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martedì 19 febbraio 2008

Un parco per valorizzare la Franciacorta

"La Franciacorta che vogliamo, percorso di sostenibilità per il futuro del territorio". Incontro organizzato da Fondazione Cogeme, Iseo 2 febbraio 2008. Sintesi dell’intervento dell’arch. Luca Rinaldi, Sovrintendente Beni architettonici e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova.

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Quale ruolo riveste il paesaggio? Sicuramente un ruolo centrale, soprattutto quando ci si riferisce a una zona come quella della Franciacorta che si stacca – o meglio, potrebbe staccarsi - dall’immagine classica del territorio subalpino che si è ormai trasformato in un’enorme conurbazione che parte da Torino, e arriva fino a Venezia.

In tema di paesaggio, va ricordato che lo Stato - quando manteneva molte competenze in diversi settori - aveva tracciato una strada precisa. E proprio grazie alle disposizioni previste dalle leggi nazionali negli anni '50 e '60 ci sono stati alcuni vincoli paesistici che hanno riguardato e tutelato le porte dei laghi di Garda e Iseo, i centri montani come Ponte di Legno, e alcune zone collinari come ad esempio la zona di Erbusco e Cazzago.

Negli anni successivi, invece, c’è stato un brusco calo di interesse per il paesaggio nonostante l’approvazione di una legge come la Galasso (1985), legge che ha imposto alle Regioni la predisposizione dei piani paesisitici. Ricordiamo però che la Lombardia si è dotata di un piano paesistico a distanza di ben 16 anni dall'approvazione della legge Galasso, e che è stata l’ultima regione a farlo, accompagnata solo dalla Calabria!

Un Piano Peasistico, quello della Regione Lombardia, che è stato criticato da più parti perché non detta regole e non include al suo interno alcun tipo di prescrizione. E’ un piano che poggia le fondamenta su concetti molto poco concreti quali sussidiarietà, sostenibilità e solidarietà, termini che non servono di sicuro a normare la materia.

Altro aspetto negativo del Piano Paesistico è la cosiddetta “pianificazione a cascata” che delega le competenze della Regione alle Province, le quali a loro volta delegano la competenza ai Comuni. Ma questo tipo di processo ha senso solo se chi delega mantiene un attento controllo, solo se vengono istituite delle regole ben definite. E invece i due grandi difetti del Piano Paesistico della Lombardia sono proprio l’assenza di regole certe, e l’assoluta mancanza di controlli. Il risultato finale è che, purtroppo, in tema di paesaggio i Comuni stanno facendo esattamente quel che vogliono.

Le indicazioni delle leggi nazionali – in particolare il decreto legislativo 42 del Codice dei Beni Culturali – impongono che Stato e Regioni definiscano insieme il Piano Paesistico Regionale, un piano che deve essere prescrittivo. Nella sostanza vengono superati i Piani Paesistici di prima generazione e si apre la strada ad una programmazione di tipo congiunto. Premesso che le scelte politiche nella gestione del territorio hanno un’importanza enorme, bisogna pur dire che la Regione Lombardia, appunto per ragioni di natura politica, non ha mai aperto il tavolo di trattativa con lo Stato. Ci troviamo quindi in una situazione grottesca: proprio in questo periodo il Piano Paesistico dovrebbe essere rivisto e riscritto dalla Regione, evento che inciderà sugli strumenti di pianificazione indicati dalla Legge Regionale 12.

In Lombardia abbiamo quindi una situazione molto particolare che porterà dal 1 maggio 2008 a riversare sulle Sovrintendenze un compito che non è più di controllo a valle delle autorizzazioni (come è stato fino ad ora), ma un controllo a monte con possibilità di veto, e quindi assolutamente prescrittivo. Procedura che si prefigura sia per le aree della Franciacorta tutelate dalla vecchia legge 1497, sia per le aree vincolate ex legge Galasso e cioè fiumi, zone umide e boschi.

Ci ritroviamo in questa situazione a causa di alcune iniziative demagogiche-populiste volute dalla Regione Lombardia che incidono profondamente sulle politiche di gestione del territorio, gestione che dovrebbe essere condivisa, regolamentata ma soprattutto, come detto, attentamente controllata. A quale ente affidare questo controllo? Probabilmente alla Provincia, ma certamente non ai Comuni come invece accade oggi. Perché non possono più essere i Comuni? Perché negli ultimi anni è di tutta evidenza che i Comuni non sono stati in grado di contenere l'assalto al territorio da parte di chi investe nel mattone.

La mancanza di regole prescrittive e di controlli ha generato una situazione che davvero non è più sostenibile. A questo si aggiunga che i Piani di Governo del Territorio (PGT) troppo spesso mostrano carenze preoccupanti, perché sono ancora concepiti come piani di sviluppo e non come piani di contenimento, in un’epoca in cui, però, è fin troppo chiaro che il consumo di suolo deve essere drasticamente ridotto se non arrestato completamente. Ci sono troppi PGT che vogliono ulteriore espansione edilizia anche su aree a vocazione turistica ed ambientale come quelle della Franciacorta, dimenticando ad esempio le possibilità offerte dal recupero dell’edificato esistente.

C’è poi il discorso del destino delle aree agricole: abbiamo una situazione assurda che permette di recuperare cascine anche con demolizione e trasferimento non delle sole superfici, ma addirittura delle volumetrie. Questo processo devastante impone in maniera inderogabile un attento controllo sulle aree agricole, che deve garantire invece la loro definitiva valorizzazione anche attraverso una rigida delimitazione delle espansioni edilizie.

Per quanto riguarda i centri storici, ricordiamo che il Piano delle Regole della legge regionale 12 offre degli strumenti per effettuare un efficace controllo delle loro trasformazioni. Possiamo fare una seria ricognizione dei valori esistenti nei centri storici, un’analisi sullo sviluppo e un’indicazione sulle loro trasformazioni, cosa che da tempo avviene in Francia, Inghilterra e Germania, nazioni nelle quali esiste una pratica costruttiva che impedisce di realizzare alcune stravaganze che invece ritroviamo nei nostri centri storici.

Infine voglio ricordare che la Sovrintendenza ha l’intenzione di proporre un’estensione del vincolo paesaggistico almeno nella zona centrale della Franciacorta, zona che riguarda l’area a nord di Cazzago ed Erbusco, il nucleo di Passirano, Provaglio, Corte Franca e Iseo. Secondo la Sovrintendenza questa zona centrale della Franciacorta deve essere salvaguardata e tutelata attraverso l’istituzione di un parco o di un PLIS (Parco Locale di Interesse Sovracomunale).

Questa proposta nasce dalla convinzione che la tutela del paesaggio – come scritto nella nostra Costituzione e come recentemente ribadito da alcune sentenze della Corte Costituzionale - è prioritaria e preordinata rispetto a tutte le politiche urbanistiche. Il paesaggio, ricordiamolo, non è una variabile secondaria, ma è questione centrale e pertanto la pianificazione del paesaggio deve essere sempre consustanziale alla pianificazione urbanistica. Questo è quello che interessa alla Sovrintendenza, e spero che sia argomento sul quale confrontarsi responsabilmente con i Comuni della Franciacorta.



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1 commento:

Anonimo ha detto...

Un parco per valorizzare la Franciacorta?
vediamo cosa ne pensa dei parchi la Regione Lombardia:

http://www.legambiente.org/?p=single&type=news&id=124