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lunedì 17 settembre 2007

Rappresentanza politica o espressione di volontà individuali?

Di seguito riportiamo uno stralcio di un contributo in tema di "Rappresentanza politica e partecipazione", di Teodoro Katte Klitsche De La Grange.




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La comprensione del concetto di rappresentanza politica non può prescindere dall’analisi di una teoria che identifica le istituzioni rappresentative “nell’essere lo specchio, la carta geografica della società”, e quindi “organismi indispensabili per dar voce a diversi interessi ed opinioni”. In altri termini, "... la funzione essenziale della rappresentanza va individuata nel dare capacità di azione politica, e quindi di esistenza ad una comunità organizzata".

Potrebbe sembrare strano a chi pensa che rappresentare consista nel dare “una voce”, nel far “partecipare”, ma è proprio questo che può ricavarsi dalla teoria politica e costituzionale positiva del XVII secolo in poi. Un solo esempio per argomentare tale tesi. Hobbes, nel noto passo del Leviatano (cap. XVI), intuisce tale funzione della rappresentanza giudicando che “una moltitudine di uomini diventa una persona, quando è rappresentata da un uomo o una persona” (come ovvio, quando il rappresentante non sia un solo uomo, ma un collegio, questo è costituito in modo da raggiungere l’unità attraverso regole di decisione).

Hobbes, quindi, identifica la funzione caratteristica della rappresentanza nel dare volontà unitaria ad una società umana, e con ciò l’unità necessaria ad un’esistenza sicura ed ordinata. L’idea di Hobbes che il rappresentante sia il mezzo per “fare di una moltitudine un’unità”, è tuttora valida ad individuare uno dei caratteri, forse anzi il principale, sia strutturale che funzionale, della rappresentanza: senza una struttura rappresentativa una comunità non può agire come unità, ma è solo disordinata espressione di volontà individuali.

Lo stesso concetto, ma espresso con le parole di Santi Romano, suona così: “le istituzioni rappresentative sono istituzioni necessarie, perché il popolo non ha la possibilità giuridica di curare e tutelare i suoi interessi se non per mezzo di rappresentanti e, di solito, scegliendo esso stesso questi ultimi”. Che poi vi sia una rispondenza tra corpo elettorale ed eletti, è solo augurabile, ma non sempre scontato.


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A questo punto una domanda.

Cosa pensare di quei politici che – dimenticando di far parte di una struttura rappresentativa complessa, e ignorando che rappresentare vuol dire “dar voce” e “far partecipare” – corrono il terribile rischio di assecondare quasi esclusivamente le loro volontà individuali?


1 commento:

Anonimo ha detto...

Per Hobbes esistono solo sostanze mateiali e tutti i fenomeni si riducono a movimenti di corpi legati dal nesso causale (materialismo). L'anima umana è anch'essa un ente corporeo. L'uomo agisce condizionato dalle forze materiali che convergono su di lui e non è più libero di un sasso che cade. Gli uomini perseguono istintivamente la propria conservazione, per sottrarsi alla violenza che regna in natura, essi stipulano un accordo (contratto sociale), in forza del quale tutti i diritti individuali vengono trasferiti allo Stato. La dottrina di Hobbes è una teorizzazione dell'assolutismo politico e deriva da una concezione pessimistica della natura umana. Cerchiamo di "vedere" con ottimismo e ricordiamo che è la Sovranità del Popolo che conta. Grazie, buon lavoro. Complimenti per il Vostro impegno.