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venerdì 2 maggio 2008

Tra i prinicipi fondamentali della Repubblica ...

Lettera al Direttore di BresciaOggi pubblicata lunedì 28 aprile 2008.



Le preoccupazioni avanzate dal soprintendente Luca Rinaldi sull’efficacia della nuova legge per la salvaguardia del paesaggio sono le stesse del professor Salvatore Settis, “padre” del nuovo Codice. Le ha espresse chiaramente nell’articolo pubblicato dalla “Repubblica” il 9 aprile. E sono di tre ordini: gli organici delle Soprintendenze, le incertezze finanziarie degli enti locali e lo stato della normativa regionale.

L’illustre studioso ha scritto che «il paesaggio è uno dei pilastri della storia e dell´identità del nostro Paese, nella diversità e varietà straordinaria delle sue città e delle sue regioni. E´ una delle massime ragioni di attrattività del nostro Paese, concorre a costituirne l´immagine e l´anima per gli italiani e per chi non lo è. Dopo una serie di leggi (la prima delle quali proposta nel 1920 dal ministro Benedetto Croce), la sua tutela ha raggiunto rango costituzionale con l´avvento della Repubblica. La nostra Costituzione è stata anzi la prima al mondo a collegare organicamente tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico e tutela del paesaggio; e a porla fra i principi fondamentali della Repubblica. Di questi precedenti storici, giuridici, istituzionali e civili dovremo saperci ricordare».

La possibilità di una vera conservazione dell’ambiente, in senso lato (paesaggio e architetture) dipende dalla volontà degli amministratori pubblici e naturalmente dei nuovi governanti. Una delle ragioni evidenziate dal prof. Settis sulla possibile inefficacia delle nuove norme, è la necessità dei Comuni a non rinunciare agli oneri di urbanizzazione «Si sa – scrive – che, in una condizione generale di sofferenza, gli oneri di urbanizzazione sono diventati per i Comuni una delle principali fonti di introito, se non la principale. Queste tasse, dovute ai Comuni per ogni nuovo insediamento o edificio, erano destinate in origine alle opere pubbliche di volta in volta necessarie (strade, fognature, ecc.); ma da qualche anno, entrando nel bilancio comunale, sono utilizzabili per spese di ogni natura.

Si spiega così che Comuni e sindaci anche “virtuosi” si lascino tentare dal consumo indiscriminato del territorio, pur di assicurare introiti adeguati alle loro casse altrimenti vuote. Su questo tema non è certo un Codice dei Beni Culturali che può intervenire: esso richiede una assai più attenta e vasta analisi e condivisione, prima di essere affrontato in modo efficace».

Quanto alle carenze degli organici delle Soprintendenze c’è ben poco da dire, purtroppo. «Si sa che il blocco delle assunzioni – scrive sempre il prof. Settis – ha colpito duramente la funzionalità delle Soprintendenze (l’età media degli addetti si aggira oggi sui 55 anni); si spera che venga portato a termine un piano di nuove assunzioni lanciato da Rutelli, ma non basta. A quelle poche centinaia di nuovi posti si deve aggiungere, se si vuole che lo Stato risponda con efficacia ai compiti che con questa legge si è dato, un reclutamento straordinario, di giovani e competenti funzionari, assunti sulla base esclusiva della competenza e del merito».

Terzo motivo di preoccupazione, «il blocco all’applicazione del Codice che può insorgere se le Regioni non provvederanno rapidamente a modificare le proprie normative, che troppo spesso prevedono la sub-delega ai Comuni di ogni autorizzazione paesaggistica: è così che sono nati non uno, ma centinaia di “casi Monticchiello”. Il nuovo Codice rende illegittimo questo meccanismo di sub-delega, ma è necessario adeguare la legislazione regionale, nonché prevedere un opportuno regime transitorio».

Se non verranno dissolti i tre motivi di preoccupazione sull’efficacia della nuova legge vi è la seria possibilità che nulla cambi. Dipenderà anche dalla volontà del nuovo governo. Diversamente, avverte il prof. Settis, continuerà implacabile, anzi crescerà «ogni giorno, l’ondata di cemento che sta seppellendo il paesaggio italiano». E sarà un «irresponsabile suicidio».


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