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venerdì 12 ottobre 2007

L'addizionale comunale è senza alternative

di Francesco R. Frieri - Documento tratto dal sito http://www.lavoce.info/

Le norme degli ultimi anni per limitare la crescita della spesa degli Enti locali hanno finito per incentivare l'abuso del territorio e il ricorso all'indebitamento. La Finanziaria permette, invece, ai Comuni di elevare l'addizionale Irpef. Una misura che ha suscitato molte polemiche. Ma è una strada obbligata. Perché chi non aumenta le tasse oggi, dissesta le sue finanze e l'ambiente. E domani sarà comunque costretto ad aumentare la pressione fiscale.




Una via obbligata
L’aumento dell’addizionale Irpef per i comuni è una via obbligata. E sicuramente è più idonea per il finanziamento delle spese correnti di quanto non lo siano quegli oneri di urbanizzazione ai quali si è fatto ricorso in questi anni di blocco della leva fiscale. Con il duplice effetto di incentivare un abuso del territorio e di rendere possibile il finanziamento della spesa corrente attraverso l’indebitamento.

Dopo i lunghi dibattiti sulle varie leggi finanziarie, l’attenzione si è spostata sulle manovre degli enti locali. In particolare, i comuni appaiono l’ultimo anello della catena di presidio istituzionale, e come tali, sopportano ora una notevole conflittualità attorno all’approvazione dei propri bilanci.

Schematicamente, l'ultima Legge finanziaria ha introdotto queste novità:
· Lo sblocco delle addizionali all’Irpef a discrezione dei comuni
· La possibilità di elevare la quota di oneri di urbanizzazione a finanziamento della parte corrente dal 50 al 75 per cento
· La rimozione del divieto di assunzioni
· Un nuovo Patto di stabilità che apparentemente rispetta l’autonomia degli enti locali poiché si basa sul saldo fra entrate e uscite (non tutte). Le conseguenze di tale novità sono il generalizzato ricorso alla leva fiscale e il pressoché divieto di indebitamento
· Alcune lievi ridotazioni di fondi finalizzati alla costruzione di asili, per la non autosufficienza, l’immigrazione, la famiglia e il fondo unico per lo spettacolo.




Blocco delle addizionali, esternalizzazioni e privatizzazioni
Dalla Finanziaria per il 2002 si sono susseguite norme tese a limitare la crescita della spesa in termini nominali degli enti locali. Il risultato è stato la creazione sistematica di gestioni separate di contabilità, grazie a esternalizzazioni e privatizzazioni, ottenute ad esempio facendo riscuotere la tariffa dei rifiuti al gestore e ponendo conseguentemente anche la spesa per il relativo servizio fuori dal bilancio comunale.

Inoltre, dalla fine degli anni Novanta altre norme hanno tentato di frenare le assunzioni dirette da parte degli enti: l’effetto collaterale è stato un aumento del precariato in seno alla pubblica amministrazione o, di nuovo, una tendenza alle esternalizzazioni. Dopo alcuni anni si sono ovviamente esaurite le tecniche per eludere tali limiti, come l’elasticità della gestione dei bilanci dei comuni sempre più ridotta per ciò che riguarda la gestione ordinaria.

È importante ricordare che gli enti locali sviluppano quasi il 75 per cento degli investimenti del paese, e li finanziano, prevalentemente, attraverso alienazioni patrimoniali, oneri di urbanizzazione e ricorso all’indebitamento. Le privatizzazioni a livello decentrato sono state dunque utilizzate sia per finanziare gli investimenti che per eludere il Patto di stabilità interno. Ma anche il ricorso all’indebitamento è cresciuto notevolmente negli ultimi anni, e il debito accumulato comporta costi a carico della fiscalità locale.




Il finanziamento della spesa corrente con gli oneri di urbanizzazione
Negli ultimi cinque anni, un importante margine di elasticità dei bilanci comunali riguarda l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione. Sono definibili come il corrispettivo pagato dal cittadino per il rilascio da parte del comune dell’autorizzazione a costruire. La contropartita a carico dell’ente è ovviamente la realizzazione di urbanizzazioni primarie e secondarie.

Queste ultime sono di fatto investimenti, pertanto finanziabili anche con entrate da alienazioni patrimoniali o debito. Presto svelato il gioco: dal 2000 è permesso ai comuni di destinare il 50 per cento degli oneri di urbanizzazione a finanziare la parte corrente, per poi realizzare le urbanizzazioni, al cui finanziamento sarebbero istituzionalmente destinati, con alienazioni patrimoniali o con ricorso al debito. In altri termini, questo giro contabile rende possibile pagare gli stipendi del personale con debito o con vendite in misura tanto maggiore quanto più il piano regolatore consente di costruire.

E' preoccupante il fatto che l’uso del territorio sia diventato l’unico margine di elasticità dei bilanci locali, a maggior ragione se si pensa che le costruzioni generano gettito Ici per le finanze comunali dall’anno successivo alla loro realizzazione. Ancor più preoccupante è che, paragonando i comuni a famiglie, si può dire che essi si sono venduti i mobili per mangiare.




Il quadro attuale: più imposte, più oneri. O entrambi...
Il superamento del quadro normativo che ha determinato questi effetti, non poteva che implicare un massiccio ricorso alla fiscalità comunale. Deve essere ben chiaro che i Comuni che non aumentano il prelievo fiscale (tramite le addizionali), non possono che utilizzare l’altro margine di elasticità disponibile: l’abuso degli oneri di urbanizzazione.

Tuttavia, anche se non si ha a cuore la preservazione dell’ambiente, occorre rendersi conto che inevitabilmente la dipendenza da entrate una tantum a finanziamento di spese rigide e storiche, non potrà che portare, prima o poi, a un aumento della pressione fiscale o a maggiori trasferimenti dal centro. Poiché la seconda possibilità non pare attuale, chi non aumenta le tasse oggi, usa il territorio, dissesta il bilancio e, semplicemente, rimanda il problema.


Ne consegue che i Comuni che non ricorrono alle addizionali Irpef stanno solo nascondendo i panni sporchi sotto l’armadio.



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