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sabato 5 gennaio 2008

Il paradosso del consumo di territorio

"I piani paesaggistici: il caso della Sardegna“. Stralcio dell’intervento al Convegno del Fai di Assisi di Gian Valerio Sanna - 18 dicembre 2007


Si sono succeduti nella cultura tecnica e anche istituzionale diverse generazioni concettuali del paesaggio ma oggi per la condizione del mondo, il paesaggio non è più, percezione, bellezza, estetica, ma è un insieme di valori che mettono in gioco direttamente la dimensione della vita degli uomini e la loro qualità di vita, e che solo per questo rappresentano la cornice di una visione economica ed economicistica dei modelli di sviluppo. […]

Nella legislazione dello Stato la pianificazione paesaggistica deve essere sovraordinata a qualunque altra disciplina, sia essa urbanistica sia essa ambientale, ed è un punto essenziale e strategico della programmazione dei modelli di sviluppo economico. Perché se non si fa questo, la debolezza nella quale si troveranno le Regioni, sarà tale che oggettivamente la globalizzazione, le dinamiche dei mercati, la modernizzazione, renderanno sempre più labili i livelli delle regole e delle discipline perché competizione e interessi sono assai più forti delle regole e invece bisogna saper serrare le fila di quei principi che sono parte integrante di un patrimonio culturale universale della nostra esperienza costituzionale.

Dal 2000 la convenzione europea del paesaggio ci dice la stessa cosa: il territorio va utilizzato non solo per la trasformazione al servizio del progresso economico, ma ci dice che qualunque cosa la puoi fare solo se è sostenibile, e ciò significa prima di tutto tenere conto che vi è la componente umana dentro questo gioco dell'economia e anche ciò che appartiene, o dovrebbe appartenere, alla cultura della politica e delle istituzioni, ovvero la capacità di contenere nelle proprie decisioni, ogni giorno, quel principio di lungimiranza che ci consente di assumere decisioni oggi nella prospettiva della tutela del domani, cosa che non avviene quasi mai. […]

Serve urgentemente costruire una unione operativa su base regionale, fra funzioni delle sovrintendenze e funzioni delle Regioni, perseguendo l'oggettività di una tutela che si basa appunto sull'analisi di un assetto ambientale, con tutti i suoi valori ambientali e naturalistici, un assetto storico culturale, che ha consentito per esempio alla Sardegna in questa prima fase di censire oltre 20.000 beni culturali, tra beni culturali che già conosceva lo Stato e altri beni identitari da noi identificati perché utili a integrare quel giacimento culturale che abbiamo voluto sottoporre ad una disciplina specifica.

Un altro aspetto dell’analisi è stato l'aspetto insediativo perché la pianificazione paesaggistica deve anche darsi ragione di quali sono le dinamiche demografiche registrate […] Abbiamo impedito con una regola precisa la costruzione delle residenze nella campagna, la residenza infatti nasce nella comunità che è il luogo delle relazioni di solidarietà, ed è lì che si deve risiedere e non disseminando la campagna di case, perché il paesaggio rurale, lo abbiamo riconosciuto: è un valore da tutelare finalizzato anche al suo utilizzo per l’agricoltura. […]

Abbiamo inciso sull’annoso problema dell’ICI, perché pensiamo che o tagliamo prima o poi il legame fra finanziamenti degli Enti locali e sistema immobiliare, o non usciamo da questo sistema in base al quale per fare cassa bisogna costruire, e allora mentre lo Stato fa la sua parte, noi abbiamo fatto la nostra e coerentemente con i nostri principi, abbiamo deciso di aumentare del 43 per cento i trasferimenti ordinari agli enti locali per il loro funzionamento, perché non debbano essere costretti a tassare o incentivare lottizzazioni e occupazione indebita del territorio per esercitare le loro funzioni. […]

Abbiamo chiesto a Rutelli di venire in Sardegna e siglare un'intesa, abbiamo dunque affermato un'intesa nella quale la Regione si impegna a proseguire il completamento della pianificazione paesaggistica seguendo il dettato del Codice Urbani e con la prescrizione che la Regione non potrà modificare il Piano paesaggistico se non attraverso il consenso e l’intesa del Governo e del Ministero ed è questo l'unico modo, ad oggi, per portare fuori dalle lotte politiche, dalla demagogia delle fazioni politiche uno strumento così importante.

Noi sappiamo che la tutela del paesaggio richiede una componente indispensabile, che è quella della partecipazione popolare dei cittadini alla tutela dei beni collettivi, e la vasta organizzazione sociale credo che possa dare l'esempio così come tante altre organizzazioni sensibili alle tematiche dell’ambiente e che qualche volta disperderanno le proprie energie in aspetti troppo settoriali, e che invece dovranno avere una visione più aperta intorno a questo problema. Il mondo ci chiede di guardare alle complessità e non alle questioni corporative. […]

La Sardegna deve prendere atto che nel 2005 registrava un prodotto interno lordo così conformato, il 3% all'agricoltura, il 7% al turismo e l'11% all'industria, grazie alla SARAS, tra l'altro tutto il resto era terziario però vi era una voce che primeggiava: l'edilizia il cui valore ammontava al 22% del Pil.

Quindi, lo strumento che deve implementare i settori primari dello sviluppo è al primo posto rispetto ai settori che sono gli obiettivi prioritari dello sviluppo.
Ecco il paradosso: la regola del consumo indiscriminato di territorio senza che questo realizzi prospettive di crescita!


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