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domenica 22 luglio 2007

Ecomostri: troppi vantaggi per i privati

Di seguito un articolo pubblicato su "La Repubblica" del 20 luglio 2007, firmato da Giuseppe Guida.
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Nel resto dell´occidente i tentativi maldestri di un privato o di un imprenditore di realizzare costruzioni ai danni del paesaggio ed in barba agli strumenti e alle leggi vigenti, è un fenomeno statisticamente irrilevante e, in ogni caso, annoverato tra i reati come il furto o il danneggiamento di patrimonio pubblico e trattato e punito con procedure ordinarie.
Tentare di tradurre "abusivismo edilizio" con l´inglese "illegal housing", è sembrato poter essere adeguato e plausibile, ma quando si è tentato di tradurre l´espressione italiana, ad essa sempre legata, "condono edilizio", i tentativi di spiegarne il senso (o il non-senso) agli urbanisti stranieri, ha assunto la forma assurda di una pièce teatrale di Alfred Jarry: pura patafisica.
Non è un caso che questa discussione si sia tenuta a Napoli. Con il suo 20% circa di costruzioni abusive, la Campania e il suo capoluogo, rappresentano non solo un´anomalia e una distorsione delle regole di un Paese normalmente civile, ma anche l´inefficienza e la malavoglia dei controlli. La Campania, poi, è una regione dove le normative urbanistiche vengono molto spesso interpretate e re-interpretate e, qualche volta, inventate, riproponendo una specie di "urbanistica creativa". Il raggiunto accordo per la demolizione del cosiddetto "ecomostro" di Alimuri, in penisola sorrentina, ad esempio, potrebbe anche far ben sperare, se non fosse per il maquillage politico-imprenditoriale che lo caratterizza e che diventa esiziale in un´area sottoposta a vincolo paesistico come quella. L´ "invenzione", in questo caso, è stata quella di consentire a chi quell´ecomostro aveva realizzato quasi trent´anni fa, di poterselo ricostruire da un´altra parte nello stesso comune di Vico Equense, mentre Regione e ministero si occuperanno persino delle spese per la demolizione dell´attuale scheletro di cemento armato. La ricostruzione, a parità di volume, di quest´albergo costruito praticamente nell´acqua, dovrebbe avvenire in una zona con un valore di mercato attualmente doppio e, in futuro, triplo, rispetto a quella dove si trova adesso. La nuova area infatti dovrebbe trovarsi a Marina di Equa, una zona certamente più appetibile dal punto di vista della speculazione e dell´investimento immobiliare e turistico, dove sono previsti e in corso di realizzazione decine di progetti di riqualificazione urbana, privati, ma che attingono soprattutto a soldi pubblici, tra cui il nuovo porto turistico, il nuovo lungomare, la sistemazione del litorale, nuove strade e nuovi ascensori di collegamento con il centro urbano di Vico e con la statale sorrentina. Di fronte ad un´incredibile offerta di questo genere, la società napoletana proprietaria dell´immobile si è precipitata a firmare un protocollo d´intesa scritto a proprio netto vantaggio e che prevede quale unico beneficio per la comunità, un misero e in parte inutile risanamento del costone sotto il quale si trova l´attuale edificio: magra consolidazione, rispetto ad un bottino certamente più elevato. Poche volte in Italia si sono pensate iniziative di compensazioni e trasferimenti di diritti edificatori di questo tipo. Non nel caso del Fuenti, non in quello di Villaggio Coppola e, mi pare, non nel caso del megaedificio di Punta Perotti, sulla sabbia di Bari, che pure era stato costruito con un´autorizzazione, come quello di Alimuri. In un territorio super-vincolato da un punto di vista paesaggistico, dove non è possibile realizzare nemmeno una rampa di accesso per i portatori di handicap, non si perde tempo ad aprire inedite vie amministrative fatte di protocolli d´intesa, accordi di programma, varianti urbanistiche e strette di mano, ad utilizzo quasi esclusivo dell´impresa privata, con il paravento di una politica tanto fragile nell´affrontare i problemi veri, quanto "creativa" nel trovarne le soluzioni.

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