Votiamo sempre gli stessi, e sopportiamo connivenze e corruzione
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La crisi della politica
Stralcio di un articolo di Emilia Patruno. Enrico Bertolino a teatro. In "Lampi accecanti di ovvietà" castiga il nostro Paese e, soprattutto, i suoi abitanti: «Ci lamentiamo di tutto, ma poi votiamo sempre gli stessi e sopportiamo connivenze e corruzione senza batter ciglio».
Si augura che il pubblico esca da teatro dopo aver visto "Lampi accecanti di ovvietà", sorridendo, ma anche, e soprattutto, chiedendosi perché. Enrico Bertolino, comico, attore in Tv, radio e teatro, spiega, ma solo un po’: «È un lampo che per un attimo acceca, ma quando la vista si riprende si riesce a intravvedere un orizzonte nuovo, non ideologico né tantomeno moralista, forse soltanto un po’ più normale in senso umano, positivo e irreale».
Ci può dare una breve descrizione dello spettacolo, magari a partire dal suggestivo titolo?
«Il titolo deriva da una frase di G.B. Shaw, che spesso il mio primo maestro di formazione e consulenza, Franco D’Egidio, utilizzava in aula con i manager di impresa per evidenziare quanto le cose apparentemente ovvie e banali siano le prime a sfuggirci, mentre ci impegnamo a cercare la complessità e i dettagli. Mai come oggi una frase così offre la sintesi della situazione italiana. Basti vedere questa politica che continua ad andare a caccia di consensi in un Paese sommerso dai rifiuti».
Che cosa pensa di Grillo?
«Tutto il bene possibile, è un comico che ha scelto e pagato di suo per passare dal palcoscenico teatrale a quello mediatico attraverso strumenti nuovi e innovativi come i blog e Internet. Sempre preparato, come dev’essere chi fa un teatro di denuncia, e soprattutto capace, con la sola forza dell’informazione, di scardinare il fortino mediatico nel quale si è rinchiusa una classe politica capace di comunicare con i media, ma incapace di farsi capire e apprezzare dalla gente».
Che cosa la fa ridere davvero?
«Tutto ciò che è ovvio ma non si vede. La realtà è un’iperbole che supera la fantasia. Una sinistra che si chiama Unione e passa la giornata a litigare come accade in un’assemblea di condominio. Un centrodestra che cerca di affrancarsi dal passato e poi invoca gli italiani in piazza con una nuova marcia su Roma. Un partito che rappresenta l’1,4 per cento degli elettori, con quattro senatori, che fa cadere un Governo di un Paese di 60 milioni di persone».
Secondo lei, qual è il difetto più grande degli italiani?
«Il difetto sta nelle persone, ovvero in noi che rappresentiamo il Paese. Siamo dei "lamentatori orizzontali", ovvero ci lamentiamo di tutto: tra di noi, dal parrucchiere, all’edicola, al bar con gli amici, ma poi votiamo sempre gli stessi e sopportiamo abusi e concussioni, connivenze e corruzione senza batter ciglio, anzi collaborando nel nostro piccolo quando non chiediamo una ricevuta, strizzando l’occhio al cameriere. Ogni Paese ha la classe politica che si sceglie, ma soprattutto che si merita».
Si augura che il pubblico esca da teatro dopo aver visto "Lampi accecanti di ovvietà", sorridendo, ma anche, e soprattutto, chiedendosi perché. Enrico Bertolino, comico, attore in Tv, radio e teatro, spiega, ma solo un po’: «È un lampo che per un attimo acceca, ma quando la vista si riprende si riesce a intravvedere un orizzonte nuovo, non ideologico né tantomeno moralista, forse soltanto un po’ più normale in senso umano, positivo e irreale».
Ci può dare una breve descrizione dello spettacolo, magari a partire dal suggestivo titolo?
«Il titolo deriva da una frase di G.B. Shaw, che spesso il mio primo maestro di formazione e consulenza, Franco D’Egidio, utilizzava in aula con i manager di impresa per evidenziare quanto le cose apparentemente ovvie e banali siano le prime a sfuggirci, mentre ci impegnamo a cercare la complessità e i dettagli. Mai come oggi una frase così offre la sintesi della situazione italiana. Basti vedere questa politica che continua ad andare a caccia di consensi in un Paese sommerso dai rifiuti».
Che cosa pensa di Grillo?
«Tutto il bene possibile, è un comico che ha scelto e pagato di suo per passare dal palcoscenico teatrale a quello mediatico attraverso strumenti nuovi e innovativi come i blog e Internet. Sempre preparato, come dev’essere chi fa un teatro di denuncia, e soprattutto capace, con la sola forza dell’informazione, di scardinare il fortino mediatico nel quale si è rinchiusa una classe politica capace di comunicare con i media, ma incapace di farsi capire e apprezzare dalla gente».
Che cosa la fa ridere davvero?
«Tutto ciò che è ovvio ma non si vede. La realtà è un’iperbole che supera la fantasia. Una sinistra che si chiama Unione e passa la giornata a litigare come accade in un’assemblea di condominio. Un centrodestra che cerca di affrancarsi dal passato e poi invoca gli italiani in piazza con una nuova marcia su Roma. Un partito che rappresenta l’1,4 per cento degli elettori, con quattro senatori, che fa cadere un Governo di un Paese di 60 milioni di persone».
Secondo lei, qual è il difetto più grande degli italiani?
«Il difetto sta nelle persone, ovvero in noi che rappresentiamo il Paese. Siamo dei "lamentatori orizzontali", ovvero ci lamentiamo di tutto: tra di noi, dal parrucchiere, all’edicola, al bar con gli amici, ma poi votiamo sempre gli stessi e sopportiamo abusi e concussioni, connivenze e corruzione senza batter ciglio, anzi collaborando nel nostro piccolo quando non chiediamo una ricevuta, strizzando l’occhio al cameriere. Ogni Paese ha la classe politica che si sceglie, ma soprattutto che si merita».
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