Documento sul paesaggio del F.A.I. (Fondo per l’Ambiente Italiano)
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Paesaggio territorio e ambiente
È convinzione, più volta ribadita, del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano, che bene artistico e bene paesaggistico meritino il medesimo impegno di tutela in quanto sono entrambi preziosi beni culturali. Sono due concetti intimamente correlati poiché non si può pensare di salvaguardare un monumento senza preoccuparsi di ciò che gli sta intorno.
L’unicità che contrassegna tanti paesaggi italiani deve essere difesa dai molteplici attentati nascosti dietro falsi progetti di sviluppo, individuando nel paesaggio un sistema complesso e articolato di sedimentazioni storiche e memorie che ne determinano l’identità
Aggiornare e rivedere le leggi di tutela
Da qualche tempo si discute con crescente insistenza sull’eventualità di una revisione delle leggi di tutela: revisione che secondo alcuni dovrebbe consistere in un integrale rifacimento; secondo altri in un aggiornamento delle leggi esistenti. È bene ricordare che alla base dell’attuale discussione vi sono essenzialmente due motivi:
1. L’avvenuta moltiplicazione dei soggetti preposti, in un modo o in un altro, alle varie forme di tutela.
2. L’insoddisfazione e l’avversione di alcuni di tali soggetti verso altri.
I diversi parametri dell’azione di tutela
Mentre il punto 1 è un dato di fatto obiettivo, il punto 2 deve essere oggetto di attento studio e sarebbe sbagliato scegliere in base a simpatie o alleanze che hanno origine in un quadro assai diverso da quello della tutela. Inoltre occorre domandarsi se le leggi sulla tutela costituiscono effettivamente un fatto unitario o se non si debbano valutare con criteri diversi la tutela che proviene dall’esistenza di specifiche presenze archeologiche o storiche e la tutela di ambienti complessi e di paesaggi.
Non esiste un solo paesaggio
La storia della tutela, è un altro fatto, è passata dal singolo frammento all’insieme, dalle leggi del 1939 alla cosiddetta “Legge Galasso” 431/85: non c’è adesso una certa volontà di rimettere in discussione proprio l’insieme come oggetto di tutela? Il paesaggio è l’insieme di diverse componenti - architettura, agricoltura, urbanistica; non c’è un solo paesaggio, ma tanti paesaggi e bisogna rifuggire dall’unicità ideologica.
Il caos delle competenze pianificatorie
Ecco perché è bene considerare sempre, contemporaneamente, tutto il quadro legislativo in quanto è dal combinato-disposto di molte leggi a diverso livello (Stato, Regioni, Enti locali) e di vari periodi (dal 1939 alle recentissime leggi Bassanini) che deriva la situazione attuale.
Aggiornare o cambiare la 1089, la 1497 o la 431 non ha senso se contemporaneamente non si interviene a modificare coerentemente altre leggi nazionali e regionali, se non si determina con precisione il quadro delle competenze pianificatorie oggi distribuite tra regioni, Stato e altri enti pubblici. E tantomeno si può ignorare il grande complesso legislativo della Comunità Europea.
Il fine comune è il benessere della società
Non si tratta solo di contemporaneità operativa di leggi e di istituzioni, ma anche di contemporaneità di discipline e di campi d’intervento. È dalla convergenza che deriva l’assetto generale sia a livello di “paesaggio” che a livello di “territorio” o di altre categorie sia culturali che economiche. Il paesaggio, l’ambiente, il territorio, i beni culturali e ambientali, la pianificazione, la politica agricola comunitaria, il turismo devono essere concordemente disciplinati e devono coerentemente operare per l’unico fine: il benessere della società e, in essa, degli individui.
Per una “Carta del paesaggio”
Questo quadro complesso, ma unitario, può essere definito redigendo una “Carta del paesaggio”: dichiarazione dei fini da perseguire, a cui i singoli atti legislativi e attuativi devono mirare e su cui si può verificare la loro congruenza. Su tale carta devono basarsi il metodo e gli strumenti attraverso cui operano i vari ministeri variamente interessati ai temi dell’ambiente e del paesaggio, le regioni e quant’altri.
Il ruolo dell’educazione scolastica
A fianco della “Carta del paesaggio” deve essere messo in atto l’insegnamento del paesaggio e dei suoi componenti: la natura, l’agricoltura (non soltanto sotto il profilo della coltivazione della terra, ma anche in quanto fonte di un’alimentazione sana e corretta, di promozione turistica, di nuove opportunità occupazionali; senza ovviamente trascurare il ruolo esercitato dall’agricoltura nella prevenzione di smottamenti e incendi), le presenze storico-testimoniali, il patrimonio culturale e artistico, a tutti i livelli scolastici (dalle materne all’università) e para-scolastici, coprendo la storica carenza dell’insegnamento italiano verso ciò che non è mera speculazione intellettuale astratta.
Ampliare il valore del vincolo
La Carta dei paesaggi deve anche affrontare, superando le incertezze riscontrabili nella normativa vigente, l’argomento dell’ampliamento del vincolo dal singolo monumento al suo contesto, dell’estensione del valore del vincolo da semplice strumento di controllo a strumento d’intervento consapevole per le soprintendenze sul territorio, nonché dell’inserimento di nuove forme architettoniche nel paesaggio e del significato che si intende dare alla parola “restauro” applicata al paesaggio: un concetto per ora vuoto al quale è necessario dare un preciso e rigoroso contenuto.
La tutela, infatti, ha come obiettivo il mantenimento di valori (indipendentemente dai criteri con cui possono essere valutati), ma noi viviamo in un momento storico in cui tali valori hanno subito un tale degrado da non potersi recuperare con giri di valzer semantici. E il recupero passa necessariamente anche attraverso una progettazione coordinata con la progettazione del nuovo, la quale, però, non deve essere mitizzata, né tantomeno considerata equivalente e confrontabile con i valori preesistenti.
La tutela non è un ostacolo per lo sviluppo
La contrapposizione di una politica della tutela a una politica dello sviluppo, insieme al luogo comune - troppe volte ripetuto - secondo cui la tutela si oppone allo sviluppo e il degrado è il prezzo inevitabile – anche se spiacevole - da pagare, non possono essere più accettati. Sono convinzioni che si basano su conti sbagliati, sulla sopravvalutazione di immediati guadagni in alcuni settori e, di contro, sulla sottovalutazione dei successivi oneri e degli enormi danni che vengono scaricati su altri settori, più deboli e meno rappresentati, ma non per questo meno incidenti sulla qualità dell’ambiente e sulla vita della società.
Tre proposte per salvare il salvabile
– Elaborare piani paesistici senza deroghe (causa primaria della vanificazione di ogni proposta)
– Unificare tra le regioni i criteri di tutela del paesaggio
– Predisporre un’iter di verifica e approvazione dei piani urbanistici in zona di tutela che preveda una “Conferenza dei servizi” a cui partecipino i rappresentanti della Soprintendenza, della Regione e dei Comuni di appartenenza. In tal modo si accelererà il processo di approvazione del piano in esame che sarà valutato al meglio sia sotto l’aspetto della tutela sia dello sviluppo compatibile.
L’unicità che contrassegna tanti paesaggi italiani deve essere difesa dai molteplici attentati nascosti dietro falsi progetti di sviluppo, individuando nel paesaggio un sistema complesso e articolato di sedimentazioni storiche e memorie che ne determinano l’identità
Aggiornare e rivedere le leggi di tutela
Da qualche tempo si discute con crescente insistenza sull’eventualità di una revisione delle leggi di tutela: revisione che secondo alcuni dovrebbe consistere in un integrale rifacimento; secondo altri in un aggiornamento delle leggi esistenti. È bene ricordare che alla base dell’attuale discussione vi sono essenzialmente due motivi:
1. L’avvenuta moltiplicazione dei soggetti preposti, in un modo o in un altro, alle varie forme di tutela.
2. L’insoddisfazione e l’avversione di alcuni di tali soggetti verso altri.
I diversi parametri dell’azione di tutela
Mentre il punto 1 è un dato di fatto obiettivo, il punto 2 deve essere oggetto di attento studio e sarebbe sbagliato scegliere in base a simpatie o alleanze che hanno origine in un quadro assai diverso da quello della tutela. Inoltre occorre domandarsi se le leggi sulla tutela costituiscono effettivamente un fatto unitario o se non si debbano valutare con criteri diversi la tutela che proviene dall’esistenza di specifiche presenze archeologiche o storiche e la tutela di ambienti complessi e di paesaggi.
Non esiste un solo paesaggio
La storia della tutela, è un altro fatto, è passata dal singolo frammento all’insieme, dalle leggi del 1939 alla cosiddetta “Legge Galasso” 431/85: non c’è adesso una certa volontà di rimettere in discussione proprio l’insieme come oggetto di tutela? Il paesaggio è l’insieme di diverse componenti - architettura, agricoltura, urbanistica; non c’è un solo paesaggio, ma tanti paesaggi e bisogna rifuggire dall’unicità ideologica.
Il caos delle competenze pianificatorie
Ecco perché è bene considerare sempre, contemporaneamente, tutto il quadro legislativo in quanto è dal combinato-disposto di molte leggi a diverso livello (Stato, Regioni, Enti locali) e di vari periodi (dal 1939 alle recentissime leggi Bassanini) che deriva la situazione attuale.
Aggiornare o cambiare la 1089, la 1497 o la 431 non ha senso se contemporaneamente non si interviene a modificare coerentemente altre leggi nazionali e regionali, se non si determina con precisione il quadro delle competenze pianificatorie oggi distribuite tra regioni, Stato e altri enti pubblici. E tantomeno si può ignorare il grande complesso legislativo della Comunità Europea.
Il fine comune è il benessere della società
Non si tratta solo di contemporaneità operativa di leggi e di istituzioni, ma anche di contemporaneità di discipline e di campi d’intervento. È dalla convergenza che deriva l’assetto generale sia a livello di “paesaggio” che a livello di “territorio” o di altre categorie sia culturali che economiche. Il paesaggio, l’ambiente, il territorio, i beni culturali e ambientali, la pianificazione, la politica agricola comunitaria, il turismo devono essere concordemente disciplinati e devono coerentemente operare per l’unico fine: il benessere della società e, in essa, degli individui.
Per una “Carta del paesaggio”
Questo quadro complesso, ma unitario, può essere definito redigendo una “Carta del paesaggio”: dichiarazione dei fini da perseguire, a cui i singoli atti legislativi e attuativi devono mirare e su cui si può verificare la loro congruenza. Su tale carta devono basarsi il metodo e gli strumenti attraverso cui operano i vari ministeri variamente interessati ai temi dell’ambiente e del paesaggio, le regioni e quant’altri.
Il ruolo dell’educazione scolastica
A fianco della “Carta del paesaggio” deve essere messo in atto l’insegnamento del paesaggio e dei suoi componenti: la natura, l’agricoltura (non soltanto sotto il profilo della coltivazione della terra, ma anche in quanto fonte di un’alimentazione sana e corretta, di promozione turistica, di nuove opportunità occupazionali; senza ovviamente trascurare il ruolo esercitato dall’agricoltura nella prevenzione di smottamenti e incendi), le presenze storico-testimoniali, il patrimonio culturale e artistico, a tutti i livelli scolastici (dalle materne all’università) e para-scolastici, coprendo la storica carenza dell’insegnamento italiano verso ciò che non è mera speculazione intellettuale astratta.
Ampliare il valore del vincolo
La Carta dei paesaggi deve anche affrontare, superando le incertezze riscontrabili nella normativa vigente, l’argomento dell’ampliamento del vincolo dal singolo monumento al suo contesto, dell’estensione del valore del vincolo da semplice strumento di controllo a strumento d’intervento consapevole per le soprintendenze sul territorio, nonché dell’inserimento di nuove forme architettoniche nel paesaggio e del significato che si intende dare alla parola “restauro” applicata al paesaggio: un concetto per ora vuoto al quale è necessario dare un preciso e rigoroso contenuto.
La tutela, infatti, ha come obiettivo il mantenimento di valori (indipendentemente dai criteri con cui possono essere valutati), ma noi viviamo in un momento storico in cui tali valori hanno subito un tale degrado da non potersi recuperare con giri di valzer semantici. E il recupero passa necessariamente anche attraverso una progettazione coordinata con la progettazione del nuovo, la quale, però, non deve essere mitizzata, né tantomeno considerata equivalente e confrontabile con i valori preesistenti.
La tutela non è un ostacolo per lo sviluppo
La contrapposizione di una politica della tutela a una politica dello sviluppo, insieme al luogo comune - troppe volte ripetuto - secondo cui la tutela si oppone allo sviluppo e il degrado è il prezzo inevitabile – anche se spiacevole - da pagare, non possono essere più accettati. Sono convinzioni che si basano su conti sbagliati, sulla sopravvalutazione di immediati guadagni in alcuni settori e, di contro, sulla sottovalutazione dei successivi oneri e degli enormi danni che vengono scaricati su altri settori, più deboli e meno rappresentati, ma non per questo meno incidenti sulla qualità dell’ambiente e sulla vita della società.
Tre proposte per salvare il salvabile
– Elaborare piani paesistici senza deroghe (causa primaria della vanificazione di ogni proposta)
– Unificare tra le regioni i criteri di tutela del paesaggio
– Predisporre un’iter di verifica e approvazione dei piani urbanistici in zona di tutela che preveda una “Conferenza dei servizi” a cui partecipino i rappresentanti della Soprintendenza, della Regione e dei Comuni di appartenenza. In tal modo si accelererà il processo di approvazione del piano in esame che sarà valutato al meglio sia sotto l’aspetto della tutela sia dello sviluppo compatibile.
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