Chi toglierà le castagne dal fuoco?
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La crisi della politica
Articolo di BresciaOggi del 06 gennaio 2008.
Un Paese smarrito e l’incognita di uno scossone
Ad ogni fine d'anno tiriamo grandi somme, enunciamo grandi propositi e annunciamo grandi programmi. Il nuovo sarà diverso, e diversi, e migliori, saremo noi. Non commetteremo più tanti errori, o non quanti ne abbiamo commessi. Deporremo le ambizioni sbagliate e punteremo a traguardi più alti e nobili. I partiti di una coalizione s'impegneranno a esserle fedeli e sempre più schierati contro l'avversario politico e i suoi alleati. Il capo del governo, chiunque sia - di destra, di sinistra, di centro, di sopra, di sotto - proclamerà che l'emergenza ce la siamo lasciata alle spalle. I tempi nuovi saranno forieri di quelle riforme di struttura (espressione sempre di moda) che cambieranno il volto del Paese. Il capo dell'opposizione ripeterà quel che ha già detto e stradetto: che l'esecutivo in carica se ne deve andare prima che sia troppo tardi, prima che il Paese, già in crisi, vada in tocchi. La musica non sarà più la stessa.
Ad ogni fine d'anno tiriamo grandi somme, enunciamo grandi propositi e annunciamo grandi programmi. Il nuovo sarà diverso, e diversi, e migliori, saremo noi. Non commetteremo più tanti errori, o non quanti ne abbiamo commessi. Deporremo le ambizioni sbagliate e punteremo a traguardi più alti e nobili. I partiti di una coalizione s'impegneranno a esserle fedeli e sempre più schierati contro l'avversario politico e i suoi alleati. Il capo del governo, chiunque sia - di destra, di sinistra, di centro, di sopra, di sotto - proclamerà che l'emergenza ce la siamo lasciata alle spalle. I tempi nuovi saranno forieri di quelle riforme di struttura (espressione sempre di moda) che cambieranno il volto del Paese. Il capo dell'opposizione ripeterà quel che ha già detto e stradetto: che l'esecutivo in carica se ne deve andare prima che sia troppo tardi, prima che il Paese, già in crisi, vada in tocchi. La musica non sarà più la stessa.
Parole, parole, parole. Perché tutto resterà come prima e, forse, rebus sic stantibus, sarà peggio di prima.Non perdo occasioni di fare dichiarazioni d'amore all'Italia che, con le sue infinite magagne, sempre emendabili e mai emendate, non baratterei con nessun altro lido al mondo. È la mia terra, è la mia patria, ma questo non toglie che tante cose non funzionano. O non funzionano come dovrebbero. Non funzionano anche per colpa nostra, ma noi, noi cittadini, nel bene e nel male, abbiamo in mano una sola carta, possiamo esercitare un solo diritto: quello di voto.Mi direte che non è una carta da poco, che non è un diritto da sottovalutare. Ma se nelle urne abbiamo fatto una scelta sbagliata, quella opposta non lo sarebbe stata meno. Abbiamo votato per i partiti e le coalizioni in cui avevamo più fiducia: l'Unione progressista o la Casa delle libertà moderata. E' andata com'è andata. E com'è andata lo constatiamo de visu.
L'Italia che ci siamo appena lasciati alle spalle è stata peggiore della precedente. E tutto lascia supporre, e temere, che quella che si è appena inaugurata non sarà migliore.Io non amo dare consigli, come non amo riceverne. I consigli ognuno dovrebbe tenerli per sé. I consigli non servono. Servono solo gli esempi. Ma esempi non ne dà nessuno perché tutti si aspettano che gli altri facciano il loro dovere. E gli altri si aspettano che lo facciamo noi. Ed è una delusione per entrambi.Eppure in questo Stivale a brandelli, in questo Paese che vive alla giornata, non si può più stare con le mani in mano. Le castagne nel fuoco le abbiamo messe noi (e negli ultimi vent'anni, forse anche trenta, ne abbiamo messe tante, troppe). Ora tocca a noi, e a noi soltanto, tirarle fuori. Ma nessuno le vuole tirare fuori perché le castagne scottano.
Consigli non ne do, ma qualche considerazione lasciatemela fare. Perché viviamo un momento così difficile e amaro? Perché l'Italia di oggi è più ingovernabile di quella di ieri, e quella di domani, se la musica non cambia, ci farà rimpiangere l'attuale? Perché le chiacchiere - come dicono a Roma - stanno a zero. Qui non è più questione di idee o d'ideologie. Idee in giro ce ne sono poche e le ideologie, che saranno anche delle truffe, ma vincolano a una certa coerenza, sono morte e sepolte. E così ci troviamo senza punti di riferimento, senza paragoni, senza obiettivi da raggiungere. Non crediamo più in nulla perché abbiamo perso ogni fiducia. Quella in chi ci rappresenta e, ciò che più conta, ed è anche peggio, in noi stessi. Ci è venuta meno la forza di reagire. E, infatti, tiriamo a campare. Fino a quando, non lo so. Ci vorrebbe uno choc, un'emergenza che ci scuotesse dall'inerzia in cui siamo piombati, Staremo a vedere. Ma, forse, se qualcosa succederà, sarà meglio chiudere gli occhi.
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