Se il vino si scopre ecologico
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Paesaggio territorio e ambiente
Articolo del Giornale di Brescia del 7 maggio 2008.
Il futuro dell’enologia e della vitivinicoltura è strettamente legato a temi ambientali: gestione dei reflui e cambiamenti climatici saranno le condizioni che determineranno l’importanza e la sopravvivenza di un territorio viticolo. Sì perché nei prossimi anni, come hanno asserito i relatori del convegno svoltosi lunedì al Relais Franciacorta di Colombaro «Nuovi obiettivi per il vino di qualità, sostenibilità e rapporti con l’ambiente in un clima mutabile», non basterà solo fare del vino di buona qualità, ma servirà conoscere e valorizzare il paesaggio.
Pochi esempi hanno messo in luce le prospettive future: se infatti produrre una bottiglia di vino comporta emissioni di CO2 (anidride carbonica) pari a 10 chilometri percorsi da un’autovettura, si pensi a quanto gas nocivo viene prodotto in un territorio vocato alla produzione vinicola. Una viticoltura sostenibile tiene conto anche dell’importante risorsa dell’acqua: per produrre un litro di vino infatti, si utilizzano dai 0,3 ai 5 litri d’acqua.
Monitoraggio dei consumi d’acqua, gestione dei reflui con conseguente riduzione di anidride carbonica, modalità di stoccaggio e impianti di depurazione sono esempi portati da Joel Rochard dell’Istituto francese della vigna e del vino. Oltre a questi accorgimenti insegnati dai francesi, le altre relazioni del seminario, organizzato dallo Studio agronomico Sata e dalla Guido Berlucchi, hanno messo a fuoco le variabili climatiche che potrebbero incidere sulla produzione vitivinicola.
Bernard Seguin dell’Unité agroclimatique Inra, ha spiegato che il riscaldamento può influire positivamente ma anche negativamente sulla viticoltura: vendemmie anticipate, lavoro in vigna per meno tempo, aumento potenziale della qualità sono gli aspetti positivi ma non si può sapere se in futuro la resa sarà maggiore e minore; inoltre l’aumento di due gradi alcolici del vino, effetto del riscaldamento, conferirebbe ai vini caratteristiche diverse. Allora, se questo sarà lo scenario, diventerà necessario trovare terroir più indicati, con lo spostamento dei vitigni verso i paesi nordici, Danimarca, Svezia e Inghilterra.
Ma il cambiamento climatico è realtà o esagerazione? Per Luigi Mariani, della facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano, è un’esagerazione visto che già Columella nel I secolo d.C. nel De re rustica testimoniava la variabilità climatica. Le conclusioni sono state affidate a Pierluigi Donna, agronomo della Sata: «Per cominciare - ha detto - occorre partire da una consapevolezza della produzione, per giungere poi a un confronto tecnico e creare modelli per gestire le diverse situazioni».
Pochi esempi hanno messo in luce le prospettive future: se infatti produrre una bottiglia di vino comporta emissioni di CO2 (anidride carbonica) pari a 10 chilometri percorsi da un’autovettura, si pensi a quanto gas nocivo viene prodotto in un territorio vocato alla produzione vinicola. Una viticoltura sostenibile tiene conto anche dell’importante risorsa dell’acqua: per produrre un litro di vino infatti, si utilizzano dai 0,3 ai 5 litri d’acqua.
Monitoraggio dei consumi d’acqua, gestione dei reflui con conseguente riduzione di anidride carbonica, modalità di stoccaggio e impianti di depurazione sono esempi portati da Joel Rochard dell’Istituto francese della vigna e del vino. Oltre a questi accorgimenti insegnati dai francesi, le altre relazioni del seminario, organizzato dallo Studio agronomico Sata e dalla Guido Berlucchi, hanno messo a fuoco le variabili climatiche che potrebbero incidere sulla produzione vitivinicola.
Bernard Seguin dell’Unité agroclimatique Inra, ha spiegato che il riscaldamento può influire positivamente ma anche negativamente sulla viticoltura: vendemmie anticipate, lavoro in vigna per meno tempo, aumento potenziale della qualità sono gli aspetti positivi ma non si può sapere se in futuro la resa sarà maggiore e minore; inoltre l’aumento di due gradi alcolici del vino, effetto del riscaldamento, conferirebbe ai vini caratteristiche diverse. Allora, se questo sarà lo scenario, diventerà necessario trovare terroir più indicati, con lo spostamento dei vitigni verso i paesi nordici, Danimarca, Svezia e Inghilterra.
Ma il cambiamento climatico è realtà o esagerazione? Per Luigi Mariani, della facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano, è un’esagerazione visto che già Columella nel I secolo d.C. nel De re rustica testimoniava la variabilità climatica. Le conclusioni sono state affidate a Pierluigi Donna, agronomo della Sata: «Per cominciare - ha detto - occorre partire da una consapevolezza della produzione, per giungere poi a un confronto tecnico e creare modelli per gestire le diverse situazioni».
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