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lunedì 5 maggio 2008

Il rischio che tutto cambi per non cambiare nulla

Lettera al Direttore di BresciaOggi pubblicata lunedì 21 aprile 2008.


Il Consiglio dei ministri ha approvato, a meno di un mese dalle elezioni, proprio sul filo di lana come si sul dire, il nuovo «Codice Rutelli» per il paesaggio. Sono così diventati legge i 184 articoli su cui per due anni aveva lavorato la commissione presieduta dal professor Salvatore Settis che integra la normativa base già redatta nel 2004 dal precedente ministro Urbani. La notizia è stata accompagnata sul «Corriere della Sera» dalle dichiarazioni di Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente del Fai, che ha affermato: «Da oggi la bellezza del paesaggio italiano è più al sicuro».

Non ne sono poi tanto certo. Sarà, infatti, difficile fermare la travolgente onda di cemento, pur se al momento sembra rallentata dalla crisi economica. E soprattutto sarà difficile rimodellare il paesaggio. Anche se il nuovo codice prevede stanziamenti specifici, vale a dire un «Fondo per il ripristino» di 45 milioni in tre anni per finanziare l'abbattimento di costruzioni abusive o deturpanti.

I punti cardine del «Codice Rutelli» sono comunque importanti. E se le autorità competenti avranno in un futuro prossimo e remoto la volontà di salvare quel che resta del Bel Paese, i nuovi articoli di legge offrono strumenti adeguati. Fa ben sperare l’accordo bipartisan con cui questo Codice è stato varato. Lo stesso ministro uscente Rutelli, infatti, ha reso omaggio «all'atteggiamento costruttivo» dell'opposizione; e tale atteggiamento dovrebbe renderlo operativo, a prescindere dai partiti politici chiamati a governare il Paese.

Il Codice riafferma, in primis, la competenza centrale ed esclusiva dello Stato (peraltro ribadita da una recente sentenza della Corte Costituzionale) nella tutela dell’ambiente e introduce la collaborazione obbligatoria con le Regioni sui piani paesaggistici. Inoltre, ha spiegato il sottosegretario uscente Danielle Mazzonis, «il ministero potrà introdurre nuovi vincoli». Fondamentale diventa quindi il ruolo delle Sovrintendenze che dovranno esprimere un parere vincolante preventivo su ogni intervento. Con tempi più veloci: 15 giorni e non più 60. Saranno poi facilitate le demolizioni di edifici abusivi o deturpanti, finanziate grazie al ricordato «Fondo per il ripristino del Paesaggio».

Le nuove norme prevedono anche un maggiore coordinamento tra le diverse disposizioni comunitarie e la «copianificazione» tra Stato e Regioni per i territori vincolati che sono (sulla carta) la metà dell’intera Penisola. La presidente del Fai, Crespi, si è detta, dunque, convinta che il nuovo Codice garantirà una maggiore protezione del territorio. E ha dichiarato che è stato fatto un grosso passo avanti con la normativa che ribadisce la competenza esclusiva dello Stato sulle bellezze naturali del Paese. «È giusto che il ministero e le sovrintendenze siano i principali referenti, però è ugualmente importante che gli enti locali collaborino perché tutto, in questo mondo, è collegato e c'è bisogno del contributo di ciascuno». Si è augurata che quanti saranno chiamati a governare il Paese si mettano «la mano sulla coscienza e sappiano capire sempre più l'importanza che hanno il nostro territorio e la nostra arte anche per il turismo e per l'occupazione».

Mi sembra che tutto sia da condividere. Ora si tratta di passare dalle parole ai fatti. Sperando che le Amministrazioni comunali, “per fare soldi” (in tutti i sensi), non riescano a trovare utili scappatoie per rilasciare nuove licenze e cementizzare ulteriormente le nostre colline, già fin troppo «urbanizzate». La preoccupazione deriva anche dal pessimismo del presidente di Italia Nostra ed anche del soprintendente ai Beni culturali di Brescia Luca Rinaldi. Quest’ultimo ha dichiarato che la carenza di personale non consentirà di dare attuazione alle nuove norme di legge. E allora, ancora una volta, tutto è cambiato perché nulla cambi?
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