Il Comune può limitare le facoltà di edificazione previste dalla Regione
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Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 521.2006 [...] per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria 8.7.2005 n. 1066; [...]
FATTO
Gli appellanti sono proprietari di terreni [...] i quali – secondo la disciplina urbanistica previgente – ricadevano in zona residenziale semintensiva SI 1 e SI 2, con relativa potenzialità edificatoria. Con deliberazione consiliare n. 42 del 2000 il comune di Lerici adottò il progetto preliminare del nuovo Piano Urbanistico Comunale – P.U.C. , nel quale le aree in questione risultavano invece classificate in parte in ambito R5.1 con regime normativo di consolidamento ( ID-CO) e in parte in ambito di gestione ambientale PA 4.
In pratica, per i terreni sottoposti a regime di consolidamento risultava vietata ogni edificazione, salvo modestissima volumetria attribuita ad uno dei terreni.Con deliberazione consiliare n. 36 del 2002 è stato poi approvato il progetto definitivo del P.U.C, che è infine divenuto operativo all’esito del positivo vaglio operato dall’Amministrazione provinciale di La Spezia.
Il Piano è stato impugnato avanti al T.A.R. Liguria dagli interessati, i quali ne hanno chiesto l’annullamento deducendo in particolare il contrasto della nuova disciplina urbanistica comunale rispetto alle vincolanti indicazioni desumibili dal sovraordinato Piano Territoriale di Coordinamento Paesaggistico – P.T.C.P della regione Liguria.
Si sono costituiti in quel giudizio il comune di Lerici e la provincia di La Spezia, instando per l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame. Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale, dopo aver disatteso le eccezioni in rito, ha respinto nel merito il ricorso, compensando peraltro le spese di lite tra le parti. La sentenza è impugnata con l’atto d’appello all’esame dai soccombenti i quali ne chiedono l’integrale riforma con annullamento dei provvedimenti gravati, deducendo quattro motivi di impugnazione e riproponendo la domanda di risarcimento dei danni patiti già infruttuosamente versata in primo grado. [...]
DIRITTO
L’appello non è fondato e la sentenza impugnata va pertanto integralmente confermata. In primo luogo non condivisibile nella sua assolutezza è la tesi – che costituisce il nucleo portante dell’impugnativa – secondo la quale la pianificazione comunale non può introdurre modificazioni rispetto alle previsioni urbanistiche di natura puntuale contenute nello strumento regionale di coordinamento.
Al riguardo si osserva innanzi tutto che la risalente nozione del sistema pianificatorio urbanistico come ordinato “a cascata” e cioè in forma sostanzialmente gerarchica si pone in contrasto con il principio costituzionale dell’autonomia degli enti territoriali (art. 118 Cost.) nonchè con il criterio generale di riparto delle competenze in materia urbanistica delineato dalla normativa statale.
In un contesto ordinamentale in cui il principio di sussidiarietà da un lato e la spettanza al comune di tutte le funzioni amministrative che riguardano il territorio comunale dall’altro orientano i vari livelli di pianificazione urbanistica secondo il criterio della competenza, il ruolo del comune non può infatti essere confinato nell’ambito della mera attuazione di scelte precostituite in sede sovraordinata. Ciò comporta che il comune, se non può disattendere le prescrizioni di coordinamento dettate dagli enti (Regione o Provincia) titolari del relativo potere, può però discrezionalmente concretizzarne i contenuti. Indagando, sulla base dei criteri orientativi ora sinteticamente richiamati, la natura dei rapporti che intercorrono tra il piano urbanistico comunale e il piano territoriale di coordinamento, si ricorda che originariamente tale strumento (previsto in forma non obbligatoria dall’art. 5 della legge urbanistica n. 1150 del 1942) aveva lo scopo di orientare l’attività urbanistica da svolgere in determinate parti del territorio nazionale, stabilendo in sede ministeriale le direttive principali che sarebbero state poi specificate a livello comunale.
Una volta transitata alle Regioni la relativa competenza il Piano di coordinamento ha assunto funzioni ulteriori affidategli dalla legislazione regionale, potendo anche contenere prescrizioni immediatamente efficaci nei confronti dei privati. Successivamente, con l’art. 1 bis della legge n. 431 del 1985 (cfr. ora artt. 143 e segg. del Codice dei beni culturali) al Piano territoriale è stata affidata anche la salvaguardia dei valori paesaggistici e ambientali. Il Piano territoriale, che originariamente aveva natura sostanziale di direttiva ad oggetto determinato, è venuto dunque ad assumere una configurazione complessa, coniugando l’originaria funzione di coordinamento delle pianificazioni urbanistiche locali con quella volta all’individuazione del punto di compatibilità tra la trasformazione del territorio regionale e la conservazione dei valori ambientali. Sotto il profilo da ultimo richiamato le disposizioni del Piano territoriale pongono un limite minimo o, per così dire, negativo alla discrezionalità programmatoria del comune, il quale non può attenuare la tutela ambientale ampliando le facoltà di edificazione. Per contro, e cioè in positivo, è invece acquisito nella giurisprudenza della Sezione che la previsione del piano comunale può legittimamente dislocarsi, rispetto al piano regionale, in termini concretamente più rigorosi in relazione a tali finalità ambientali. Di per sè, quindi, l’adozione da parte del comune di scelte urbanistiche più restrittive – e cioè in pratica l’assegnazione ad una area di una potenzialità edificatoria minore rispetto a quella consentita dal P.T.C.P. – non configura quei vizi di legittimità che gli appellanti deducono in via principale. [...]
P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, defintivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe. [...] Così deciso in Roma, addì 12 giugno 2007, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei Signori:Paolo SALVATORE Presidente Pier Luigi LODI Consigliere Antonino ANASTASI estensore Consigliere Vito POLI Consigliere Carlo DEODATO Consigliere Depositata in Segreteria Il 01.10.2007 (Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
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