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sabato 10 novembre 2007

La partecipazione per demistificare la politica


Scrive Sergio Mattone: "... c'è una stridente afasia nei confronti delle istanze sociali che è il risultato di uno scollamento crescente e di una sordità persistente rispetto a quel che nel territorio, comunque, esiste e cresce: il maturare di soggettività, sensibilità e culture di nuova partecipazione; il diffondersi di nuovi bisogni e nuovi diritti e di una nuova capacità di proporre istanze che li promuovano e valorizzino. Insomma: c'é un "nuovo" diffuso, chiaramente conflittuale rispetto a un sistema di potere senescente, che non di rado produce arroganza ed esclusione".


E infatti, come negare che il sistema politico sia affetto da una grave crisi di rappresentanza? La progressiva perdita del rapporto diretto con i cittadini, crea nei politici un analfabetismo di ritorno che impedisce loro di "leggere" ed interpretare quella stessa società da cui provengono. In altri termini, i politici non conoscono i cittadini che dovrebbero governare. Da qui il rischio di produrre una cultura politica "d'oltre confine".

Che fare? E' necessario demistificare la politica e ridurre la (presunta) sacralità dei suoi riti. Come? Lo ha ricordato a fine 2006 il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano:

" ... non allontanatevi dalla politica. Partecipatevi in tutti i modi possibili, portatevi forze e idee più giovani. Contribuite a rinnovarla, a migliorarla culturalmente e moralmente.... Non ci si può rinchiudere nel proprio orizzonte personale e privato, solo dalla politica possono venire le scelte generali di cui ha bisogno la collettività, e la partecipazione dei cittadini è indispensabile affinché quelle scelte corrispondano al bene comune".


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