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martedì 16 ottobre 2007

Fisco locale sotto stress

Di seguito riportiamo uno stralcio di un articolo di Alberto Zanardi tratto dal sito lavoce.info in materia di fisco locale.


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In questi ultimi tempi due vicende hanno messo sotto stress il fisco locale: da un lato, le decisioni assunte da alcuni comuni di variare le proprie addizionali sull’Irpef e, dall’altro, gli annunci di un prossimo intervento, questa volta da parte del governo centrale, di sgravio dell’Ici sulla prima casa modulato in relazione ai carichi familiari.

Le addizionali della discordia
Sulle addizionali Irpef si sono accavallate questioni differenti. Innanzitutto, la Legge finanziaria scorsa ha consentito ai comuni di riattivare, dopo tre anni di congelamento, l’autonomia di aliquota sull’addizionale all’Irpef ora portata fino ad un massimo dell’8 per mille. Altra "novità" è la possibilità per i comuni di stabilire una soglia di esenzione per i contribuenti in possesso di "specifici requisiti reddituali".

Sugli oltre ottomila comuni italiani solo 1.100 hanno fino ad oggi deliberato sull’addizionale. Di questi, circa il 60 per cento ha scelto di aumentare l'aliquota, il restante 40 per cento di mantenerla invariata, mentre soltanto tre hanno optato per una riduzione. Alcuni comuni hanno deciso di modulare l’addizionale su più scaglioni con aliquote marginali crescenti. Infine, altri, per la verità pochi finora, hanno previsto esenzioni diversificate per tipologie di reddito o per carichi familiari.

Parallelamente al rafforzamento dell’addizionale, la Finanziaria scorsa ha previsto una limitata riforma dell’Irpef erariale sostanzialmente a parità di gettito. Sono state ridefinite le aliquote, ripristinato il sistema delle detrazioni per carichi di famiglia e tipologie di reddito (al posto delle deduzioni volute da Tremonti e Siniscalco) e prevista una loro revisione. L’obiettivo è la redistribuzione del carico fiscale dai contribuenti più ricchi a quelli con imponibili inferiori a 40mila euro, e il sostegno, di pari passo alla revisione degli assegni, delle famiglie con figli.

La combinazione dei due interventi di riforma ha sollevato almeno tre ordini di questioni. La prima riguarda la concorrenza "verticale" tra diversi livelli di governo che insistono sulla medesima base imponibile: da un lato, lo Stato riduce la tassazione Irpef (almeno su alcune tipologie di contribuenti), dall’altro dà la possibilità ai comuni di accrescere il carico fiscale sul reddito, con un risultato complessivo che in alcuni casi potrebbe essere di aggravio netto.

Il secondo profilo richiama questioni di iniquità in senso "orizzontale": con la trasformazione delle deduzioni in detrazioni l’addizionale, che si calcola applicando l’aliquota comunale al reddito al netto delle deduzioni, ora non riflette più le caratteristiche dei contribuenti rilevanti per gli sconti fiscali Irpef, e in particolare non differenzia la tassazione locale tra diverse tipologie di famiglie.

Il risultato, da varie parti stigmatizzato, sarebbe allora quello di attenuare il grado di personalizzazione dell’imposta nel complesso dell’Irpef (erariale più locale) proprio nel momento in cui sottolinea la necessità di promuovere una politica più attiva di sostegno alla famiglia. Da ultimo, si lamentano le crescenti difficoltà di gestione del nuovo sistema della tassazione locale sul reddito: con addizionali così diversificate i datori di lavoro che hanno dipendenti residenti in comuni differenti dovranno caricarsi di rilevanti costi di adempimento per svolgere le proprie funzioni di sostituto d’imposta.

Le questioni sollevate sono tutte effettivamente fondate? O forse, nel dibattito attorno alle addizionali locali sull’Irpef, si è dimenticato qualche elemento fondamentale, necessario per dare una valutazione più serena ed equilibrata? C’è da dire innanzitutto che sull’intera questione delle addizionali si è montato un allarme eccessivo: finora, soltanto una quota relativamente piccola di comuni si è espressa sull’addizionale e non è detto che quelli silenti adottino comportamenti analoghi.

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