Il disinteresse
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La crisi della politica
Articolo di Federico Guiglia pubblicato su BresciaOggi del 4 aprile 2008.
Il pasticcio risolto dell’ipotizzato rinvio delle elezioni per consentire l’ammissione dell’ormai soprannominata «Dc di Pizza» aveva un suo fondamento almeno psicologico: questo voto politico è talmente poco «sentito» dagli italiani da aver reso per qualche ora non assurda la prospettiva, pur incostituzionale alla radice, di poterlo addirittura spostare. Restano appena otto giorni, oggi compreso, di campagna elettorale: eppure, l’Italia non s’è ancora scaldata per palazzo Chigi.
I cittadini sembrano più rassegnati che entusiasmati per l’appuntamento che inciderà sulle loro vite nei prossimi cinque anni. Alla diffusa apatia, o forse al ragionevole disincanto, contribuisce in gran parte la delusione provata negli ultimi anni per il Palazzo. Sarebbe arduo trovare oggi, tra gli elettori del centro-destra, schiere di nostalgici per i cinque anni del già sperimentato governo-Berlusconi. Così come risulterebbe difficile scovare, tra gli elettori del centro-sinistra, amanti inconsolabili dei diciotto mesi d’esecutivo-Prodi. Senza pianti né rimpianti, i cittadini si avviano al voto privi, oltretutto, della possibilità di sciogliere almeno una parte dei dubbi per l’incredibile mancanza di scontri televisivi diretti tra i due maggiori contendenti. Di più: le partecipazioni dei politici alle tribune registrano ascolti deludenti.
Il sentimento dell’anti-politica questo ha prodotto, che gli italiani non intendono più illudersi di niente né per nessuno. Neanche quegli italiani, moltissimi, che confermeranno le loro preferenze di sempre. Ma lo scarso coinvolgimento non è l’unica e visibile conseguenza della fine delle illusioni. Qui si rischia anche un insolito e non quantificabile fenomeno di astensione nei giorni 13 e 14 aprile. Elettori assenti per indifferenza o per indignazione. D’accordo, sempre paventiamo l’astensione e sempre veniamo smentiti. Nessun popolo d’Europa né d’America va così in massa a votare come il saggio popolo italiano. Tutto lascia supporre che il malumore non rovinerà la bella tradizione elettorale. Però stavolta ci sono persone, e non ininfluenti come Beppe Grillo, e con argomenti forti, le quali teorizzano l’astensione come forma di civile protesta.
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