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martedì 21 agosto 2007

Il discredito della politica? E' colpa dei politici.

Alcune considerazioni sulla lettera inviata dal Vicesindaco di Passirano al Direttore del Giornale di Brescia.


Il discredito della politica

Nell’articolo titolato “La sindrome del Palazzo”, pubblicato da Repubblica il 22 maggio 2007, Stefano Rodotà sostiene che c’è “un discredito che avvolge la politica”.

Sempre in un articolo del 22 maggio 2007 dal titolo “Perché a volte il potere degenera”, Carlo Galli scrive “… la lontananza della politica dalla società implica e rivela il rischio del suo fallimento sul piano della legittimità”.

L’autore, inoltre, afferma che “… il venir meno della trasparenza democratica, dell’ideologia del potere sempre visibile perché non ha nulla da nascondere non sono quasi più percepiti come fenomeni dal significato politico. Verso i politici non c’è, nell’opinione pubblica, una vera ribellione politica, ma il fastidio, il rancore che si prova verso privati cittadini che si sono infiltrati nel palazzo”.


Filippo Ceccarelli nel suo articolo “Il Palazzo senza umiltà” scrive che “… l’umiltà non è certo una categoria della politica, ma un classico tema da moralisti. O peggio ancora, da predicatori. Eppure l’impressione è che nell’universo non solo simbolico del potere in Italia, la superbia abbia preso il sopravvento definitivo”.



Secondo l’autore “… si tratta di un passaggio mentale che può anche prescindere dalle singole volontà. E’ una metamorfosi collettiva, di status e di rango, e dunque anche in questo, parecchio politica”.


Sempre a proposito del discredito che avvolge la politica: nella Carta dei Valori dell’imminente Partito Democratico si legge che “… per noi, i democratici, la politica è prima di tutto un servizio, è una nobile forma d’amore per il prossimo e per il nostro Paese. Per questo vogliamo riscattarne il valore, difendendo la politica dalle degenerazioni affaristiche e dalle manipolazioni delle procedura democratiche…”.

Interpretando il “sentire” dei troppi cittadini insoddisfatti e delusi dai politici, sempre nell'articolo “Il Palazzo senza umiltà”, commentando questo documento Ceccarelli scrive che “….l’intera formulazione suona al tempo stesso amara e ridicola nella sua impotenza”. L’autore dell’articolo ricorda che “… certe cose si praticano, e non si proclamano al vento”.


La critica non è un’usurpazione

Barbara Spinelli nel suo articolo dal titolo “Il suicidio della politica” pubblicato su “La Stampa” del 27 maggio 2007 scrive che “… quando il politico si chiude alla critica e la considera addirittura un’usurpazione non riscatta la politica, ma conferma semplicemente le accuse che gli vengono rivolte. Se è veramente forte, il politico non si indigna se criticato. Se ha ambizione e anche attitudine a guidare con autorevolezza il proprio campo e il proprio territorio, accoglie tutti i consigli che possono irrobustire questa autorevolezza. Se si chiude vuol dire che ha paura, che non si ritiene all’altezza.”

Barbara Spinelli prosegue così: “… i politici usano difendersi nascondendosi dietro la complessità della società e del loro compito. Ma la complessità è una via di fuga, è una terribile tentazione di cui urge liberarsi. Chi dice che tutto è molto più complicato si è già arreso”.




Se vince la voglia di antipolitica la responsabilità è del politico

Ilvo Diamanti il 20 maggio 2007 scrive che “… i cittadini, disincantati dalla politica, sono però pronti a farsi coinvolgere quando, e se, ne è data loro la possibilità, e quando vengono offerte loro opportunità concrete di partecipazione”. Ma, purtroppo, la cosa sembra non interessare troppo i politici.

Ragione per la quale si perpetua una situazione, molto pericolosa, in cui la partecipazione è totalmente negata, e le decisioni sono prerogativa esclusiva delle “minoranze dominanti” (la definizione è dello stesso Diamanti).



Sempre nel suo articolo “Perché a volte il potere degenera”, Galli scrive che “… il rischio davvero incombente è che lo sdegno di oggi verso i politici si risolva nel trattarli come comuni marioli: il che implicherebbe non tanto che sia una “casta” a non esser presa sul serio, quanto che lo sia la stessa politica”.



L’articolo si chiude così: “Avere generato negli italiani l’illusoria convinzione che la politica sia irrilevante e che la sua fine vada salutata con favore sarebbe la responsabilità più grave degli abitatori del Palazzo, ben più grave delle loro arroganze”.




Chi spreca non merita rispetto

Sul Messaggero del 12 giugno 2007, in un articolo dal titolo “I bramini del Palazzo”, Roberto Gervaso scrive che in Italia esiste “una classe politica … senza classe”.

Richiamandosi al libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo "La Casta" afferma inoltre che “.. le caste sono sempre detestabili, ma la nostra ha pure alcune aggravanti che esentano i cittadini non solo dal criticarla, ma anche dal rispettarla. E questo perché non merita rispetto chi sciala e dissipa alle spalle e sulla testa di chi l’ha voluto nelle “stanze dei bottoni”, che sono diventate troppo spesso stanze della vergogna”.



La sintesi

Ai politici spetta il compito di garantire a chi li ha eletti una politica trasparente, sempre lontana dalle “degenerazioni affaristiche” che troppo spesso trovano il loro habitat naturale proprio all’interno delle esclusive “minoranze dominanti”. Loro è anche il compito di dimostrare che “non si è sprecato e non si è dissipato sulla testa dei cittadini”.

Dai politici ci si attente la capacità di estendere alle comunità la voglia di “fare politica” per scacciare “l’illusoria idea che la politica sia irrilevante”. Con l’invito a ricordare che, in ogni caso, non si risolve il problema del “discredito della politica” nascondendosi dietro le difficoltà di interpretare e governare “le complessità della società”.

D'accordo, quindi, con quanto scrive il Vicesindaco di Passirano (a nome dell'intera Amministrazione?) nella sua lettera al Giornale di Brescia, ovvero che "serve un decisivo contributo della politica" (vedi post Serve un decisivo contributo della politica).

Attenzione, però. Come abbiamo visto i semplici proclami dei politici non aiutano a colmare il "baratro" che li separa dai cittadini. Serve ben altro, e il più in fretta possibile. Perchè dopo le accuse ampiamente documentate della lontananza dei politici dalla società, gli eletti non dovrebbero scegliere la (comoda) via della deresponsabilizzazione e convivere spensieratamente con l'idea che, dopo tutto, "la politica ci mostra i difetti della società". Perchè pare abbastanza assodato che il discredito della politica è una colpa che i politici devono assumersi in prima persona.



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