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sabato 17 novembre 2007

Se la politica è a circuito chiuso

di Piero Ignazi – stralcio di un articolo tratto dal magazine “Ventiquattro”

Il nostro sistema politico non ha mai goduto di molta fiducia da parte dei cittadini. Le ragioni sono antiche. Risalgono indietro nel tempo, nei lunghi secoli di dominio autocratico da parte di piccole e grandi dinastie, tanto nazionali quanto straniere. E’ una zavorra della quale non ci siamo liberati né al momento dell’unità nazionale, né con il ritorno della democrazia nel dopoguerra. […]

Nonostante il distacco e la diffidenza verso lo Stato, ancora abbondantemente presenti nella fase repubblicana, i cittadini italiani non si sono mantenuti lontani dalla politica: al contrario, hanno partecipato massicciamente a tutte le tornate elettorali conquistando primato internazionali, hanno aderito a milioni ai partiti politici, si sono mobilitati a ripetizione in migliaia di manifestazioni.

Il coinvolgimento non è mancato, nonostante un brontolio di fondo di insoddisfazione. O forse è avvampato proprio grazie a quel brontolio, in un desiderio titanico di cambiare le cose. La passività e la rassegnazione che tanto stupivano gli studiosi stranieri che facevano il loro dottorato girando per i paesini del Sud (su tutti merita una citazione il celeberrimo libro di Edward C. Banfield "Le basi morali di una società arretrata", riedito da Il Mulino nel 2006) si mescolava con un’intensa partecipazione alla vita politica. Sono infatti proprio lo spirito di fazione e la contrapposizione tra schieramenti, altro tratto costante della storia nazionale, ad aver fatto da molla; la propensione all’apatia è stata superata dall’accensione dell’elemento gladiatorio, di scontro, tipico peraltro della politica.

Questo meccanismo virtuoso ha però delle controindicazioni. Se esasperato può portare sulla soglia della guerra civile. Oppure alla saturazione, al surmenage, per usare una metafora sportiva. Oggi siamo arrivati a questo punto. Delle polemiche tra i partiti, delle baruffe tra i ledaer, della loro onnipresenza, ogni giorno, più volte al giorno, su tutti i canali televisivi, i cittadini italiani non ne possono più. L’urlo becero e volgare di Beppe Grillo non avrebbe avuto tanta eco se non fosse caduto su un terreno ricettivo.

L’insoddisfazione per i partiti non è comunque solo un problema nazionale. Investe tutte le democrazie, pur con le distinzioni del caso. Ma in altri paesi sono state adottate contromisure per fronteggiare l’ondata antipartitica. I maggiori partiti, ad esempio, hanno reso più facile l’adesione, hanno dato agli scritti più potere nella scelta dei candidati alle elezioni e alle cariche interne e hanno convocato referendum interni su grandi scelte politiche. E da ultimo hanno creato siti internet per interagire direttamente con i cittadini.

In Italia le innovazioni vanno a rilento. […] Se è difficile restaurare la fiducia in un’impresa collettiva qual è il partito, i rappresentanti hanno invece ancora delle chance per non perdere il contatto con i cittadini. La cultura della rispondenza dei propri atti nei confronti dell’elettorato non è ancora pratica corrente da noi. […]

Se la classe politica vuole uscire dalla crisi che l’ha investita, è bene prenda esempio dalle vecchie democrazie anglosassoni e si renda più accessibile e trasparente ai cittadini.



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