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martedì 27 novembre 2007

I Sindaci e il tesoro da 3 miliardi di euro l’anno

Di Gianni Trovati – Articolo de “Il Sole-24 Ore”



Per i Comuni le concessioni edilizie sono un tesoro. Nel 2005, ultimo anno su cui sono disponibili tutti i consuntivi per elaborare conti aggregati, lo scrigno ha riservato ai sindaci 3,2 miliardi di euro, cioè il 41% in più di quanto conteneva 5 anni prima. Ad offrire di più sono i cittadini del Trentino alto Adige, che nel 2005 hanno versato per questa voce più di 100 euro (il doppio della media nazionale), seguiti da toscani ed emiliani, mentre dall’altro capo della classifica friulani e calabresi se la sono cavata con poco più di 20 euro a testa.

Su questo tesoro ad ogni Finanziaria si gioca un braccio di ferro tra Comuni e Governo. Con un rituale preciso lungo il quale dapprima l’Esecutivo evita la proroga che concede agli enti di utilizzarne una quota per finanziare le spese correnti, e poi la concede in varia misura per soddisfare le rchieste pressanti delle Autonomie.

Per quel che riguarda il 2008 ad oggi siamo a metà del balletto. Il Ddl Finanziaria licenziato dal Senato concede la possibilità di destinare alle spese correnti il 25% dei proventi, cioè la metà rispetto all’anno scorso (quando un’altra fetta del 25% poteva essere dedicata alla manutenzione ordinaria del patrimonio immobiliare dell’ente). Di fatto rispetto al 2006 e 2007 (nel 2005 la quota svincolata era del 75%) si tratta di un riposizionamento di oltre 800 milioni di euro, che devono imboccare la strada obbligatoria degli investimenti.

Ma il balletto non è finito, perché a Montecitorio i Comuni tornano alla carica con un emendamento che chiede di replicare il regime previsto l’anno scorso, e di congelarlo fino al 2010. Anche per dare ai bilanci pluriennali un grado di certezza che la continua altalena delle proroghe (non solo su questo tema) ha sempre negato, minando alla radice il significato stesso dello strumento.

Le continue deroghe contrastano con un principio basilare delle contabilità, non solo pubblica, che vieta di finanziare le spese ricorrenti con entrate di carattere straordinario. Un principio, in realtà, che per i proventi da concessione edilizia incontra una fortuna alterna nella stessa normativa, che a questi proventi assegna una collocazione in bilancio più che incerta.

All’origine del problema c’è il Dpr 380/2001 che ha trasformato il via libera comunale alla costruzione da concessione a permesso, e ha sistemato il relativo introito in entrate tributarie del Titoli I. Il Siope, cioè il sistema informatico con cui la Ragioneria generale dello Stato monitora i conti locali, lo ha riportato più coerentemente tra le entrate in conto capitale del Titolo IV (che, quindi, non possono essere utilizate per le spese correnti).

Ma è anche da segnalare che la Commissione Bilancio al Senato sta discutendo una risoluzione per collocare tout court i proventi tra le entrate correnti. A sottolineare la sua importanza nell’equilibrio dei bilanci c’è anche l’attenzione crescente riservata a questa entrata da parte della Corte dei Conti. Che nelle relazioni annuali sui bilanci chiede ai comuni le serie storiche per evitare che qualche ente ritocchi artificiosamente la voce per far quadrare conti riottosi al pareggio, e che nel 2007 (Dlgs 113) è chiamata a vigilare con le procure regionali su tutte le occasioni in cui gli enti concedono a privati lavori a scomputo sotto la soglia comunitaria.



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