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mercoledì 12 marzo 2008

La bellezza perduta

Articolo del Giornale di Vicenza di lunedì 10 Marzo 2008.



Il paesaggio riguarda ciascuno di noi. Il paesaggio versa in condizioni preoccupanti, soprattutto in questa nostra terra veneta che, negli ultimi decenni, ha vissuto un rapido sviluppo con conseguente estensione degli insediamenti produttivi e delle infrastrutture. Da queste consapevolezze trae origine il convegno «La trasformazione dei paesaggi e il caso Veneto», che si è svolto nel veneziano palazzo Cavalli Franchetti, per iniziativa dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti.

Un incontro multidisciplinare che si è aperto con una riflessione di Danilo Mainardi sulla biofilia, la tendenza ad apprezzare la natura, anche negli aspetti più selvaggi, mentre le azioni umane sembrano comunque deturparla. Ma la contrapposizione naturale/artificiale appare poco attendibile e persino pericolosa – avverte lo studioso – in quanto colloca l’uomo in posizione estranea alla natura. Il tasso di cementificazione del nordest è elevatissimo – ha precisato Andrea Rinaldo - ma non dobbiamo considerare di per sé negativo l’intervento umano: non sarà infatti la natura a darci la qualità della vita. Ogni conquista duratura di civiltà si ottiene con la politica e la tecnica, ed è esemplare il caso dei Veneziani, che sono stati bravissimi, per secoli, a pianificare le modifiche del territorio.

Le calamità naturali non dipendono dagli interventi che realizziamo, ma dalla nostra incapacità di gestire il territorio. Ma per intervenire in modo consapevole ed equilibrato sul paesaggio bisogna conoscerlo: ed ecco l’analisi di Yves Luginbühl sulla molteplicità di approcci a questo tema di grande complessità, che ha trovato definizione e indirizzi per la tutela nella Convenzione Europea del paesaggio. Il paesaggio non si limita all’aspetto visibile, ma comprende anche una sedimentazione di aspetti invisibili.

Giuseppe Vallerani spiega che nel Veneto la tradizione palladiana ha influenzato il successivo modello insediativo ed è giunta fino a noi. Tuttavia il contesto è radicalmente cambiato sotto il profilo sociale, produttivo e di uso del territorio. L’architettura palladiana si è tradotta in icona valorizzata ai fini del turismo; ma al tempo stesso il retaggio culturale è visto come laccio che vincola gli interventi.

Il confronto col passato è stato un altro leit-motiv del convegno veneziano, e Ferdinando Boero si è chiesto se l’Italia, per secoli è stato il paese universalmente conosciuto per la bellezza del suo paesaggio naturale, della sua architettura, delle sue città, stia solo conservando la bellezza del passato o se ne stia producendo di nuova. Purtroppo le intenzioni annunciate – come i limiti da porre all’espansione edilizia – vengono disattese, contrariamente a quanto avviene in altri paesi, nei quali si opera con obiettivi chiari e con un controllo rigoroso dell’applicazione delle norme. Lo ribadisce l’urbanista Vezio De Lucia, che auspica una rapida approvazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio nella nuova stesura che restituisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela del paesaggio.

E Gian Piero Brunetta ha reso evidente, attraverso un video, la trasformazione che il paesaggio veneto ha subito negli ultimi decenni, perdendo elementi importanti della propria identità. Molto ampio, dunque, il raggio di esplorazione della due-giorni veneziana, alla quale hanno partecipato anche Domenico Luciani, sempre a proposito del caso Veneto, e Giuseppe Dematteis, che ha invece sviluppato una riflessione sul paesaggio geografico fra dimensione estetica e razionale. L’Istituto promotore ha dedicato un libro, «Pagine di paesaggi», a tre grandi scrittori: Comisso, Rigoni Stern e Zanzotto.

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