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domenica 1 febbraio 2009

Aree agricole strategiche, o strategie politiche?

Riportiamo uno stralcio dell'articolo "Aree agricole strategiche, o strategie politiche?", tratto dal numero di gennaio 2009 di ConTatto, periodico a cura dell'Associazione "Partecipazione Civica Corte Franca". Premesso che l'articolo prende spunto dalla vicenda "Cantinone", il contenuto è particolarmente interessante, oltre che efficacemente esposto, perchè i concetti trattati hanno comunque valore di carattere generale.



1) Ma il cantinone dove lo metto?
Nel consiglio del 27 novembre ’08 si è deliberato ufficialmente sulla individuazione degli ambiti agricoli strategici per tutto il territorio comunale, secondo criteri ben precisi. È stato gioco forza per l’Amministrazione non poter passare sotto silenzio la questione della collocazione della struttura industriale richiesta dalla SpA Ber lucchi: difatti
presso Borgonato, l’A.C ha ritagliato, nel bel mezzo di zone agricole di pregio, un’area di possibile trasformazione, per non escludere la possibilità di collocarvi tale attività produttiva! Tutto ciò nonostante la Provincia abbia espresso parere contrario.

2) Perché la lettera alla Provincia?
La nostra Associazione ha inviato alla Provincia di Brescia un esposto in cui si chiede se l’A.C. di Corte Franca, “giustificando” la propria decisione con una motivazione che pare anteporre interessi privati a quelli della collettività, non abbia operato in difformità ai criteri oggettivi prescritti dalla Giunta Regionale.

3) Tante costruzioni in aree agricole di pregio, com’è possibile?
Una norma della Regione Lombardia consente ai coltivatori di realizzare nelle proprie aree agricole gli edifici e le strutture per la conduzione dei fondi, con un indice edificatorio basso, in ragione del fatto che i terreni agricoli hanno elevate estensioni. Quindi la motivazione che spinge il legislatore ad introdurre questa procedura è quella di permettere ai coltivatori di costruire sui propri terreni per consentire una crescita "fisiologica" dell'azienda.

4) Fino a che punto l'edificazione risulta "fisiologica" per l'azienda?
Fino a quando non viene saturata la possibilità edificatoria in rapporto all’estensione dei terreni di cui il coltivatore è proprietario. Quindi se un coltivatore non ha ancora saturato le sue possibilità edificatorie(ed ha ancora bisogno di strutture in rapporto alla conduzione dei fondi) può fabbricare richiedendo semplicemente un permesso di costruire, procedura
"dovuta" che passa solo dalla commissione edilizia e dall'ufficio tecnico i quali verificano le rispondenze tecniche e la conformità al Piano Regolatore.

5) Come si trasforma il terreno in questo caso?
I terreni sui quali sorgono gli edifici sono agricoli e, una volta ammessa l'edificazione, restano agricoli. Non avviene un mutamento di destinazione d'uso del suolo, cioè il suo uso giuridico resta invariato.

6) E nel caso del cantinone?
In questo caso l'azienda ha già saturato la sua capacità edificatoria. Ciò significa che la struttura ipotizzata esce dalla logica di necessità "fisiologica" che è nello spirito della norma di cui sopra al punto 3). Se l'azienda volesse costruire sui propri terreni agricoli dovrebbe quindi acquistare altri terreni da coltivare e quindi crescere.

7) Quindi si deve ricorrere ad un’altra procedura?
Sì, non potendo seguire la procedura per l'edificazione in aree agricole, si ricorre a quella dello Sportello Unico per le attività Produttive (SUAP). Tale strumento prevede l'edificazione e la contestuale variante urbanistica sui terreni edificati che è condizione necessaria per permettere l'edificazione ulteriore sui fondi di proprietà del coltivatore i quali non lo permetterebbero se restassero agricoli.

6) Non e’ la stessa cosa?
No, con la procedura del SUAP il terreno passa da agricolo a produttivo, cioè
cambia il suo stato giuridico in modo irreversibile.

7) Cosa significa?
L'autorizzare l'intervento significa, in termini urbanistici, aprire un nuovo fronte insediativo produttivo in un'area le cui caratteristiche sono anche di pregio paesaggistico, compromettendole in modo irreversibile.

8) Qual e’ il rischio?
E' noto a tutti che i disastri ambientali e paesaggistici peggiori sono realizzati con la politica dei "piccoli passi". Nel futuro potranno essere aggiunti continui lotti a destinazione produttiva limitrofi (tanto l'ambito è già compromesso...) ed il gioco è fatto: abbiamo l'ennesimo polo produttivo
servito da una infrastruttura di collegamento territoriale (la povera Provinciale). Questa potrebbe non essere una preoccupazione della attuale amministrazione. Di certo è una preoccupazione che presuppone una visione lungimirante ed è una conseguenza che tutti i cittadini pagheranno.

9) Bisogna proprio dire sì?
La procedura del SUAP, proprio perchè non è "dovuta" e presuppone la realizzazione di strutture in più rispetto a quelle concesse, prevede un passaggio politico e non solo tecnico.Ecco perchè la richiesta di intervento non si ferma all'ufficio tecnico ma passa per il Consiglio Comunale che decide se consentire o no la realizzazione dell'intervento.

10) Quindi?
Quindi la realizzazione della struttura con lo strumento dello Sportello Unico dipende unicamente da una scelta politica amministrativa. Essa comunque risulta incoerente con le linee strategiche locali e sovralocali (provinciali) per il nostro territorio.

11) Lo sportello Unico e’ quindi solo uno strumento?
Sì, uno strumento per realizzare una precisa volontà politica. Funziona proprio come con uno strumento musicale: si può suonare bene o suonare male, si può anche decidere di non suonare, soprattutto sapendo di produrre solo stonature! L’amministrazione non è obbligata ad accettare la proposta perchè non esistono "gabbie" procedurali o burocratiche.


12) PGT o SUAP?
Siamo, in ogni caso, alla vigilia del PGT. Sarebbe forse più opportuno inserire l'intervento in una logica sistemica proponendo alternative di localizzazione più idonee (ad esempio in prossimità di un polo produttivo esistente), magari da valutare all'interno della Valutazione Ambientale Strategica: un’occasione imperdibile per evitare ulteriori disastri paesaggistico-ambientali.


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