovrebbero certificare la perfetta rispondenza alla legge dei contratti di compravendita delle case e imprenditori d´assalto, che sembrano arrivati dall´isola della Tortuga, si sono messi d´accordo per truffare i cittadini e lo Stato e farsi passare per benefattori.

In Toscana la straordinaria bellezza dei luoghi, quell´atmosfera incantevole in cui sono immerse le colline, il modo con cui l´uomo ha saputo inserirsi nella natura mantenendo un perfetto equilibrio non vanno protetti e mantenuti solo per il piacere di pochi esteti. Costituiscono le fondamenta dell´economia locale, basata da sempre sui forestieri, senza i quali non saprebbero a chi vendere i caci, la finocchiona, le terrecotte, il panforte, l´olio buono e il vino buono e tutto il resto. Il paesaggio in Toscana può essere paragonato a quello che rappresenta lo Stock Exchange per New York o la Ford per Detroit o i grandi vini per Bordeaux. Ecco perché qualsiasi manomissione del territorio «plus qu´un crime, ça à étè une erreur», come dicono benissimo i francesi, dove errore sta per cazzata: il classico modo di darsi la tradizionale zappa sui piedi.

Sembra incredibile ma in Toscana continuano a farsi male con questa zappa, anche se le vicende edilizie variano molto da zona a zona. In questa regione, che dovrebbe avere più sensibilità di altre, le cose vanno molto peggio che in Emilia Romagna, il cui governo ha dato interpretazione restrittiva delle norme che regolano in generale l´urbanistica. Qui invece sta dilagando un fenomeno abbastanza nuovo, almeno in queste dimensioni soprannominate: «Viva le RTA», intese come Residenze Turistico Alberghiere, ovvero come costruire quello che non si può costruire, nei terreni vincolati al verde, pagando meno tasse, e fregando turisti con promesse non mantenute e privati con contratti fasulli. Queste RTA vengono usate come grimaldello per aprire porte che altrimenti resterebbero chiuse. Un esempio: il piano regolatore proibisce di costruire in una certa area di solito tra le più amene per riservarla al verde pubblico, escludendo tassativamente edifici di qualsiasi genere.

Niente paura. Si fa una finta ricognizione delle capacità ricettive della città, si scopre di aver bisogno di altri posti letto per i turisti e a ruota si presenta una domanda per una o più installazioni di che, in deroga al piano regolatore, prevede l´insediamento proprio nelle zone proibite e molto ambite dagli speculatori. A questo punto si lancia una campagna in favore dell´insediamento per allargare le potenzialità del paese, che non trova molti oppositori: si faccia avanti chi è contro il turismo in Italia. Naturalmente tutti o quasi tutti sono a favore, in buona o in cattiva fede e con rapidità si dà inizio ai lavori dell´albergo.

Gli aspetti più strabilianti di tutta la faccenda, che è tutta straordinaria, sono almeno due: il primo è la sicurezza e la tracotanza con cui i costruttori mettono mano fin dall´inizio a edifici con appartamenti privati, senza simulare di stare costruendo un´RTA e quando la palazzina è finita si passa alla vendita ai privati senza mettere in scena nemmeno per qualche giorno la parvenza di un albergo con camerieri e insegne turistiche. Il secondo aspetto è rappresentato dai contratti di compravendita, che nei casi migliori sono stilati dai notai con uno stile che riecheggia la prosa dell´Azzeccagarbugli di manzoniana memoria, in cui si dice tutto e il contrario di tutto. E nei casi peggiori certificando il falso quando si rassicura il compratore affermando che lui ha la piena proprietà dell´immobile.

Mi risulta che in Toscana almeno un ufficiale della finanza ha chiesto alla magistratura di mandare nelle patrie galere qualcuno di questi notai meno coscienziosi, diciamo così, ma la sua richiesta non è stata accettata. Come finale paradossale di tutta l´operazione i costruttori in questo modo non solo truffano gli acquirenti, ma anche lo Stato venendo a pagare meno tasse. L´ufficiale parlava della propria area di competenza, che era quella di Massa Carrara, ma il fenomeno è diffuso quasi ovunque in Italia.

Quanto alle giunte che dovrebbero sorvegliare con occhio attento ad ogni minimo tentativo di manomettere il territorio, sembra che stiano perennemente con la testa dentro uno scatolone di sabbia. Come spiegare altrimenti lo strano comportamento dei comuni della Toscana che dovevano chiedere ai costruttori la tassa prevista per il cambiamento d´uso degli edifici: quasi tutti, con eccezione di Pisa e di altri due centri minori, si sono dimenticati di chiederla. Era uno sforzo superiore alle loro possibilità.


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La pia illusione

Riportiamo un articolo pubblicato su BresciaOggi del 1° febbraio 2008: Gianbattista Scalvi, sindaco dal ’90 al ’93, in una lettera agli ex colleghi chiede un confronto sul futuro. «Rovato, qui è il declino».



Ha contravvenuto ad un principio che si era dato anni fa: «non commentare scelte amministrative altrui, quando non ritieni di poterti assumere un impegno diretto». Ma lo ha fatto per amore del suo paese, Rovato, che vede malato di inesorabile declino. Così Gianbattista Scalvi, 47 anni, sindaco di Rovato dal ’90 al ’93, ha preso carta e penna e ha scritto agli ex colleghi che hanno amministrato la cittadina fino alla giunta leghista di Roberto Manenti: ovvero a Giacomo Medeghini, Carlo Cossandi, Franco Manenti, Gianbattista Toninelli e Angelo Lazzaroni.

Un appello al confronto sul destino di un territorio come quello rovatese che rischia di essere sempre più hinterland e sempre meno «perla» della Franciacorta. «Rompo quindi oltre un decennio di silenzio e dico la mia opinione - scrive - per una questione di coscienza, per un sentimento di appartenenza ad una comunità e perchè mi sembra sia venuto meno ogni confronto politico, reso quasi impossibile anche da una opposizione troppo rozza e orgogliosa di una competenza più nelle ricette culinarie che nelle alternative amministrative». E l’attuale maggioranza? «Mi preoccupa ciò che è accaduto a Rovato dall’amministrazione leghista in poi e mi terrorizza il motto scelto dalla lista che ha vinto le elezioni: "niente chiacchiere molto lavoro". I manovratori vanno disturbati con le parole costringendoli al confronto».

Un confronto sul futuro di Rovato. «A cosa si stia riducendo - scrive Scalvi - è sotto gli occhi di tutti. Tutte le amministrazioni comunali avevano curato l’idea di Rovato come paese centrale della Franciacorta, oggi il nostro comune sta assumendo le caratteristiche di periferia urbana di una grande città: aggressione incontrollata del territorio, tipologia urbanistica omologata, disponibilità ad accogliere una concentrazione elevata di abitanti, insensibilità a mantenere le proprie caratteristiche morfologiche e tradizioni urbanistiche...».


Un territorio che cambia rapidamente, per l’ex sindaco, non è un arricchimento ma una malattia degenerativa. «Vorrei far notare - continua - che garantire introiti per il Comune è pia illusione: gli oneri copiosi che si ricavano da questi interventi così pesanti e diffusi hanno un costo pubblico elevato che consiste, appunto, nella svendita del territorio pubblico. Bisogna cominciare a capire che questa gestione amministrativa consegnerà alla politica futura un ambiente urbano sconvolto. Guardando come si è modificato Rovato ci si chiede se ne è valsa la pena». Come invertire la rotta? «Oggi - osserva Gianbattista Scalvi sollecitando gli ex sindaci a prendere posizione - è tempo di fermarsi prima che con lo stesso spirito leggero si compromettano le ultime aree sensibili del nostro comune (penso all’ex consorzio e all’ex cinema). Bisogna ritornare alla politica e aprire un confronto sulla vera necessità del nostro comune: il piano di governo del territorio».



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martedì 12 febbraio 2008

Contenere gli appetiti urbanistici dei Comuni

Articolo di BresciaOggi del 9 febbraio 2008




Lunedì per l’assessorato provinciale al Territorio inizia l’immane lavoro di confronto con i 206 comuni bresciani, associazioni di categoria, ambientalisti, per adeguare il Piano territoriale di coordinamento provinciale alla luce della nuova legge regionale 12, che ha di fatto delegato alle amministrazioni comunali la stragrande maggioranza delle scelte urbanistiche. Alla Provincia resta il potere prescrittivo solo su quattro ambiti, ma l’assessore Francesco Mazzoli (Udc), sta pensando all’individuazione di tavoli di lavoro sovracomunali per i progetti più impattanti.

Perchè va ritoccato il piano territoriale di coordinamento provinciale?
«Il nostro Ptcp - risponde l’assessore Mazzoli - è del dicembre 2004, abbastanza recente: pertanto non sarebbe necessaria una modifica; il problema è che a rendere necessaria una variante è l’approvazione della legge regionale 12 dell’ aprile 2005. Questa legge regionale prevede che il Ptcp abbia poteri prescrittivi e vincolanti per i Comuni solo su quattro ambiti: ambiente agricolo, infrastrutture di interesse sovracomunale, tutela del rischio idrogeologico, elementi paesaggistici. Il nostro Ptcp invece prevedeva anche che la Provincia dettasse prescrizioni ai Comuni in merito al consumo del suolo. Mi spiego: ogni Comune poteva consumare una certa porzione di territorio; se andava oltre la Provincia poteva intervenire. Ora non è più così. Inoltre la legge 12 prevede la valutazione ambientale strategica (Vas) su ogni progetto; anche in questo caso dobbiamo adeguare il Ptcp».


Insomma, in fatto di programmazione del territorio la Regione ha tolto poteri alla Provincia per darli ai comuni?
«Sostanzialmente sì. Adesso i Comuni adottano i Pgt (piano di governo del territorio, che ha sostituito i vecchi piani regolatori, ndr) e lo mandano in Provincia solo per un parere di compatibilità. Ma non li possiamo bloccare. È ovvio che quando si decide di applicare fino in fondo il principio di sussidiarietà, di lasciare agli enti locali più vicini ai cittadini il potere programmatorio si corrono anche dei rischi; ma questo presuppone anche che gli enti locali acquistino una responsabilità diretta».


A questo punto però si apre il problema dei controlli. chi può contenere gli appetiti urbanistici di certe amministrazioni?
«Se una amministrazione impazzisce e inizia a distruggere il suo territorio diventa difficile impedirglielo: possono essere inseriti nel Ptcp alcune esempi di condivisione. La Provincia non ha intenzione di diventare il carabiniere delle scelte locali: non ne ha né il potere né la voglia. Possiamo però concordare dei tavoli tra Comuni su alcuni temi che riguardano il consumo, l’eccessiva espansione residenziale, la tutela di determinate aree di pregio. Devo anche dire che secondo me diversi Comuni hanno capito che stiamo consumando troppo territorio, e stanno invertendo la marcia, verso scelte più sostenibili».


Ha nostalgia per il vecchio comitato regionale di controllo che analizzava i prg?
«Ne ho una nostalgia pazza. Una delle cose più importanti adesso per l’Italia è la certezza delle regole. Oggi l’unico strumento rimasto al cittadino per contrastare scelte urbanistiche che considera sbagliate è il ricorso al Tar, spendendo soldi per poi magari vedersi adottare una piccola variante dall’amministrazione che di fatto aggira il problema».


E la Provincia con il nuovo Ptcp cosa può fare?
«Con il forum, intendiamo coinvolgere tutti i 206 comuni bresciani ma anche la società civile: associazioni di categoria, Asl, Sovrintendenza, ambientalisti. Noi non presentiamo proposte ma inizieremo un momento di confronto, che poi proseguirà sul territorio, nei paesi. Cercheremo insieme di capire dove il Ptcp è stato meno efficace, quali modifiche apportare».


È possibile ragionare in termini sovracomunali per progetti impattanti: centri commerciali, cave, discariche, impianti per smaltimento rifiuti?
«Certamente. Ma dobbiamo studiare il modo esatto; penso a diversi tavoli "a geometria variabile" a seconda della zona sul quale ricade il progetto. Sui questi temi da un lato il Comune non deve vedersi privato di una sua prerogativa prevista dalla legge, dall’altro c’è la necessità di evitare alcune derive pericolose».


La tempistica di questo lavoro?
«L’obiettivo è chiudere l’adeguamento del Ptcp entro questa legislatura. Mi rendo conto che è un obbiettivo estremamente difficile da raggiungere».
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domenica 10 febbraio 2008

La tinteggiatura del programma elettorale

Prima di iniziare la trattazione dell'oggetto del post, cerchiamo di capire cosa è un bilancio sociale. Lo facciamo prendendo "a prestito" quanto scrive sul tema il Comune di Brescia (è solo uno dei tanti esempi possibili).

La presentazione del bilancio sociale del Comune di Brescia inizia così:
"Con questo documento non si intendono ricapitolare i risultati raggiunti in termini di opere, infrastrutture, iniziative realizzate ed assunte, quanto, piuttosto, proporre una descrizione, il più analitica possibile, delle ragioni per cui si sostengono o si sono sostenuti determinati costi, si sono profuse energie, sono state operate concrete scelte. [...] Un bilancio, questa l’intenzione, il più possibile verificabile ed oggettivo, completo ed attendibile, un valido strumento per meglio comprendere - e giudicare - le nostre azioni, per fornire maggiori e più complete informazioni circa l’attività svolta, con particolare riguardo al raggiungimento degli obiettivi prefissati".


Queste poche righe sono probabilmente sufficienti ad intuire che il bilancio sociale ha come scopo principale quello di "... promuovere la partecipazione dei cittadini e degli altri portatori di interesse nella definizione dei programmi e nella valutazione dei risultati dell’amministrazione", e che attraverso il bilancio sociale "... i politici rendono conto delle modalità con cui hanno assolto alle responsabilità a loro affidate".


Per approfondire l'argomento, ecco altre definizioni di bilancio sociale:

1)Il bilancio sociale è l’esito di un processo con il quale l’amministrazione rende conto delle scelte, delle attività, dei risultati e dell’impiego di risorse, in modo da consentire ai cittadini e ai diversi interlocutori di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’amministrazione interpreta e realizza il suo mandato.

2)
La finalità del bilancio sociale è quella di
informare in maniera chiara sull’attività svolta dall’ente locale in termini di coerenza tra gli obiettivi programmati, i risultati raggiunti e gli effetti sociali e ambientali prodotti.

3)
Gli enti locali per mezzo del bilancio sociale illustrano ai cittadini, e a tutti gli attuali e potenziali portatori di interesse, le modalità di impiego delle risorse attratte, sviluppando meccanismi di controllo sociale e favorendo il processo di programmazione e controllo annuale.


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Dopo questa premessa, veniamo ora alle questioni di "casa nostra". Il punto 2.4 (pagina 5) del programma elettorale del 2004 della lista "Insieme per Passirano" dell'attuale Sindaco recita testualmente: "Il Bilancio Sociale. A completamento del Bilancio Partecipativo, l'Amministrazione cercherà di trasmettere con trasparenza le cifre del proprio bilancio attraverso l'adozione del Bilancio Sociale". Prendiamo atto però che, nonostante l'impegno assunto nei confronti degli elettori dall'Amministrazione comunale, anche il Bilancio Partecipativo e il Bilancio Sociale sono rimasti sulla carta (del programma elettorale).



A questo punto alcune considerazioni:

1)Perchè quasi tutti i temi che hanno appassionato i nostri amministratori in campagna elettorale, dopo le elezioni hanno registrato un repentino ed inatteso calo di interesse? (Qualche spunto di riflessione potrebbe venire dai post Tra consulte ed osservatori, in attesa della partecipazione effettiva, Uno scambio partecipativo di ... 3 minuti e La partecipazione popolare. Opportunità o problema?, post che invitiamo a ri-leggere).

2)Perchè invece di rispettare il programma elettorale - che impegnava Sindaco e Giunta a predisporre il bilancio sociale - l'Amministrazione comunale sul numero di "Passirano Notizie" di inizio 2008 ci propina una serie sterminata di attività, tra cui "... la tinteggiatura aule delle scuole di Monterotondo, la tinteggiatura dell'aula a piano terra dell'ex scuola media, la tinteggiatura delle aule utilizzate dalla scuola di musica, il rifacimento dei canali di gronda della scuola di Camignone"?

3)
Oltre a leggere su Passirano Notizie l'elenco delle aule tinteggiate e dei canali di gronda sostituiti, i cittadini del nostro Comune potevano legittimamente aspettarsi che l'Amministrazione li informasse soprattutto sull’attività svolta in termini di coerenza tra obiettivi programmati, risultati raggiunti ed effetti sociali e ambientali prodotti?

E invece, come detto, l'Amministrazione di Passirano non l'ha fatto. Quale il motivo di questa dimenticanza? Molto semplice: la realizzazione e la diffusione di un bilancio sociale è un'attività che le Amministrazioni non possono certo improvvisare. Un compito oggettivamente impegnativo, che si trasforma addirittura in missione impossibile per tutte quelle Amministrazioni che non riescono neppure a rispettare il programma elettorale.

Il dubbio è, allora, che quando un'Amministrazione si ritrova a commentare su un notiziario comunale il numero delle aule tinteggiate, in realtà stia implicitamente confessando la propria inconsistenza politico-aministrativa. Perchè quello sterile elenco altro non è che un patetico tentativo di spacciare attività di assoluta routine per obiettivi di portata storica. Ma nessuno, neppure un'Amministrazione comunale, riesce a vendere lucciole per lanterne se i potenziali compratori sono persone dotate di normale buon senso. Ecco perchè in quelle pagine di Passirano Notizie (che non risparmiano l'autoesaltazione) la stragrande maggioranza dei cittadini di Passirano sarà rimasta colpita non tanto dalle (presunte) grandi gesta, quanto dal tentativo degli autori del notiziario di vendere prodotti taroccati. Manovra che potrebbe maggiormente indispettire i lettori qualora condividessero l'idea che la probabilità di piazzare patacche è inversamente proporzionale alla stima personale che il venditore nutre nei confronti del suo potenziale acquirente.

In sintesi, c'è il fondato sospetto di essere alle prese con un modo di fare politica datato e ingenuamente malizioso. Un modo di concepire la politica che i cittadini di Passirano, però, si auguravano fosse presente solo nei film di Peppone e Don Camillo.

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sabato 9 febbraio 2008

Ex casa del fascio: i funzionari paghino i 90.000 euro

Di seguito l'articolo di Davide Lorenzini pubblicato venerdì 8 febbraio sul Giornale di Brescia, dal titolo "I funzionari paghino i 90.000 euro".


Ex casa del fascio, i 90.000 euro dovranno pagarli i funzionari comunali: almeno così vorrebbe il Sindaco di Passirano. E' stato infatti richiesto ai responsabili dell'errato pagamento il risarcimento del danno per aver commesso "colpa grave" come cita la delibera del 12.12.2007, che dopo la bufera in Consiglio Comunale di fine novembre 2007 e le sollecitazioni delle opposizioni, vuole chiarire la vicenda nei suoi aspetti giuridici, finanziari e di responsabilità patrimoniale, avvalendosi del parere espresso dal consulente legale dell'ente. "Dopo aver attentamente valutato le varie soluzioni possibili - spiega il Sindaco Daniela Gerardini - questa ci è sembrata, anche su consiglio del legale, l'unica possibilità per tutelare gli interessi dei cittadini e del Comune".

L'errore umano sinora sempre invocato dall'Amministrazione Gerardini, rischia quindi di costare caro ai dipendenti pubblici che, sempre secondo gli amministratori del Comune, sarebbero colpevoli di aver erroneamente effettuato il pagamento dei 90.000 euro il 18 settembre 2003, la quinta quota dei lavori di ristrutturazione sulle coordinate bancarie della ditta indicata in fattura. Pagamento errato dal momento che nel febbraio 2002 l'impresa vincitrice dell'appalto aveva ceduto il credito maturato presso il Comune di Passirano ad una finanziaria a cui erano stati accreditati i saldi precedenti. Il vaso di Pandora si scoperchia però dopo più di un anno, quando nel novemre 2004 la società finanziaria avanza la richiesta di pagamento per il quinto e sesto saldo dell'importo, tutt'oggi non versato e da allora non più richiesto all'Ente, avviando immediatamente le indagini riguardo alla questione.


La colpa grave contestata ai funzionari, è quella di non aver opportunamente operato come filtro fermando tempestivamente la liquidazione e rispedendo al mittente la fattura incriminata. Ma il vero problema arriva nel 2005 con il fallimento della concessionaria dei lavori escludendo la possibilità di un recupero del credito avanzata dopo la verifica dell'errato pagamento. "Da parte nostra - speige Amilcare Barucco, consigliere della Lista Comunità Solidale - stiamo valutando se proporre l'istituzione di una commissione consiliare per riuscire a fare la dovuta chiarezza sulla vicenda, dato che secondo noi rimangono ancora alcune ombre in merito".


Il Sindaco Gerardini esclude una qualsiasi altra discussione sulla vicenda, dal momento che la considera "frutto di una delicata serie di circostanze legate alla stessa vicenda verificatesi senza errori politici da parte dell'Amministrazione, in quanto al momento della risposta al bando la ditta aveva tutte le carte in regola per vincere l'appalto e come Ente non possiamo escludere nessuna ditta dalle gare se rispettano i requisiti". E' da attendere ora la risposta da parte dei funzionari coinvolti, che non hanno ancora mandato risposta alla comunicazione inviata dall'Amministrazione Comunale di Passirano.



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