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martedì 8 aprile 2008

Il difensore civico. La fine di un'illusione

Articolo del Corriere della Sera pubblicato il 4 aprile 2008. Ha perso potere, non tutela più i cittadini.



Potrebbe essere il miglior amico del cittadino. Un po' consigliere, un po' moderno tribuno della plebe: un aiuto nella quotidiana lotta contro anagrafe, asl, provveditorato, e tutte le magagne di una pubblica amministrazione lenta, distratta e borbonica. E invece i difensori civici non li conosce quasi nessuno: 600 in tutta Italia, un piccolo esercito semiclandestino. Forse perché nel viaggio che dal nord Europa lo ha portato fino in Italia il difensore civico ha cambiato faccia. Altro che miglior amico del cittadino. In molti casi è solo l'ennesima poltrona su cui far accomodare la politica, una sala d'attesa per onorevoli trombati, una casella per far quadrare i conti nel pallottoliere della lottizzazione.

Scelto dalla politica, parte integrante della burocrazia. Difensore del potere, delle sue logiche non sempre logiche ma non di chi le subisce. E allora nessuna sorpresa se pochi sanno che esistono e pochissimi si rivolgono ai loro uffici.Invenzione svedese di inizio '800, il difensore civico è arrivato in Italia nel 1974, in Lazio, Liguria e Toscana. Oggi c'è in più di 500 Comuni, su totale di 8 mila, in quasi tutte le province che sono un centinaio, e nella maggioranza delle Regioni con l'eccezione della Sicilia, che non ci pensa proprio, e poi di Calabria, Puglia e Molise che l'hanno previsto nello statuto ma non l'hanno mai nominato.

Servono a qualcosa? I loro compiti e poteri non sono codificati da nessuna parte, e questo è già un primo problema. Possono avere una funzione di stimolo della pubblica amministrazione: chiedono informazioni a tutti gli uffici, che sono tenuti a rispondere entro 30 giorni, anche se molti sforano (non c'è sanzione) oppure si tengono sul vago. Possono richiamare i funzionari che hanno sbagliato con i decreti di cattiva amministrazione che però sono una vera rarità. Ma il loro campo d'azione non si ferma ai singoli casi e può arrivare a cambiare anche le regole. Il divieto di usare i cellulari nelle corsie degli ospedali, la comunicazione preventiva di bocciatura che le scuole fanno prima della pubblicazione dei quadri: sono piccole novità introdotte proprio dopo una loro segnalazione.

Eppure a guardare i dati sulle pratiche aperte dai loro uffici, il bilancio è quello di un fallimento. Solo 281 richieste presentate in un anno al difensore civico della Regione Campania, 318 nel Lazio. Meno di una al giorno, meno di una ogni 200 mila abitanti. E se al Nord i numeri salgono un po', la sostanza non cambia. Anche a Varese, città in cima alla classifica generale, il rapporto tra numero di domande presentate e numero di abitanti si ferma ad un misero 0,58%. È vero, non c'è bisogno di una segnalazione formale e quindi non tutta la loro attività lascia tracce in queste tabelle: basta una telefonata, una mail, il difensore può muoversi anche d'ufficio magari sulla base di un articolo di giornale.

Ma ha senso mantenere in piedi strutture del genere — con un compenso che può arrivare fino a 100 mila euro lordi l'anno nelle città più grandi — se questo è l'impatto che hanno sulla vita di tutti i giorni? «In effetti — spiega Giuseppe Fortunato, presidente dell'Associazione nazionale difensori civici, e componente del garante per la privacy — non abbiamo avuto il successo sperato. E ormai siamo arrivati ad un bivio, o si cambia o si muore». I problemi sono due, secondo Fortunato: «In molti casi il difensore civico non viene considerato autonomo dal potere politico e quindi il cittadino non si fida ».

Sospetto fondato, basta vedere come viene nominato. Quasi sempre a sceglierlo è il parlamento locale: il consiglio regionale per il difensore regionale, il consiglio provinciale per il difensore provinciale, e così via. Non viene richiesto un titolo specifico ma una generica «competenza giuridica». Sono pochissimi i casi in cui viene scelto in base ad una graduatoria per titoli. E le conseguenze le riconosce lo stesso Fortunato. «Molto spesso il difensore civico finisce per avere un atteggiamento troppo vicino alla pubblica amministrazione e al potere politico. E allora tanto vale nominarlo assessore, magari alla trasparenza, ma non prendiamo in giro la gente. Credo che sui 600 difensori italiani non più di un centinaio interpretino in modo corretto il loro ruolo. Buona parte degli altri finiscono per essere schiavetti del potere».

E se lo dice lui, che li rappresenta, c'è da credergli. Ricca di piccoli difensori locali, l'Italia è l'unico Paese tra i 25 dell'Unione europea a non averne uno nazionale. Più di 400 associazioni — da quelle dei consumatori agli ambientalisti — hanno firmato un appello al Parlamento per chiederne l'istituzione. Si tratta solo di aggiungere un altro posto a tavola? «No — risponde Fortunato — sarebbe un salto di qualità, riusciremmo a diffondere la cultura civica nel nostro Paese». Ecco, la cultura civica.

La leggenda racconta che l'idea del difensore civico mosse i primi passi in Svezia all'inizio del '600 dopo il naufragio del Vasa. Il vascello andò a fondo appena fuori dal porto di Stoccolma perché il re Gustavo non aveva ascoltato i consigli dei progettisti e fece piazzare a bordo troppi cannoni, addirittura 64. Anche il re sbaglia, capirono gli svedesi: l'autorità non è assoluta, può essere messa in discussione. Quattrocento anni dopo gli effetti si vedono. Nel 2006 Lars Danielsson, braccio destro del premier svedese, si è dimesso perché il difensore civico nazionale ha criticato il suo comportamento durante i soccorsi per lo tsunami in Asia. Da noi? Immaginiamo (perché non accade quasi mai) che un difensore richiami un dipendente pubblico: l'unico risultato sarebbe una risata con i colleghi al bar.


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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Attenzione a non prendere per buono quello che riportano tout court i giornali.
Il difensore civico può essere soggetto scomodo, quindi, per qualcuno, è meglio non averlo.
Condivido il fatto che la politica dovrebbe fare un passo indietro e scegliere soggetti che siano effettivamente super partes.
I cittadini hanno bisogno di giustizia ed equità, in Europa dall'Ottocento funziona questa figura: domandiamoci perché da noi non ha fortuna...

Comitato ha detto...

Lasciamo pure perdere per un momento quel che scrive il Corriere, e quel che dichiara lo stesso Presidente dei Difensori Civici. Si badi bene che, ad esempio, il Difensore Civico di Passirano è alle prese con una richiesta del nostro Comitato che risale al lontano novembre 2007. Si badi bene che della stessa questione era già stato interessato l'Ufficio Tecnico dello stesso Comune nel lontano maggio 2007. Come si spiega che un cittadino debba aspettare anni per avere risposta dalla pubblica amministrazione?