Chi sono i padroni del paesaggio
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Paesaggio territorio e ambiente
Lettera al Direttore di BresciaOggi pubblicata lunedì 18 febbraio 2008.
Segnalo l’articolo di Giovanni Valentini, «Chi sono i padroni del paesaggio», pubblicato il 28 gennaio dalla «Repubblica». E’ importante perché fa il punto sulla nuova legge redatta dopo un anno di lavoro dalla commissione presieduta dal prof. Salvatore Settis e che, a mio giudizio, rischia di essere gettata nel cestino a causa della caduta del Governo. E’ «la riforma del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio – informa Valentini – predisposta dal ministro Francesco Rutelli e varata in extremis dal Governo uscente, a quattro anni dalla legge-delega dell'ex ministro Giuliano Urbani; rappresenta perciò un'occasione decisiva per segnare una svolta nella vita della nostra collettività. Se le Commissioni parlamentari, cui spetta ratificare entro tre mesi i 184 articoli del decreto legislativo, avranno la capacità di approvarlo integralmente, magari al di là della logica degli schieramenti contrapposti, forse potrà partire da qui un moderno “rinascimento” civile o, quantomeno, una fase virtuosa nella gestione dell'ambiente, inteso nel senso più largo come sistema di relazioni con la natura e con il prossimo». Non sono ottimista sulla possibilità che il decreto Rutelli venga approvato in tre mesi. Saranno in molti a porre paletti ai 184 articoli che potrebbero rappresentare «l'inizio di una rifondazione ecologica del Paese, la prima pietra di una “nuova Italia”, più ordinata, più pulita e dunque più vivibile», come annota ancora Valentini. Secondo il quale il nuovo Codice «interviene opportunamente sul nodo dei rapporti tra governo centrale ed enti locali, per riportare questa responsabilità nell'ambito di una visione più generale.
Si riduce così un eccesso di delega che, in questo come in altri campi, ha prodotto una sovrapposizione e frammentazione di poteri decisionali tra Regioni, Province e Comuni, spesso a danno della trasparenza, della legalità e soprattutto dell'interesse collettivo. Se la salvaguardia del lago di Garda coinvolge contemporaneamente la Lombardia, il Veneto e il Trentino; o quella del lago Trasimeno riguarda la Toscana e l'Umbria (…); se l'infausto progetto dell'autostrada della Maremma attraversa (speriamo solo sulla carta) la Toscana e il Lazio, evidentemente l'unica autorità in grado di provvedere adeguatamente è proprio quella statale come punto di riferimento e di mediazione».
Mi fa piacere segnalare il lavoro della commissione Settis sfociato nel Codice approvato in extremis per due ragioni. Innanzi tutto perché costituisce l’adempimento di un impegno assunto dal ministro Rutelli; in secondo luogo perché dimostra come il vituperato Governo Prodi non sia stato con le mani in mano sul fronte ecologista, al pari del risanamento dei conti pubblici richiesti dall’Europa, e sia caduto proprio quando avrebbe potuto raccogliere i frutti di un lavoro duro e impopolare. La riscrittura del Codice è stata avallata “in corso d'opera” dalla Corte costituzionale con l'importante sentenza del novembre scorso in cui la Consulta ha ribadito che la tutela del paesaggio «costituisce un valore primario e assoluto. E perciò, rientra nella competenza “esclusiva” dello Stato, precedendo e limitando il governo del territorio attribuito agli enti locali. Da qui l'obbligo di elaborare i piani paesaggistici con una pianificazione congiunta fra Stato e Regioni» con il parere vincolante delle Sovrintendenze su qualsiasi intervento sul paesaggio di territori vincolati.
Valentini scrive, infine, che un'altra rilevante novità riguarda «il potere attribuito al ministero dei Beni e delle Attività culturali di apporre vincoli paesaggistici “ex novo”. Al momento, il territorio italiano è già protetto per il 47% dell'estensione complessiva. Ma la sua particolare configurazione, prodotta storicamente dall'intreccio fra la natura e la mano dell'uomo, richiede in effetti un'ulteriore tutela per salvaguardarne la straordinaria identità: con ottomila nuclei storici, il nostro è il Paese più “antropizzato” del mondo».
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Segnalo l’articolo di Giovanni Valentini, «Chi sono i padroni del paesaggio», pubblicato il 28 gennaio dalla «Repubblica». E’ importante perché fa il punto sulla nuova legge redatta dopo un anno di lavoro dalla commissione presieduta dal prof. Salvatore Settis e che, a mio giudizio, rischia di essere gettata nel cestino a causa della caduta del Governo. E’ «la riforma del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio – informa Valentini – predisposta dal ministro Francesco Rutelli e varata in extremis dal Governo uscente, a quattro anni dalla legge-delega dell'ex ministro Giuliano Urbani; rappresenta perciò un'occasione decisiva per segnare una svolta nella vita della nostra collettività. Se le Commissioni parlamentari, cui spetta ratificare entro tre mesi i 184 articoli del decreto legislativo, avranno la capacità di approvarlo integralmente, magari al di là della logica degli schieramenti contrapposti, forse potrà partire da qui un moderno “rinascimento” civile o, quantomeno, una fase virtuosa nella gestione dell'ambiente, inteso nel senso più largo come sistema di relazioni con la natura e con il prossimo». Non sono ottimista sulla possibilità che il decreto Rutelli venga approvato in tre mesi. Saranno in molti a porre paletti ai 184 articoli che potrebbero rappresentare «l'inizio di una rifondazione ecologica del Paese, la prima pietra di una “nuova Italia”, più ordinata, più pulita e dunque più vivibile», come annota ancora Valentini. Secondo il quale il nuovo Codice «interviene opportunamente sul nodo dei rapporti tra governo centrale ed enti locali, per riportare questa responsabilità nell'ambito di una visione più generale.
Si riduce così un eccesso di delega che, in questo come in altri campi, ha prodotto una sovrapposizione e frammentazione di poteri decisionali tra Regioni, Province e Comuni, spesso a danno della trasparenza, della legalità e soprattutto dell'interesse collettivo. Se la salvaguardia del lago di Garda coinvolge contemporaneamente la Lombardia, il Veneto e il Trentino; o quella del lago Trasimeno riguarda la Toscana e l'Umbria (…); se l'infausto progetto dell'autostrada della Maremma attraversa (speriamo solo sulla carta) la Toscana e il Lazio, evidentemente l'unica autorità in grado di provvedere adeguatamente è proprio quella statale come punto di riferimento e di mediazione».
Mi fa piacere segnalare il lavoro della commissione Settis sfociato nel Codice approvato in extremis per due ragioni. Innanzi tutto perché costituisce l’adempimento di un impegno assunto dal ministro Rutelli; in secondo luogo perché dimostra come il vituperato Governo Prodi non sia stato con le mani in mano sul fronte ecologista, al pari del risanamento dei conti pubblici richiesti dall’Europa, e sia caduto proprio quando avrebbe potuto raccogliere i frutti di un lavoro duro e impopolare. La riscrittura del Codice è stata avallata “in corso d'opera” dalla Corte costituzionale con l'importante sentenza del novembre scorso in cui la Consulta ha ribadito che la tutela del paesaggio «costituisce un valore primario e assoluto. E perciò, rientra nella competenza “esclusiva” dello Stato, precedendo e limitando il governo del territorio attribuito agli enti locali. Da qui l'obbligo di elaborare i piani paesaggistici con una pianificazione congiunta fra Stato e Regioni» con il parere vincolante delle Sovrintendenze su qualsiasi intervento sul paesaggio di territori vincolati.
Valentini scrive, infine, che un'altra rilevante novità riguarda «il potere attribuito al ministero dei Beni e delle Attività culturali di apporre vincoli paesaggistici “ex novo”. Al momento, il territorio italiano è già protetto per il 47% dell'estensione complessiva. Ma la sua particolare configurazione, prodotta storicamente dall'intreccio fra la natura e la mano dell'uomo, richiede in effetti un'ulteriore tutela per salvaguardarne la straordinaria identità: con ottomila nuclei storici, il nostro è il Paese più “antropizzato” del mondo».
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