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mercoledì 25 luglio 2007

Partecipazione per "fare città"

Di seguito uno stralcio tratto dal documento del Convegno Nazionale promosso dal Comune di Modena, in collaborazione con INU, Istituto nazionale di Urbanistica, tenutosi a Modena il 9 febbraio 2007.

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Partecipazione per "fare città".
Non è questo il contesto per una riflessione approfondita sul complesso tema della partecipazione dei cittadini alle decisioni pubbliche, in particolare in ambito locale. Istituzioni, soggetti politici e sociali, istituti di ricerca e singoli studiosi da tempo si occupano e si preoccupano, sotto molteplici profili, dello stato dei rapporti tra cittadini e pubblici poteri, della rappresentanza democratica, degli strumenti e delle modalità con la quale si esprime, delle forme di "democrazia diretta" o di "cittadinanza attiva", che hanno nella partecipazione dei cittadini al processo decisionale pubblico, un punto qualificante.
L’affermazione dei principi e delle prassi di sussidiarietà orizzontale e verticale, per spostare il baricentro del governo e del potere democratico verso il basso, a più diretto contatto coi cittadini interessati, costituisce uno dei pilastri della nuova "governance" sollecitata da più parti, anzitutto dal livello comunitario. In alcuni territori del nostro Paese, la costante verifica delle decisioni pubbliche da parte dei cittadini, il loro coinvolgimento e delle loro organizzazioni sociali, economiche e culturali nella vita pubblica locale, la consultazione e la condivisione delle scelte è da decenni parte, più o meno efficace e coerentemente affermata, della vita democratica delle istituzioni e della politica. La crisi dei meccanismi e degli istituti della rappresentanza, che colpisce i diversi livelli in cui si articola il potere nella Repubblica, compresi partiti e organizzazioni socio-economiche, richiede costanti sforzi per dare credibilità, rafforzandolo, ad un tessuto democratico scosso dalla crescente frammentazione degli interessi e da una sempre più sfuggente dislocazione dei luoghi del potere reale.
Ci preme sottolineare qui che la partecipazione dei cittadini e di loro rappresentanze al "fare la città" è ad un tempo una sfida seria, che non può essere mistificata con surrogati demagogici, e necessaria, che va soddisfatta con piena consapevolezza delle contraddizioni e dei problemi che pone. La difesa pregiudiziale di circoscritti interessi, il prevalere di reazioni fondate su percezioni irrazionali, sono talvolta l’effetto dell’estraneità e della sfiducia verso le istituzioni e i poteri pubblici. Il rifiuto del principio di responsabilità condivisa, è il primo ostacolo da rimuovere, per dare senso al processo partecipativo, con il quale affrontare i problemi delle città e delle società, che le costruiscono e le abitano. In un contesto di stato di diritto, che ha fissate in modo inequivocabile le prerogative delle rappresentanze elettive e la tutela degli interessi individuali e collettivi sulla base di leggi, nessun percorso partecipativo serio può eludere l’uno o l’altro di questi due fondamenti della democrazia rappresentativa. Per questo e per non indebolirne le fragili basi, il processo partecipativo deve comunque concludersi con una decisone, che l’autorità competente pubblicamente comunica e di cui verifica l’attuazione, e deve svolgersi in tempi certi. La partecipazione non è un alibi per non decidere, per non esercitare i poteri delegati. La partecipazione che si esprime in molteplici forme, più o meno regolamentate e con una grande varietà di soggettività è quindi elemento che integra e interagisce dialetticamente con il potere democratico esercitato dalle istituzioni, non può costituire una sua alternativa. In questo senso la partecipazione va promossa, sollecitata, sostenuta da parte delle istituzioni pubbliche, come sempre più frequentemente indicano gli atti dell’Unione Europea.

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